Leonarda
Cianciulli
i
delitti della saponificatrice di Correggio ( Ferrara)
Dal
1939 al 1941 a Correggio una cittadina in provincia di Ferrrara,
avvengono tre sparizioni di donne, non più giovani, sole, quasi
senza parenti, i loro nomi sono Faustina Setti, Clementina Soavi e
Virginia Cacioppo rispettivamente di 70 , 50 e 59 anni.
Le
sparizioni non destano allarme sociale immediato, perchè si era nel
periodo bellico e molte persone a causa dei bombardamenti e delle
vicissitudini della guerra, erano scomparse e non se ne era trovata
più traccia.
In
realtà dietro a queste scomparse c'era una donna, Leonarda
Cianciulli, una mente diabolica la quale, con scaltrezza, aveva
elaborato un piano con la collaborazione parziale di suo figlio.
La
donna mirava in prima istanza alle risorse economiche delle vittime,
che lei circuiva grazie alla sua personalità seduttiva. Questa donna
fu una delle prime serial killer, non maschio, della storia criminale
e alcuni particolari delle sue gesta furono davvero spaventose.
A
qualcuna delle sue vittime, prometteva di farle conoscere un
probabile fidanzato, ad un'altra faceva balenare la possibilità un
nuovo lavoro ad un'altra ancora un destino genericamente migliore.
Dopo
un breve periodo di frequentazione le invitava in casa sua e
provvedeva ad agire quando lo riteneva opportuno.
Potevano
essere i classici delitti perfetti, anche perchè i resti delle
vittime non vennero mai trovati in quanto l'assassina , dopo
l'uccisione che avveniva con un fendente di accetta, dopo averli
denudati ne smembrava i corpi poi immergeva il corpo a pezzi in un
pentolone e faceva bollire lungamente il tutto a 300 gradi. Nel
contenitore aggiungeva diversi litri di soda caustica con allume di
rocca e pece greca, dopo questa lunga lavorazione, rimaneva sul fondo
del pentolone una poltiglia molle e vischiosa che in parte veniva
gettata nei tombini o nel canale sotto casa, il resto invece era
seccato e serviva a confezionare dei pasticcini da offrire alle
amiche in visita o allo stesso figlio dell'omicida.
Nel
verbale di interrogatorio la donna dichiara che con una delle
vittime, particolarmente grassa, aggiunse nel pentolone della cottura
un flacone di colonia e alla fine della bollitura produsse delle
saponette particolarmente cremose e profumate, anche i pasticcini
risultarono morbidi e gustosi.
La
vicenda acquisì dei toni particolarmente raccappriccianti perchè
sia i pasticcini che le saponette, prodotti in questo modo macabro,
erano regalati alle amicizie e usati dalle numerose conoscenti della
serial killer oltre chè da lei stessa e dal figlio
La
Cianciulli dopo ogni omicidio , inviava il figlio in città , a
Piacenza, a spedire lettere e cartoline apocrife agli eventuali
parenti per tranquillizzarli, in cui le vittime affermavano di stare
bene di essersi volute allontanare da casa per iniziare una nuova
vita, si trattava di depistaggi.
Intanto
la parente di una delle donne scomparse, non si dà pace e intuisce
che c'è qualcosa che non va nella partenza repentina della sua
congiunta e presenta denuncia alla Questura di Reggio Emilia che
incarica delle indagini un Commissario molto abile, il quale
indagando trova nelle tre donne un denominatore comune : tutte
frequentavano assiduamente la casa di Leonarda Cianciulli a
Correggio, un piccolo e sonnacchioso comune della provincia e
soprattutto ne subivano il fascino.
La
donna viene interrogata e da subito mostra un carattere forte a
dispetto della sua taglia minuta, 1,50 per 50 kg. Ma il funzionario
di polizia rintraccia presso un prete della zona un buono del tesoro
che era appartenuto ad una delle vittime, la Cacioppo Virginia. Il
prete afferma che il buono gli è stato consegnato da un certo
Spinarelli, amico della Cianciulli, che disse a sua volta di averlo
ricevuto dalla stessa Cianciulli a saldo di un debito pregresso. La
donna viene trattenuta in questura ed è sottoposta ad un
interrogatorio stringente a cui inizialmente tiene testa per poi dopo
lunghe ed estenuanti sedute, cedere alle domande degli inquirenti e
fornire una confessione integrale, rivelando particolari
terrificanti: oltre alla saponificazione delle vittime ed alla
preparazione di pasticcini, ammise tranquillamente di aver divorato
parti delle vittime in uno stufato, in un bollito e anche in un
arrosto.
Dalle
perquisizioni nella sua abitazione venne trovata una dentiera e del
sangue appartenente ad una delle donne uccise. La dinamica era
semplice, quando aveva completamente depredato la donna dei suoi
averi passava alla eliminazione,il colpo di grazia veniva assestato
con una accetta, poi il cadavere era trascinato in uno stanzino dove
era “lavorato” successivamente.
L'omicida
nativa dell'Irpinia ed in seguito trasferitasi in Emilia è una
personalità complessa, sposatasi con un impiegato statale sopporta,
nel corso degli anni, ben 13 gravidanze e ne porta a termine solo 4,
crede in una sorta di magia nera e pensa con gli omicidi compiuti e
con le pratiche successive di smembramento e cannibalismo, di
esorcizzare il maleficio che una maga le predisse anni prima. Da
adolescente subirà il fascino negativo della grande madre che la
obbliga a condurre la vita secondo i suoi dettami, tenerà anche il
suicidio in giovanissima età
Sotto
interrogatorio, confesserà integralmente i tre omicidi e nel
processo sosterrà con convinzione di averli compiuti come un
sacrificio umano per rabbonire forze oscure, mentre secondo il
Pubblico ministero avrebbe agito per avidità nei confronti delle
risorse economiche delle sue vittime che in effetti, dopo la loro
morte, provvedeva a depredare completamente.
Il
processo inizierà nel 1946 a guerra terminata e il 20 luglio dello
stesso anno, verrà condannata, per triplice omicidio e vilipendio di
cadavere, a 3 anni di manicomio più 30 anni di carcere, in cui non
entrerà mai perchè rimarrà nell'ospedale psichiatrico di Pozzuoli
per ben 24 anni dove morirà nel 1970 per un malore.
Gli
strumenti usati negli omicidi, accetta, mannaia, seghetto segaosse,
coltelleria varia e ceppo sono conservati nel museo criminale di Roma
a disposizione degli studiosi.
Presso
la Corte di Assise di Reggio Emilia è conservato un memoriale
difensivo di circa 700 pagine in cui lei spiegava cosa l'aveva
costretta a compiere quei tre delitti e le pratiche successive,
tuttavia secondo alcuni, non aveva gli strumenti culturali per
creare una simile opera che venne accreditata ai suoi avvocati che
tentarono di farle dare l'infermità totale di mente.
Secondo
una leggenda metropolitana venne anche condotta segretamente presso
il gabinetto di dissezione anatomica della facoltà di medicina per
farle ripetere i gesti di smembramento dei corpi di cui lei parlava
ma ciò non corrisponde a verità.
Roberto
Nicolick
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