mercoledì, ottobre 26, 2016

la cianciulli

Leonarda Cianciulli
i delitti della saponificatrice di Correggio ( Ferrara)

Dal 1939 al 1941 a Correggio una cittadina in provincia di Ferrrara, avvengono tre sparizioni di donne, non più giovani, sole, quasi senza parenti, i loro nomi sono Faustina Setti, Clementina Soavi e Virginia Cacioppo rispettivamente di 70 , 50 e 59 anni.
Le sparizioni non destano allarme sociale immediato, perchè si era nel periodo bellico e molte persone a causa dei bombardamenti e delle vicissitudini della guerra, erano scomparse e non se ne era trovata più traccia.
In realtà dietro a queste scomparse c'era una donna, Leonarda Cianciulli, una mente diabolica la quale, con scaltrezza, aveva elaborato un piano con la collaborazione parziale di suo figlio.
La donna mirava in prima istanza alle risorse economiche delle vittime, che lei circuiva grazie alla sua personalità seduttiva. Questa donna fu una delle prime serial killer, non maschio, della storia criminale e alcuni particolari delle sue gesta furono davvero spaventose.
A qualcuna delle sue vittime, prometteva di farle conoscere un probabile fidanzato, ad un'altra faceva balenare la possibilità un nuovo lavoro ad un'altra ancora un destino genericamente migliore.
Dopo un breve periodo di frequentazione le invitava in casa sua e provvedeva ad agire quando lo riteneva opportuno.
Potevano essere i classici delitti perfetti, anche perchè i resti delle vittime non vennero mai trovati in quanto l'assassina , dopo l'uccisione che avveniva con un fendente di accetta, dopo averli denudati ne smembrava i corpi poi immergeva il corpo a pezzi in un pentolone e faceva bollire lungamente il tutto a 300 gradi. Nel contenitore aggiungeva diversi litri di soda caustica con allume di rocca e pece greca, dopo questa lunga lavorazione, rimaneva sul fondo del pentolone una poltiglia molle e vischiosa che in parte veniva gettata nei tombini o nel canale sotto casa, il resto invece era seccato e serviva a confezionare dei pasticcini da offrire alle amiche in visita o allo stesso figlio dell'omicida.
Nel verbale di interrogatorio la donna dichiara che con una delle vittime, particolarmente grassa, aggiunse nel pentolone della cottura un flacone di colonia e alla fine della bollitura produsse delle saponette particolarmente cremose e profumate, anche i pasticcini risultarono morbidi e gustosi.
La vicenda acquisì dei toni particolarmente raccappriccianti perchè sia i pasticcini che le saponette, prodotti in questo modo macabro, erano regalati alle amicizie e usati dalle numerose conoscenti della serial killer oltre chè da lei stessa e dal figlio
La Cianciulli dopo ogni omicidio , inviava il figlio in città , a Piacenza, a spedire lettere e cartoline apocrife agli eventuali parenti per tranquillizzarli, in cui le vittime affermavano di stare bene di essersi volute allontanare da casa per iniziare una nuova vita, si trattava di depistaggi.
Intanto la parente di una delle donne scomparse, non si dà pace e intuisce che c'è qualcosa che non va nella partenza repentina della sua congiunta e presenta denuncia alla Questura di Reggio Emilia che incarica delle indagini un Commissario molto abile, il quale indagando trova nelle tre donne un denominatore comune : tutte frequentavano assiduamente la casa di Leonarda Cianciulli a Correggio, un piccolo e sonnacchioso comune della provincia e soprattutto ne subivano il fascino.
La donna viene interrogata e da subito mostra un carattere forte a dispetto della sua taglia minuta, 1,50 per 50 kg. Ma il funzionario di polizia rintraccia presso un prete della zona un buono del tesoro che era appartenuto ad una delle vittime, la Cacioppo Virginia. Il prete afferma che il buono gli è stato consegnato da un certo Spinarelli, amico della Cianciulli, che disse a sua volta di averlo ricevuto dalla stessa Cianciulli a saldo di un debito pregresso. La donna viene trattenuta in questura ed è sottoposta ad un interrogatorio stringente a cui inizialmente tiene testa per poi dopo lunghe ed estenuanti sedute, cedere alle domande degli inquirenti e fornire una confessione integrale, rivelando particolari terrificanti: oltre alla saponificazione delle vittime ed alla preparazione di pasticcini, ammise tranquillamente di aver divorato parti delle vittime in uno stufato, in un bollito e anche in un arrosto.
Dalle perquisizioni nella sua abitazione venne trovata una dentiera e del sangue appartenente ad una delle donne uccise. La dinamica era semplice, quando aveva completamente depredato la donna dei suoi averi passava alla eliminazione,il colpo di grazia veniva assestato con una accetta, poi il cadavere era trascinato in uno stanzino dove era “lavorato” successivamente.
L'omicida nativa dell'Irpinia ed in seguito trasferitasi in Emilia è una personalità complessa, sposatasi con un impiegato statale sopporta, nel corso degli anni, ben 13 gravidanze e ne porta a termine solo 4, crede in una sorta di magia nera e pensa con gli omicidi compiuti e con le pratiche successive di smembramento e cannibalismo, di esorcizzare il maleficio che una maga le predisse anni prima. Da adolescente subirà il fascino negativo della grande madre che la obbliga a condurre la vita secondo i suoi dettami, tenerà anche il suicidio in giovanissima età
Sotto interrogatorio, confesserà integralmente i tre omicidi e nel processo sosterrà con convinzione di averli compiuti come un sacrificio umano per rabbonire forze oscure, mentre secondo il Pubblico ministero avrebbe agito per avidità nei confronti delle risorse economiche delle sue vittime che in effetti, dopo la loro morte, provvedeva a depredare completamente.
Il processo inizierà nel 1946 a guerra terminata e il 20 luglio dello stesso anno, verrà condannata, per triplice omicidio e vilipendio di cadavere, a 3 anni di manicomio più 30 anni di carcere, in cui non entrerà mai perchè rimarrà nell'ospedale psichiatrico di Pozzuoli per ben 24 anni dove morirà nel 1970 per un malore.
Gli strumenti usati negli omicidi, accetta, mannaia, seghetto segaosse, coltelleria varia e ceppo sono conservati nel museo criminale di Roma a disposizione degli studiosi.
Presso la Corte di Assise di Reggio Emilia è conservato un memoriale difensivo di circa 700 pagine in cui lei spiegava cosa l'aveva costretta a compiere quei tre delitti e le pratiche successive, tuttavia secondo alcuni, non aveva gli strumenti culturali per creare una simile opera che venne accreditata ai suoi avvocati che tentarono di farle dare l'infermità totale di mente.
Secondo una leggenda metropolitana venne anche condotta segretamente presso il gabinetto di dissezione anatomica della facoltà di medicina per farle ripetere i gesti di smembramento dei corpi di cui lei parlava ma ciò non corrisponde a verità.

Roberto Nicolick

Nessun commento:

Posta un commento