giovedì, settembre 30, 2010

Quotidiano online della provincia di Savona: "A Cairo Montenotte proprio non si può fare"…

Quotidiano online della provincia di Savona: "A Cairo Montenotte proprio non si può fare"…

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Giovedì 30 Settembre 2010


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Interviste

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. Interviste L’eccidio di Cadibona. Intervista con Roberto Nicolick L’eccidio di Cadibona. Intervista con Roberto Nicolick
L’eccidio di Cadibona. Intervista con Roberto Nicolick

a cura di Francesco Algisi



Roberto Nicolick, nato a Savona il 28 gennaio 1950, formatosi in gioventù nello Scoutismo cattolico, dopo gli studi completati presso l'I.S.E.F. (Istituto Superiore di Educazione Fisica) di Torino, ha insegnato per 38 anni educazione fisica in scuole di diversi ordini e gradi. Ha ricoperto cariche istituzionali elettive, in qualità di Consigliere comunale e provinciale, prima nella Lega Nord e ultimamente nel Popolo della Libertà, sempre nella città dove è nato. Attualmente collabora con la redazione di Genova del quotidiano Il Giornale, pubblicando articoli inerenti alle tematiche del periodo post-insurrezionale. Nel libro 39 biglietti di sola andata… (L-Editrice, 2008), ha ricostruito la storia dell’eccidio di Cadibona, compiuto dai partigiani comunisti nel maggio del 1945, nel corso del quale trentanove prigionieri furono oggetto di sommaria e arbitraria esecuzione.

Nella Prefazione al libro sull’eccidio di Cadibona, lei si definisce "una persona non avvezza alle ricerche storiche"…

Verissimo, non sono uno storico; per fare una battuta, mi piacciono i “cold case”. La città dove sono nato e dove abito, Savona, dista appena 14 chilometri dal luogo della strage. Fatto di cui si è sempre parlato a mezza voce forse per paura degli autori che fino a 15 anni fa erano ben vivi e vegeti. Quindi, è nato in me il desiderio di fare un’indagine su questo episodio sanguinoso di un periodo storico molto vicino a me, sia cronologicamente che topograficamente, raccontando con un taglio divulgativo, soprattutto ai giovani, un episodio oscuro che gli adulti e gli anziani tendevano a rimuovere.

Oltre a Pansa e a Massimo Numa, citati nel testo, uno dei primi a occuparsi di quella strage – in un periodo in cui era rischioso farlo - fu Giorgio Pisanò nell'opera Storia della guerra civile in Italia…

Non ho consultato l’opera di Pisanò, perché troppo schierato; ho invece letto con interesse il coraggioso libro di Numa, che purtroppo tratta in pochissime pagine la strage del Cadibona. Belli e interessanti anche i volumi di Pansa, ma non ho tratto nessun dato da questi scritti. Ho voluto, inoltre, svolgere una ricerca sul campo a 360° attraverso gli archivi di Stato e soprattutto ascoltando le testimonianze di sopravvissuti e parenti.

A proposito dei prigionieri (tra cui un Generale della Divisione San Marco) prelevati e portati al sicuro dai militari angloamericani, lei scrive che il Comando alleato "per una volta tenne duro". Significa che in genere gli angloamericani si mostravano “arrendevoli” di fronte ai partigiani?

Gli ufficiali alleati presenti sul territorio tendevano, almeno all’inizio, a non intromettersi nei regolamenti di conti a danno dei fascisti repubblicani, che avvenivano in certe zone del nord. Successivamente arrivarono direttive dai comandi alleati per fermare le numerossime esecuzioni sommarie che toccavano anche moltissimi civili, soprattutto da parte dei partigiani appartenenti a formazioni comuniste. Vennero emanate norme per il disarmo delle brigate partigiane e per regolamentare gli arresti che potevano essere effettuati solo ed unicamente da autorità indicate dalle truppe alleate. Gli angloamericani sottovalutarono il pericolo di un nuovo far west; pertanto si mossero in ritardo. Un generale come il comandante della San Marco, Amilcare Farina, era un prigioniero troppo importante da non lasciarsi scappare, utile come fonte informativa e in vista di una riorganizzazione dell’esercito italiano. Lasciare che i partigiani lo passassero per le armi sarebbe stato inutile e stupido da parte degli Alleati.

Per intrappolare le vittime della strage di Cadibona i partigiani si servirono di un sacerdote. Al momento dell'esecuzione, tuttavia, non sembra che i prigionieri abbiano potuto beneficiare dei conforti religiosi…

La presenza di un sacerdote, spesso obbligato a presenziare, dava ai fascisti repubblicani, attraverso la sua opera di convinzione alla resa, la falsa speranza di un trattamento umanitario ed onorevole da parte dei partigiani. Era uno strumento utile per portare alla resa, senza usare le armi, i fascisti delle colonne armate repubblicane in ritirata che seguivano il protocollo “nebbia artificiale”. Non mi risulta che prima delle esecuzioni i prigionieri del Cadibona abbiano avuto i conforti religiosi.

Quale fu il contegno delle vittime di fronte al “plotone d'esecuzione”?

Parlare di plotone di esecuzione mi pare improprio. Infatti, un’operazione complessa come la fucilazione di un gruppo numeroso comporta regole e norme, seppur crudeli, da seguire. Qui si trattò di una mattanza a cui tutti ambivano partecipare, ma solo pochi ebbero l’onore e soprattutto il piacere di sparare. La maggior parte dei prigionieri erano umiliati, stanchi e rassegnati; solo uno con ancora un barlume di energia tentò la fuga e riuscì a raggiungere l’abitato di Cadibona, ma venne ripreso e ricondotto sul luogo del massacro.

Perché i partigiani si accanirono subito contro Giovanni Poggio, interprete del Comando tedesco a Savona, che si era dimesso dall'incarico "a causa delle torture cui doveva assistere" (pag.46)?

Poggio era considerato dai partigiani un collaborazionista attivo dei nazifascisti; secondo loro partecipava addirittura alle sevizie sui prigionieri. In realtà Poggio era un traduttore che metteva i partigiani prigionieri e gli inquisitori tedeschi in grado di capirsi. Senza processo ed in base a semplici illazioni, Poggio fu oggetto di una esecuzione frettolosa e sommaria.

Lei scrive (pag.52) che, oltre alle tredici donne, non scesero dal bus "tre uomini, un ufficiale della San Marco (Giacinto Bertolotto), un adolescente (Armando Morello) e Antonio Branda". Quale fu la sorte di costoro?

La mia ricerca si basò soprattutto sulla strage di 39 prigionieri. Quindi, non feci ricerche successive sui superstiti che devono la loro salvezza al capo-scorta della corriera, Viglietti, partigiano Zeta, che si impose sul gruppo dei poliziotti ausiliari per limitare la strage e, per questo motivo, in seguito fu soppresso dai suoi compagni e il suo cadavere non venne mai ritrovato. Sicuramente queste tre persone non vennero uccise a Cadibona.

Perché i nomi dei responsabili dell'eccidio nel libro sono indicati soltanto con le lettere iniziali?

Esiste il diritto di oblio, sancito dalla Cassazione, che potrebbe spingere i parenti dei responsabili a iniziare azioni legali contro di me. Inoltre, essendo il mio primo libro, ho voluto ricordare la strage e il suo evolversi. Tuttavia i nomi dei responsabili, tutti amnistiati da Togliatti nel 1946, sono noti a tutti, visto che si vantavano pubblicamente del loro operato.

I combattenti della Repubblica Sociale Italiana nel libro sono spesso definiti, in maniera spregiativa, "repubblichini"…

Ideato da un certo Calosso in una trasmissione di Radio Londra nel ‘43, l'uso del termine «repubblichino» si radicò ampiamente nella storiografia e nella pubblicistica del nostro Paese. Tale termine, per il senso spregiativo in genere attribuitogli, viene da taluni considerato offensivo; tuttavia, alcuni reduci mi hanno raccontato che era ampiamente usato anche dagli stessi militari della R.S.I. con orgoglio rivendicativo.

Come è stata accolta la sua ricerca dalla gente di Cadibona?

Cadibona è una piccolissima frazione abitata da circa un centinaio di persone; su di esse il libro ebbe un impatto limitato, mentre colpì molto la città di Savona e i centri della provincia. Inoltre, ebbi una pagina sui principali quotidiani locali, La stampa, Il secolo XIX, Il Giornale, e interviste radiofoniche e televisive.

Il suo libro uscì nel 2008. In questi due anni, è stata promossa qualche iniziativa per commemorare le vittime dell'eccidio di Cadibona?

Sì. Qualche mese fa, su richiesta di un’associazione culturale, fu installato sul luogo dell’eccidio un cippo con una Madonna in ceramica in ricordo delle vittime della strage. All’inaugurazione presero parte un assessore della Provincia e il Vescovo di Savona e Noli, che benedisse il pilastrino.

In qualità di membro del consiglio provinciale di Savona, quali iniziative ha promosso per commemorare le vittime delle violenze partigiane?

Chiesi il patrocinio all’Amministrazione provinciale, la quale, essendo di sinistra, me lo negò. Ogni mia interpellanza per ricordare queste vittime ed assicurae loro pari dignità dal punto di vista cristiano, si scontrò con un muro di gomma innalzato per “ragioni di opportunità”.

Non pensa che sarebbe doveroso intervenire sul piano della toponomastica, dedicando vie e piazze alle vittime della guerra civile e cancellando le intitolazioni ai partigiani assassini?

Sarebbe auspicabile che dopo 64 anni, in un Paese civile, si possa attribuire una via oppure una piazza ad almeno una delle vittime di queste atrocità. Tempo fa scrissi un articolo su Il Giornale di cui sono collaboratore. L’articolo trattava di una bimba savonese di tredici anni, Giuseppina Ghersi, rapita, stuprata ed uccisa da tre partigiani, i quali ovviamente non scontarono un solo giorno di galera. Un consigliere comunale di Savona colse l’occasione per presentare un ordine del giorno in cui, partendo dal mio articolo, si intitolasse una via a questa povera bimba: purtroppo i consiglieri di sinistra, nel nome di un fazioso ed obsoleto modo di intendere le cose, fecero muro contro questa proposta. A tutt’oggi esiste una via, a Savona, intitolata ad un partigiano caduto perché ucciso per errore dai suoi compagni di brigata. La sua morte accidentale venne spacciata per eroica morte nel corso di un attacco di prepondereranti forze fasciste a partigiani. E venne pure conferita una medaglia d’oro alla vittima ed un vitalizio alla sua famiglia. In realtà le cose andarono molto diversamente. Il personaggio in questione stava comandando un plotone di esecuzione che fucilava un gruppo di fascisti repubblicani. Uno dei condannati tentò di fuggire; il caporione improvvisamente si trovò sulla linea del fuoco dei suoi compagni e fu colpito a morte.



28 settembre 2010

francesco.algisi@archiviostorico.info

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mercoledì, settembre 29, 2010

Intervista

http://www.archiviostorico.info/interviste/4425-leccidio-di-cadibona-intervista-con-roberto-nicolick

giovedì, settembre 16, 2010

LETTERA A TE, VITTIMA DI UN PRETE PEDOFILO


Caro amico o cara amica,anche Tu, come noi sei la vittima di un prete che Ti ha abusato sessualmente.Già solo dirlo e scriverlo diventa pesante.Quanti sentimenti. Vergogna, rabbia, paura, sensi di colpa.E quanti silenzi. Con sé stessi, con i familiari, con amici e colleghi.Lui però Te lo ricordi bene, e Ti ricordi bene anche tutte le volte che Ti si è avvicinato.Lo stimavi, tutti lo stimavano. Quando ne approfittava non capivi, non capivamo,eravamo confusi.Pensavamo di essere noi sporchi e cattivi. E siamo rimasti segnati per sempre. Con quante fatiche, con quante fragilità e traumi abbiamo convissuto.Solo dopo, da grandi, abbiamo compreso che era un “porco”. Che era lui il cattivo e il carnefice.Che la colpa era sua. Solo dopo abbiamo capito che non aveva approfittato solo di noi, ma di chissà quanti altri. Che si sapeva del suo vizio, della sua depravazione. Alcuni di noi avevano avuto la forza o l’innocenza di rivelarlo a casa o con gli amici o in parrocchia o in collegio. E’ stato un altro dramma. Non si poteva parlarne apertamente, ci spiegavano che erano fantasie morbose, che bisognava tacere. Ancora una volta eravamo noi a sbagliare. Solo dopo, da grandi, abbiamo capito che nella chiesa non si poteva accusare un sacerdote per aver abusato di un bambino. Che tutto veniva coperto. Che lui era stato trasferito ad altra destinazione, con altri bambini.In questi mesi tutti i giornali parlano di noi. Ma noi continuiamo a non parlare. Abbiamo vergogna, ci sentiamo impotenti. Sono passati tanti anni, meglio lasciare perdere. Abbiamo già sofferto e pagato tanto.Lui, il nostro carnefice magari è morto o vecchio, ma nessuno lo ha mai accusato. Oppure è ancora con altri bambini in Italia o in missione. E come lui altri preti pedofili proseguono la loro caccia. Sanno che il ruolo e l’autorità li favoriscono nel trovare le prede e nell’essere protetti. La chiesa italiana riconosce che esiste il problema della pedofilia al proprio interno, ma sembra che non esistano i preti pedofili. Quando si fanno i nomi tutto diventa incerto, impronunciabile. In altre nazioni le vittime di abusi sessuali da parte di persone consacrate si sono riunite. Hanno iniziato a parlarsi e a denunciare. In alcuni stati sono state istituite commissioni indipendenti, alcune individuate dai governi . Le vittime sono state ascoltate, tutelate anche legalmente. In Italia il percorso di riconoscimento è complicato, una parete verticale . Ognuno di noi ne ha sperimentato le difficoltà. Ma sappiamo e sentiamo di essere in tanti. E aspiriamo a una qualche giustizia. Alcune vittime come Te hanno deciso di tentare un collegamento. Abbiamo formato un gruppo di coordinamento, stiamo allestendo un sito www.lacolpa.it, e abbiamo organizzato un incontro. A Verona il 25 settembre ci si ritroverà per uno scambio di esperienze e per valutare come agire a favore delle vittime dei preti pedofili in Italia . Non è facile muoversi e aver voglia di parlare, ma pensiamo sia utile per Te e per tutti noi. Il 25 settembre ci saranno dei momenti riservati, con tutela della privacy, alle vittime e ai loro familiari.Ai giornalisti che hanno richiesto di partecipare dedicheremo uno spazio apposito. E’ la prima occasione in Italia. La Tua presenza sarebbe proprio importante.

ECCO UN BELL'ESEMPIO DI TOLLERANZA POLITICA

[SV] Ancora auto-aggredito il fascioleghista Nicolick!
Inserito da Anonimo il 2 Settembre, 2010 - 08:22

mk
che si tratti d'un nuovo esempio di "autogestione della minaccia" a scopo pubblicitario? l'ex-fan del KKK ed ex-leghista Nicolick (nonchè già collaboratore di quel Giornale berluscomico che s'inventa le minacce delle BR) ancora una volta se la suona e se la canta, sperando forse di vendere un libricino revisionista in più
Savona: misterioso furto sull'auto di Nicolick
Dopo le minacce e i tentativi di intimidazione con SMS e lettere anonime, dopo gli atti vandalici sulla mia auto, ho deciso di cambiare autovettura ma non mi è servito a molto, infatti qualcuno, sempre con grande coraggio, dopo aver individuato il mio nuovo mezzo di trasporto ne ha infranto il cristallo dalla parte del passeggero e soprattutto, particolare molto importante, ha sottratto il notebook.L’auto era posteggiata in una zone tranquilla, sul lungomare di Savona, in Corso Colombo di fronte alla piscina scoperta, il fatto deve essere accaduto nello spazio di due giorni, dal 30 agosto al 1 settembre.Ovviamente ho sporto denuncia e che io sappia nessuno ha visto nulla, devo rilevare che il danno è immenso, mesi di paziente lavoro di ricerca andati persi, infatti nel portatile erano stati immessi moltissimi dati e fotografie che riguardano le mie indagini sui fatti di sangue accaduti nel Savonese dopo il 25 aprile 1945, nomi di persone ammazzate senza uno straccio di processo, recapiti di loro congiunti che vorrebbero giustizia, responsabili di questi delitti politici, tutti rigorosamente amnistiati, siti dove potrebbero esistere fosse comuni e tombe senza nome, dove poter posare almeno un fiore.Ora tutto è sparito, in un soffio. Io non credo alle coincidenze e mi domando : perché proprio la mia autovettura ? Forse perché qualcuno voleva far sparire il mio computer portatile con tutto il suo contenuto ? ritengo sicuramente che qualcuno trarrà un beneficio dalla sottrazione del mio computer portatile, un beneficio non credo economico ma di altro genere, non quantificabile sul piano economico. Ma tutto ciò non mi fermerà nel mio lavoro di ricerca che continua.
r.n.
Giovedì 02 Settembre 2010 ore 00:40
http://www.savonanews.it/it/internal.php?news_code=84768
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vedi anche:
«Trema fascista»: Nicolick e l'amore per il collagehttp://liguria.indymedia.org/node/5711
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Secondo me gli hanno semplicemente rubato il portatile
Inserito da Anonimo il 2 Settembre, 2010 - 18:09
Cazzo, lasci l'auto parcheggiata sul lungomare, col portatile dentro (probabilmente in vista) per BEN DUE GIORNI (30 agosto-1 settembre), mi sembra quasi ovvio che ti scassano il vetro e ti fottono il portatile, altro che attentato politico, questo è un semplice furto ai danni di un idiota :)))))))))))
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Onestamente non sono affatto
Inserito da Anonimo il 3 Settembre, 2010 - 17:52
Onestamente non sono affatto contento. Ma pensiamo a quel pover'uomo. Cosa dovrà sopportare per colpa di quel bastardo là. POVERO LADRO. Costretto a leggere le stronzate di Nicolick. Ma chi glielo ricompra il notebook dopo aver saputo che era di fascioleghista?
Ladro ti lancio un appello: prima che la tua mente venga abbelinata dalle idiozie di Nicolick ridagli il notebook sennò magari diventi ladro e pure leghista e questo sarebbe un male.
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Onore al Ladro! Spero tu
Inserito da Anonimo il 3 Settembre, 2010 - 17:54
Onore al Ladro! Spero tu sia: bianco, etero, savonese da 5 generazioni e che addiritura voti a destra. Nicolick sei un idiota
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Finalmente un savonese che
Inserito da Anonimo il 3 Settembre, 2010 - 17:56
Finalmente un savonese che ha fatto un bene per l'umanità. Grazie veramente. Ti pagherò i danni morali se per caso leggerai la roba di Nicolick.
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Ma ci pensi al ladro?
Inserito da Anonimo il 3 Settembre, 2010 - 17:58
Ma ci pensi al ladro? Poveraccio. Adesso gli verrà tristezza. A saperlo poteva anche pisciarci in macchina. DAGLI AL NICK.
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martedì, settembre 07, 2010

“Il guerriero che crede nel suo cammino, non ha bisogno di dimostrare che quello degli altri è sbagliato.”