L'omicidio del Maresciallo
dei RRCC Antonio Genna
7 maggio 1945
Località Bindelletta -
Castelletto Ticino ( Novara)
Questo è da considerarsi
uno dei più spietati episodi di violenza commessi nel periodo
insurrezionale anche per la mancanza di moventi che possano spiegarlo
anche minimamente.
Il Maresciallo dei Reali
Carabinieri, Antonio Genna , classe 1903, reduce dal Montenegro era
nativo di Marsala, fino al settembre del 1943, era stato comandante
della stazione territoriale di Castelletto Ticino rifiutò di aderire
alla RSI per ritirarsi dal servizio nell'Arma e dedicarsi al piccolo
commercio per mantenere la famiglia formata dalla moglie Maria
Balducci e quattro figli tutti in tenera età, Vittorio, Mario,
Duccio e Maria Rosa.
Il 26 aprile del 1945
veniva arrestato da partigiani e tradotto davanti ad una commissione
di inchiesta a Borgomanero, dopo nove giorni era rilasciato e
prosciolto da ogni accusa di collaborazionismo e munito anche di un
salvacondotto che lo tutelasse, visti i tempi tumultuosi che
correvano, questo rilascio creò irritazione nel capo del
distaccamento partigiano di Castelletto, un certo Orioli che molto
probabilmente in un tempo successivo, diede un ordine opposto e
contrario.
Nel frattempo veniva
emanato il bando del Governo che richiamava in servizio tutti gli
ufficiali, i sottufficiali e i militari semplici dell'Arma
Benemerita, ossequiente a questa norma Genna si presentava il 7
maggio 1945 al Comando di tenenza di Arona, mettendosi a disposizione
dei superiori, al suo ritorno passava dalla Caserma di Castelletto
sede molto probabilmente del suo prossimo comando e vestendo
l'uniforme da Maresciallo, si intratteneva con l'attuale comandante
Brigadiere Secondo Nicoletti.
In quel momento
sopraggiungevano alcuni partigiani che dopo averlo oltraggiato, gli
intimavano arbitrariamente di togliersi la divisa, Genna non si
faceva intimorire da questo intervento inspiegabile, rispose “
domani riprendo servizio e parecchie cose le rimetto a posto io”,
la sera stessa all'imbrunire, si presentavano alla sua abitazione,
due partigiani , Giuseppe Paracchini detto Zacchè di anni anni 38
residente ad Arona e Ambrogio De Beffi di anni 30, residente ad
Omegna e sotto la minaccia delle armi, lo prelevavano senza
permettergli neppure di poter salutare i tre figlioletti che
giocavano in cortile. La moglie angosciata lo vide andare via con
quei due personaggi in direzione ignota.
I due condussero Genna a
bordo di una camionetta, sino allo spiazzo della tristemente nota
cascina Bindellina nel Novarese, luogo dove venivano compiute le
esecuzioni sommarie da parte dei partigiani, lì venne assassinato.
Due giorni dopo alla
moglie viene falsamente annunciato che il marito è stato internato.
Un paio di settimane
dopo, si presenta a lei il necroforo del cimitero di Agrate Conturbia
e le comunica che da quindici giorni, egli custodisce nell'obitorio,
la salma del Maresciallo Genna.
E' crivellato da una
raffica di mitra , sparatagli alle spalle , è priva di indumenti e
manca di un dito.
Cinzia Balducci , è
figlia di un colonnello dei Carabinieri, benchè distrutta, indaga
per proprio conto, parla con molta gente, ricostruisce i fatti : suo
marito è stato condotto presso la cascina Bindellina, intuisce
quello che sta per accadere e fa un balzo, scendendo dalla jeep e
tentando di fuggire, ma una raffica di mitra sparata alle spalle, lo
inchioda al terreno uccidendolo sul colpo. La povera vedova si
trasferisce a Canale e da lì a Torino intanto presenta denuncia alla
Autorità Giudiziaria che non avrà un effetto immediato.
Nel 1955, la Procura
della Repubblica di Novara sotto la direzione del Dottor Pucci,
riapre tutta una serie di casi insoluti legati al periodo
insurrezionale e dopo aver esaminato il fascicolo relativo
all'omicidio del Maresciallo Genna, spicca mandato di cattura nei
confronti di due partigiani , Paracchini e De Beffi , riconosciuti
come quelli che avevano prelevato il Genna, vengono rinviati a
giudizio presso la Corte di Assise di Novara , durante l'udienza i
due ammettono di essere responsabili dell'omicidio del Maresciallo,
ma di aver agito per ordini superiori, pare svolgesse attività
spionistiche a favore dei nazifascisti. A loro dire, l'ordine di
uccidere era partito da un certo Orioli il quale, non poteva
smentirli in quanto deceduto.
La C.A. Di Novara
riconobbe, Paracchini e De Beffi colpevoli di omicidio nei confronti
del Maresciallo Genna e li condannò entrambi a 18 anni ,
concedendogli il condono dell'intera pena oltre alla interdizione
perpetua dai pubblici uffici e al pagamento dei danni verso la parte
civile , danni da liquidarsi in separata sede e sui quali concesse a
favore della vedova e dei quattro figli una provisionale di 2
milioni di lire, nel dicembre dello stesso anno la Corte di Appello
di Novara confermava la precedente sentenza : i due partigiani
avevano commesso omicidio nei confronti di un bravo Maresciallo dei
Carabinieri anche se non dovettero scontare un giorno di galera.
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