La strage di Concordia (
Modena)
18 maggio 1945
Il Sindaco PCI di San
Possidonio , Ivo Benetti dichiarò ai media: la corriera fantasma
non è mai esistita, si tratta di leggende nate dalla incoscienza o
dalla mala fede, per infangare il movimento partigiano e riaprire
ferite e rancori che negli ultimi tempi si erano rimarginate e gli
scheletri ritrovati , fucilati sicuramente, ma da chi ?
Questo eccidio compiuto
dai partigiani comunisti nel triangolo della morte dell'Emilia, è il
classico esempio di una strage di civili e militari della RSI, che
si è tentato di coprire attraverso tutta una serie despistaggi,
negazioni, minacce e addirittura attraverso un comico esame del
carbonio sulle ossa ritrovate in una fossa comune, esame
commissionato dall'ANPI che secondo questi gentile personaggi faceva
risalire all'anno 1000.
In buona sostanza un
autocarro , un Lancia Esaro, trasformato con panche e sedili per il
trasporto di persone, con 25 o 35 persone, internati, civili e
diciassette allievi ufficiali della scuola nazionale repubblicana,
per conto della Pontificia Opera di Assistenza, proveniente da
Brescia attraverso l'Emilia e diretto a Roma, fu fermato la notte del
18 maggio 1945, presso un posto di blocco partigiano a Gonzaga, a
poca distanza da Concordia, grosso paese della bassa sul fiume
Secchia.
Questo primo posto di
blocco fu detto “il blocco della morte”. In quel primo stop,
sedici persone vennero fatte scendere e sparirono, mentre tutti gli
altri ci rimisero solo i loro averi. Tutti i viaggiatori erano muniti
di nulla osta vistato dalle autorità alleate quindi dal punto di
vista legale non potevano essere prelevati ne potevano subire alcun
tipo di molestie.
Comunque, tutti gli
occupanti del mezzo compreso l'autista, sparirono e furono
infruttuose le ricerche dei parenti e della stesso Pontificia Opera
di Assistenza per trovare il camion e le persone che vi viaggiavano.
In quella zona dell'Emilia Rossa nessuno parlava per paura o per
complicità. Una madre di uno dei giovani allievi ufficiale, nel
1948, Marcella Sebastiani, fece una ricerca personale per trovare
almeno il cadavere del figlio, ma senza esito, tuttavia qualcuno le
raccontò vagamente di una fossa comune, che si sarebbe trovata a
Concordia ma non si fece nessuno scavo per mancanza di fondi, si
disse.
A due anni dalla
sparizione, i Carabinieri di Carpi indagarono seppur con molte
difficoltà, e procedettero all'arresto di alcuni ex partigiani
comunisti, Roberto Pavesi di anni 35, Galliano Malavasi di anni 28, ,
Ettore Cavazza di anni 34 tutti di Concordia, di Paolo Mantovani di
anni 39 ,inoltre fu spiccato mandato di cattura contro Giovanni
Bernardi di anni 26, Ermanno Forti, Cesare Buganza anch'essi di
Concordia. L'incriminazione per i sette personaggi era : sequestro di
persona, rapina, strage, occultamento di cadavere, tutto il classico
comportamento dei partigiani rossi nei confronti dei Fascisti
Repubblicani .
A causa della cortina di
bugie e di leggenda che si era creata ad arte attorno al camion
Lancia, il mezzo sparito venne soprannominato anche se
impropriamente, “la corriera fantasma” .
Era cosa nota che il
sottosuolo emiliano fosse pieno di ossa umane con brandelli di di
uniformi tedesche, fasciste o con abiti civili , di uomini, di donne
e di ragazzi e di vecchi, bastava affondare un badile in qualche
campo isolato e qualcosa spuntava.
A fine ottobre del 1948,
il camion Lancia Esaro, ridotto ad un ammasso di ferraglia
arrugginita, fu trovato abbandonato sotto il porticato di uno
sperduto paesello del lago di Iseo. Rimaneva ora solo di trovare i
resti dei passeggeri. Un contadino abitante in località Fossa di
Concordia, libero finalmente dai vincoli del terrore, riferì ai
Carabinieri che nei pressi di casa sua esisteva una fossa anticarro
fatta dai Tedeschi profonda circa 2,50 metri, dopo qualche giorno lo
stesso agricoltore tornando presso la buca, con sua grande sorpresa
la trovò completamente interrata inoltre attorno a detta buca
c'erano frammenti di materia celebrale e sangue. I Carabinieri
chiamati hanno compiuto scavi e hanno trovato due corpi in avanzato
stato di decomposizione non appartenenti ai viaggiatori della
“corriera fantasma”, scavando in fosse vicine sono saltati fuori
degli scheletri in numero di 14.
A dicembre del 1950, alla
C. di A. di Viterbo aveva luogo il processo a Roberto Pavesi,
Galliano Malavasi ed Ettore Cavazza, tutti appartenenti alla polizia
ausiliaria partigiana, tutti accusati di aver ucciso 19 persone
inermi e di averne occultato i cadaveri. Tutti gli scomparsi avevano
parenti che nel sud aspettavano con ansia il loro ritorno a casa e
quasi tutti si presentarono parte civile : Jannoni Sebastiani, Guido
Cozzi, Alberto Lombardi, Stefano Loreni, Leda Metti, Italo della
Cerva, Quadri, Ferri.
In particolare fu
toccante la testimonianza della madre di Cesare Jannoni di 20 anni
chiamato alle armi dalla RSI e si trovava alla Scuola Ufficiali di
Oderzo, giunta la liberazione egli aveva avvertito la famiglia a Roma
che stava per rientrare ma dopo mesi il giovane non era arrivato a
casa e come lui altri suoi colleghi. L'unica cosa che i parenti
seppero, dopo aver parlato con Prelati, Prefetti e Questori, che il
mezzo da Brescia era partito, che a Moglia era stato fermato e che i
viaggiatori erano stati divisi in gruppi dai partigiani e poi , il
nulla.
Nel gennaio del 1968, si
cominciò a scavare con maggiore energia nella fossa del podere
Tellia di San Possidonio a Corcordia, le ruspe misero allo scoperto
un tratto di 150 metri per una profondità di 1,50, e vennero alla
luce 13 scheletri completi, femori e teschi crivellati da colpi di
mitragliatrice, ma nessun effetto personale utile alla loro
identificazione. Solo ossa e bossoli, tantissimi bossoli a
testimoniare quanto si è sparato, i carabinieri ne contarono 300.
Questa fossa comune fu
scoperta grazie ad una lettera giunta dagli USA, esattamente da
Baltimora, scritta ai Carabinieri da una ragazza che all'epoca aveva
18 anni e che si salvò dalla mattanza riuscendo a fuggire,
traumatizzata e dopo anni di incubi, si decise a scrivere agli
inquirenti raccontando la sua spaventosa esperienza e indicando il
luogo preciso dell'occultamento dei corpi. Secondo la lettera i
responsabili dell'eccidio sarebbero tutti ex partigiani della zona ,
vivi e vegeti.
A seguito delle ulteriori
investigazioni, nove ex partigiani comunisti, tutti di San
Possidonio, sono stati denunciate a piede libero, dai Carabinieri di
Carpi ( Modena ) per omicidio continuato : Armando Borsari di anni
53, Paolo Mantovani di anni 61, Evro Campagnoli di anni 43, Remo
Pollastri di anni 43, Onorio Borghi di anni 47, Amilcare Mantovani di
anni 51, Ciro Martini di anni 50, Angiolini Campagnoli di anni 45,
Lelio Silvestri di anni 50, tutti i denunciati hanno negato di aver
partecipato alla strage .
Dalle indagini emerge una
realtà di omertà e di terrore durata per decenni, qualcuno iniziò
a parlare ed ad ammettere che un automezzo pesante targato Città del
Vaticano, transitò prima a Mirandola e poi a Cavezzo, si sapeva che
arrivava da Brescia ed era diretto a Roma, qualcuno era sceso a
Mirandola e altri erano saliti contenti di arrivare a casa qualche
giorno prima. Poi il mezzo incontrò il posto di blocco della morte,
fuori dal paese di Mirandola l'autista fu costretto a lasciare la
strada per imboccare un tratturo sconnesso fra alti filari di platani
sino a fermarsi sul ciglio di un fosso anticarro.
Tutti i contadini delle
cascine vicine, sentirono il motore spegnersi, le urla di terrore
dei viaggiatori, e gli ordini secchi e rabbiosi dei partigiani
comunisti e poi le raffiche prolungate, ma nessuno parlò all'epoca
dei fatti per paura di fare la stessa fine, infatti gli assassini
vivevano tra la gente di San Possidonio e non avevano nulla da
perdere, anche perchè un primo processo nel 1947, si concluse con
una assoluzione per insufficienza di prove. Solo dopo 23 anni grazie
ad una lettera dagli Stati Uniti qualcosa si mosse.
La zona fu invasa da
Carabinieri, polizia tutti coordinati dalla Procura di Modena e di
una grande ipocrisia furono le dichiarazioni del Sindaco PCI di San
Possidonio , Ivo Benetti che dichiarò: la corriera fantasma non è
mai esistita, si tratta di leggende nate dalla incoscienza o dalla
mala fede, per infangare il movimento partigiano e riaprire ferite e
rancori che negli ultimi tempi si erano rimarginate e gli scheletri
ritrovati , fucilati sicuramente, ma da chi ? Altri testimoni si
fecero avanti, pare che il camion abbia fatto più di un viaggio
della morte e tutti si ricordano di un militare che era sul mezzo,
tornava dalla moglie che gli aveva annunciato la nascita di un
figlio, si chiamava Renzo Pia, 31 anni, era alto un metro e novanta e
fra gli scheletri ce n'è proprio uno di quella statura , nell'elenco
delle vittime figura anche il nome di una diciannovenne, Maria
Teresa Tirabassi, una appartenente al SAF , di lei si trovò parte
dello scheletro e una scarpa.
Nel febbraio del 1968 un
ex partigiano iniziò a cantarsela con i Carabinieri : il mezzo
arrivò a San Possidonio a mezzanotte, i passeggeri furono portati in
municipio e processati quindi condannati a morte, spogliati di tutto
e legati con il fil di ferro, prima della strage due partigiani rossi
in moto percorsero le vie del paese intimando alla gente di stare
chiusa in casa perchè nessuno doveva vedere, c'era un bar aperto e
loro lo fecero chiudere, gli avventori irritati se ne andarono a casa
ma questo divieto assursi gli rimase nella mante a e al momento
opportuno se ne ricordarono. All'una i primi cinque prigionieri,
furono portati in località Fossa di Concordia, qui abbattuti a
raffiche di mitra, il camion tornò vuoto e fece altri due viaggi,
con meta la cascina Tellia , qui altre raffiche, poi alle 1,30 tornò
il silenzio. Gli assassini fecero un altro errore inviarono uno di
loro da un contadino a chiedere dei badili per occultare il loro
crimine.
Drammatico fu il
confronto fra il contadino della cascina Tellia, che fornì le pale
per coprire i corpi crivellati, e il partigiano che andò a
ritirarle, “eri tu quella notte, ne sono sicuro” e l'altro
impassibile “sei matto, non ti conosco nemmeno”. Ci fu uno
scampato alla strage, Zorè Sgarbanti di anni 55 nativo di Lumezzane
S. Apollonio ( Brescia) il quale ebbe la sorte di scendere dal camion
per salutare un farmacista suo amico, più in là i partigiani
fermarono il mezzo, dirottandolo verso Villa Medici trasformata in
caserma, qui i viaggiatori venivano suddivisi con un singolare
sistema, i grassi erano giudicati per fascisti e i magri erano
attentamente interrogati.
Il
secondo processo sulla corriera fantasma si concluse il 31 ottobre
1970 presso il tribunale di Modena, con l'assoluzione per amnistia e
prescrizione di tutti gli accusati.
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