mercoledì, settembre 02, 2020

L'omicidio di Sandro Bertinotti

 

L'uccisione di Sandro Bertinotti di anni 13

30 maggio 1945

Varallo Pombia


Il 30 maggio del 1945, il giovane Sandro Bertinotti di tredici anni, accompagnò il babbo lattoniere il quale doveva effettuare un lavoro di riparazione ad una grondaia, in casa di un certo Paracchini a Varallo Pombia, in Via Sempione 11.

Entrambi si trovavano sul ballatoio del secondo piano quando dal tetto sovrastante, rotolò verso di loro una bomba a mano che esplose, le schegge colpirono il giovane Sandro trafiggendogli la carotide. Egli ebbe appena il tempo di invocare “papà, papà” e poi morì fra le braccia del padre a sua volta ferito all'avambraccio destro.

Dapprima si pensò ad un gioco rischioso del bimbo, ma in seguito si accertò, che la bomba era stata lanciata deliberatamente dal retro della casa, sino al tetto rotolando sulle tegole sino a raggiungere il bimbo, inoltre la sicura che qualcuno aveva tolta fu trovata all'interno di uno stipite di una porta era quindi evidente che si trattava di un lancio deliberato, nessuno comprese il movente di un gesto così clamoroso e soprattutto criminoso, la famiglia dei giovane non aveva nemici , il babbo era stato vice sindaco di Varallo, di fede comunista.

L'unica cosa certa era che la bomba a mano proveniva sicuramente da uno dei tanti arsenali partigiani di cui era piena la zona, e un altro denominatore comune era il fatto che tutti i protagonisti della tragedia erano iscritti al PCI

Il fatto avvenne in un momento in cui c'era visibilità, ma nessuno ammise di aver visto chi avesse lanciato la bomba che uccise il piccolo Sadro Bertinotti e la pratica fu archiviata dalla magistratura per l'impossibilità di identificare un responsabile.

Chi non si arrese alla archiviazione , fu la zia della vittima, Felicita Bertinotti, una donna minuta di 48 anni, molto combattiva, di professione sarta, continuò ad indagare per proprio conto, chiedendo a sinistra e a destra, andando a cercare un movente che avesse spinto chiunque a compiere un gesto simile.

Infine dopo estenuanti ricerche , la signora Felicita appuntò i suoi sospetti su Luigi Allera, che all'epoca era il Sindaco anch'esso di fede comunista , e ogni qual volta lo incontrava lo appellava assassino sino a giungere ad aggredirlo a ceffoni .

La Felicita era convinta della colpevolezza del sindaco per questi motivi, l'uomo che lanciò la bomba, secondo alcuni, indossava una maglietta blu a righe bianche e Allera ne possedeva una, una decina di minuti prima egli andò proprio da lei a chiedere dove stavano lavorando i due Bertinotti, pochi minuti dopo il fatto egli fu visto arrivare davanti alla osteria del paese ed egli indossava la famosa maglietta a righe, altro indizio importante, la sicura della bomba fu trovata nei pressi di casa sua dai carabinieri .

Pare che il movente della morte del piccolo Sandro fosse da ricercarsi in una faida interna alla locale sezione del PCI, una quindicina di giorni prima si era svolta una riunione particolarmente accesa nella cellula comunista in cui si decise l'espulsione di Luigi Allera , in tale seduta era stato presente anche il babbo di Sandrino che aveva votato a favore della espulsione, in quanto da precise informazioni il sindaco comunista aveva barattato la priori libertà con i Nazisti, denunciando undici compagni, che erano stati arrestati e finirono in un campo di concentramento dove molti di loro persero la vita.

L'espulsione fu deliberata a maggioranza e venne divulgata in un secondo tempo. La procura di Novara ordinò il fermo cautelare del Sindaco, che tuttavia continuò a dichiarare la propria innocenza.

Nell'ottobre del 1955 il Giudice istruttore decise la scarcerazione del sospettato in quanto erano venuti a mancare indizi sufficienti per legittimare la custodia preventiva anche se la fase istruttoria continua va per l'accertamento delle responsabilità per la morte del povero Sandro Bertinotti, tuttavia all'ex sindaco fu proibito di ritornare ad abitare a Varallo Pombia e gli fu notificato il divieto di residenza a Varallo con l'obbligo di recarsi prima a Baveno e in seguito presso la figlia Mimì ad Ancona, per lasciare decantare le acque ed evitare inutili conflittualità. In seguito Allera venne prosciolto per insufficienza di prove

Il responsabile della morte del povero Sandrino Bertinotti non fu mai identificato nonostante ulteriori e successive indagini.


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