mercoledì, ottobre 26, 2016

il genocidio Ucraino



Il genocidio Ucraino
Holodomor

Dal 1925 Stalin preso il controllo totale dell'Unione Sovietica, iniziò una violenta campagna di collettivizzazione dell'agricoltura in modo da rendere omogeneo tutto il paese alle sue direttive, inizialmente su base volontaria e poi vista la impopolarità di questa proposta, su base coercitiva. Queste sue indicazioni si scontrarono in modo particolare con le tradizioni delle popolazioni rurali Ucraini, che detenevano la proprietà di piccole aziende agricole le quali producevano in modo efficiente piccole - medie quantità di derrate agricole con cui potevano provvedere ai propri fabbisogni e anche a commercializzarle.
Con la collettivizzazione forzata, voluta da Stalin si ebbero sui contadini Ucraini effetti particolarmente drammatici, in quanto si trattava di un esproprio di tutte le proprietà in modo coatto e senza appello. Questi espropri andavano contro un cultura locale secolare che aveva sempre dato ottimi risultati nonostante il clima duro e rigido.
Il termine Kulako fu coniato impropriamente dal Partito Comunista Sovietico, per definire una classe sociale privilegiata, i contadini riottosi ad allinearsi a norme aliene e suicide, e quindi creare un bersaglio sociale da additare agli altri sudditi dell'impero sovietico e successivamente da eliminare fisicamente.
Chi possedeva tre mucche era considerato un possidente e quindi un nemico da abbattere.
Gli agricoltori Ucraini piuttosto che farsi espropriare i loro animali da un governo centrale che perseguiva quel tipo di politiche economiche, iniziarono ad abbattere i loro animali per non farseli sequestrare e in molti casi si rifiutarono di seminare e raccogliere il grano per protesta contro la collettivizzazione forzata.
Stalin inviò in Ucraina moltissimi funzionari governativi, veri e propri poliziotti, per attivare un ferreo controllo sulla produzione agricola e creare delle fattorie collettive gestite da migliaia di devoti Comunisti, inviati apposta per sostituire i contadini Ucraini che non erano più giudicati affidabili dal potere centrale di Mosca.
La repressione iniziò a farsi sempre più dura, in alcune località i contadini esasperati reagirono con vere e proprie rivolte locali attaccando i funzionari del governo e dando alle fiamme le poche aziende collettive create artificiosamente dal governo Stalinista.
Nel 1929 – 30 la repressione comunista toccò il suo acme, con la militarizzazione dell'Ucraina, l'uso personale dei prodotti della terra fu giudicato un reato contro lo stato, condannando alla fame le popolazioni Ucraine.
Grano, barbabietole, patate e verdure di ogni tipo furono requisite dalle brigate di assalto della polizia politica del regime comunista e dalle forze di repressione, il territorio dell'Ucraina fu praticamente circondato da una cintura sanitaria armata che impediva il transito verso di esso di qualsiasi tipo di viveri. L'Ucraina divenne di fatto un enorme campo di prigionia.
Anche solo detenere quantità minime di grano o altre derrate equivaleva ad essere arrestati e deportati nei famigerati gulag in Siberia, destino che toccò a trentamila contadini e alle loro famiglie.
Il risultato di questa politica odiosa fu una carestia che colpì soprattutto le fasce più deboli, anziani, donne e bambini, una carestia che fu un atto voluto e deliberato per annientare una popolazione da tempo dedita all'agricoltura e per sostituire questo popolo con elementi più fidati e devoti al regime comunista ex bolscevico.
Grazie a questi atti, repressione militare, deportazioni, immigrazioni forzate, abbandono delle terre coltivate, e conseguente carestia si stima che l'Ucraina ebbe ben sette milioni di morti, soprattutto adolescenti e donne deceduti prevalentemente per fame e inedia.
Si trattò di un genocidio voluto da Stalin e dal suo gruppo dirigente.

Questa immane tragedia che i Sovietici tentarono di non far conoscere al mondo civile e che da noi è poco è nota, prende il nome dalla lingua Ucraina con il termine Holodomor che , tradotto, significa : “infliggere la morte attraverso la fame” ed è attualmente commemorata in Ucraina il quarto sabato di novembre.

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Cesare B Cairo Montenotte 13 agosto 1987 Questo omicidio non ebbe risonanza mediatica solo nella provincia di Savona ma anche a livello nazionale e non solo. Con questo delitto dai risvolti intricati, il piccolo centro della Valle Bormida assurse alla ribalta delle cronache nazionali. Fu una vicenda contorta e ingarbugliata, con chiari e scuri, con frequenti colpi di scena, dove tutto quello che sembrava come tale , in realtà non era come appariva, era come un teatrino in cui entravano ed uscivano attori sempre diversi con ruoli criptici. Una storia di sangue, di soldi e ovviamente di sesso, che coinvolse l’opinione pubblica con tutti i suoi numerosi protagonisti, offrendo all’occhio impietoso della gente una immagine, purtroppo veritiera, della piccola provincia, delle ipocrisie che nascono tuttora all’ombra dei campanili, delle storie extraconiugali che venivano nascoste ma che prosperavano e che si protraevano nel tempo spesso con un doloroso epilogo. Da questa vicenda si fece pure un film noir con Monica Guerritore come protagonista. Per una dei protagonisti della vicenda, forse la principale, si coniò un soprannome: la mantide di Cairo Montenotte, facendo riferimento all’abitudine dell’omonimo insetto femmina che uccide il partner maschio dopo il rapporto sessuale. Le vite di molte persone, coinvolte a vario titolo nelle indagini, furono rivoltate come calzini, molti particolari, soprattutto, intimi vennero messi in piazza e non solo nelle aule di tribunali. Ancora oggi, nonostante la conclusione giudiziaria con una colpevole condannata in via definitiva, molti dubbi sussistono , soprattutto nella gente del posto che conosceva benissimo i protagonisti della vicenda. La storia ebbe inizio con una improvvisa scomparsa di un uomo, Cesare B, classe 1931, noto personaggio e notabile della Valle Bormida, consigliere comunale di Cairo Montenotte, facoltoso farmacista, con la passione prima per l’equitazione e poi per il calcio. Egli è il patron della squadra calcistica locale, la Cairese, che segue con grande passione e che sponsorizza a livello economico dando la possibilità alla squadra di effettuare trasferte e di avere giocatori di spicco. Come tutti gli uomini , Cesare B, nonostante fosse sposato e quindi tenesse famiglia, amava frequentare le donne, quelle belle. Egli conosce e inizia a frequentare una donna , Gigliola G, molto graziosa , di corporatura minuta, con una caschetto di capelli biondo, grazie al suo fascino magnetico, lei sapeva affascinare e sedurre gli uomini nella loro fantasia. Di professione fa la gallerista, esponeva e vendeva quadri, nel centro di Cairo. Tuttavia la donna era nata professionalmente come infermiera, aveva anche svolto la professione sanitaria in un orfanotrofio e quindi in una fabbrica a sempre Savona , la Magrini, in quel contesto lavorativo si era sposata con un metronotte da cui ha 2 figli. In seguito contrarrà altri due matrimoni, avrà un’altra figlia, e avvierà altre relazioni . Fra l’altro la donna in prima istanza si chiamava Anna Maria, mutato successivamente nell’attuale Gigliola. Fra Cesare e Gigliola, nasce una relazione amorosa che si protrae, Cesare provvede a tutte le necessità economiche della donna, paga senza fare domande per tutto quello che gli viene chiesto. I pettegolezzi su questa relazione si sprecano considerando anche il fatto che cesare è un uomo molto conosciuto e stimato e che entrambi vivono in un paese dove la gente "mormora". Dunque il 12 agosto del 1987 , il farmacista scompare senza lasciare traccia. Da qui si sviluppa una storia complicatissima, il suo corpo in parte carbonizzato viene trovato sul monte Ciuto, una altura nelle adiacenze di Savona. Effettuato il riconoscimento grazie ad un portachiavi metallico che riporta il simbolo dell'ordine dei farmacisti, alle protesi dentali e alle lenti degli occhiali. Brin era di corporatura massiccia, per ucciderlo, trasportarlo sino a quel sito ci sono volute sicuramente più di una persona. La prima indiziata è la sua amica, Gigliola G, la quale sostiene che responsabili dell’omicidio e poi dell’occultamento furono due personaggi provenienti da Torino con cui l’uomo aveva delle pendenze economiche in corso. Secondo la sua versione nacque una colluttazione tra i due e il farmacista ne uscì pesto e sanguinante, quindi i due aggressori trascinarono via l’uomo. La donna non portò elementi oggettivi a sostegno della sua tesi e quindi venne arrestata e rinviata a giudizio. Un minuscolo frammento di teca cranica venne trovato sulle scale della casa della gallerista e alcune macchie di sangue erano sui muri della camera da letto della casa della Gigliola, dove in effetti viveva di fatto anche il Brin. Secondo gli inquirenti la responsabile principale dell’omicidio fu proprio lei che in concorso con il suo convivente, Ettore G, uccise con un corpo contundente sul capo, un martello o un altro soprammobile, l’uomo nella notte fra il 12 e il 13 di agosto dell’87 mentre egli era disteso inerme nel letto, infatti i fendenti sono chiaramente dall’alto verso il basso, il delitto è avvenuto d’impeto come risultato di tutta una serie di contrasti anche su questioni a carattere economico, che sarebbero alla lunga sfociati in una separazione, forse l’uomo aveva in progetto di tornare dalla propria famiglia e in questo caso veniva a mancare per la gallerista una fonte di reddito. Pare anche che il farmacista avesse rifiutato un prestito di un centinaio di milioni alla donna, richiesti da lei con insistenza. Inoltre sempre secondo le indagini c’era un gruppetto di quattro persone che aiutarono concretamente la coppia a trasportare e occultare il cadavere sino al monte Ciuto, cosa che la donna da sola non poteva oggettivamente fare, il quartetto era formato da un funzionario di polizia in pensione, un politico locale, un artigiano e un collaboratore della vittima, tutti questi verranno riconosciuti colpevoli e condannati a pene minori. Vi furono tre gradi di giudizio e nell’ultimo, presso la suprema corte di Cassazione, venne confermata la condanna a 26 anni per la donna a suo marito 15 anni, mentre agli imputati minori , quattro uomini, vennero date pene minori.