giovedì, maggio 14, 2020

L'omicidio del Maresciallo dei RRCC Antonio Genna


L'omicidio del Maresciallo dei RRCC Antonio Genna
7 maggio 1945
Località Bindelletta - Castelletto Ticino ( Novara)
Questo è da considerarsi uno dei più spietati episodi di violenza commessi nel periodo insurrezionale anche per la mancanza di moventi che possano spiegarlo anche minimamente.
Il Maresciallo dei Reali Carabinieri, Antonio Genna , classe 1903, reduce dal Montenegro era nativo di Marsala, fino al settembre del 1943, era stato comandante della stazione territoriale di Castelletto Ticino rifiutò di aderire alla RSI per ritirarsi dal servizio nell'Arma e dedicarsi al piccolo commercio per mantenere la famiglia formata dalla moglie Maria Balducci e quattro figli tutti in tenera età, Vittorio, Mario, Duccio e Maria Rosa.
Il 26 aprile del 1945 veniva arrestato da partigiani e tradotto davanti ad una commissione di inchiesta a Borgomanero, dopo nove giorni era rilasciato e prosciolto da ogni accusa di collaborazionismo e munito anche di un salvacondotto che lo tutelasse, visti i tempi tumultuosi che correvano, questo rilascio creò irritazione nel capo del distaccamento partigiano di Castelletto, un certo Orioli che molto probabilmente in un tempo successivo, diede un ordine opposto e contrario.
Nel frattempo veniva emanato il bando del Governo che richiamava in servizio tutti gli ufficiali, i sottufficiali e i militari semplici dell'Arma Benemerita, ossequiente a questa norma Genna si presentava il 7 maggio 1945 al Comando di tenenza di Arona, mettendosi a disposizione dei superiori, al suo ritorno passava dalla Caserma di Castelletto sede molto probabilmente del suo prossimo comando e vestendo l'uniforme da Maresciallo, si intratteneva con l'attuale comandante Brigadiere Secondo Nicoletti.
In quel momento sopraggiungevano alcuni partigiani che dopo averlo oltraggiato, gli intimavano arbitrariamente di togliersi la divisa, Genna non si faceva intimorire da questo intervento inspiegabile, rispose “ domani riprendo servizio e parecchie cose le rimetto a posto io”, la sera stessa all'imbrunire, si presentavano alla sua abitazione, due partigiani , Giuseppe Paracchini detto Zacchè di anni anni 38 residente ad Arona e Ambrogio De Beffi di anni 30, residente ad Omegna e sotto la minaccia delle armi, lo prelevavano senza permettergli neppure di poter salutare i tre figlioletti che giocavano in cortile. La moglie angosciata lo vide andare via con quei due personaggi in direzione ignota.
I due condussero Genna a bordo di una camionetta, sino allo spiazzo della tristemente nota cascina Bindellina nel Novarese, luogo dove venivano compiute le esecuzioni sommarie da parte dei partigiani, lì venne assassinato.
Due giorni dopo alla moglie viene falsamente annunciato che il marito è stato internato.
Un paio di settimane dopo, si presenta a lei il necroforo del cimitero di Agrate Conturbia e le comunica che da quindici giorni, egli custodisce nell'obitorio, la salma del Maresciallo Genna.
E' crivellato da una raffica di mitra , sparatagli alle spalle , è priva di indumenti e manca di un dito.
Cinzia Balducci , è figlia di un colonnello dei Carabinieri, benchè distrutta, indaga per proprio conto, parla con molta gente, ricostruisce i fatti : suo marito è stato condotto presso la cascina Bindellina, intuisce quello che sta per accadere e fa un balzo, scendendo dalla jeep e tentando di fuggire, ma una raffica di mitra sparata alle spalle, lo inchioda al terreno uccidendolo sul colpo. La povera vedova si trasferisce a Canale e da lì a Torino intanto presenta denuncia alla Autorità Giudiziaria che non avrà un effetto immediato.
Nel 1955, la Procura della Repubblica di Novara sotto la direzione del Dottor Pucci, riapre tutta una serie di casi insoluti legati al periodo insurrezionale e dopo aver esaminato il fascicolo relativo all'omicidio del Maresciallo Genna, spicca mandato di cattura nei confronti di due partigiani , Paracchini e De Beffi , riconosciuti come quelli che avevano prelevato il Genna, vengono rinviati a giudizio presso la Corte di Assise di Novara , durante l'udienza i due ammettono di essere responsabili dell'omicidio del Maresciallo, ma di aver agito per ordini superiori, pare svolgesse attività spionistiche a favore dei nazifascisti. A loro dire, l'ordine di uccidere era partito da un certo Orioli il quale, non poteva smentirli in quanto deceduto.
La C.A. Di Novara riconobbe, Paracchini e De Beffi colpevoli di omicidio nei confronti del Maresciallo Genna e li condannò entrambi a 18 anni , concedendogli il condono dell'intera pena oltre alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e al pagamento dei danni verso la parte civile , danni da liquidarsi in separata sede e sui quali concesse a favore della vedova e dei quattro figli una provisionale di 2 milioni di lire, nel dicembre dello stesso anno la Corte di Appello di Novara confermava la precedente sentenza : i due partigiani avevano commesso omicidio nei confronti di un bravo Maresciallo dei Carabinieri anche se non dovettero scontare un giorno di galera.

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