La sparatoria sul vagone
cellulare a Novi Ligure
24 gennaio 1971
Era un servizio di
traduzione normale, quello del 24 gennaio 1971, un trasferimento
dalle Carceri Le Nuove di Torino sino a varie destinazioni per
processi oppure verso altri penitenziari del nord Italia, il furgone
con la scorta carica 11 detenuti e 8 Carabinieri arriva alla Stazione
di Porta nuova e li fa scendere tra la i pendolari infreddoliti che
come tutte le mattine prendevano il treno per il lavoro o per la
scuola e l'Università.
Sul binario 3, li aspetta
il diretto per Alessandria, attaccato al convoglio, un vagone
cellulare, occupato al centro da sei celle con le sbarre ai
finestrini per i detenuti e un gabinetto.
Alle estremità ci sono
due spazi per i militari di scorta. Il treno parte da Porta Nuova
alle 6,41 per Alessandria, all'interno l'atmosfera è distesa e
bonaria come al solito, i Carabinieri di scorta hanno un
atteggiamento umano e comprensivo e gli 11 detenuti sembrano
tranquilli, divisi a coppie per ogni celletta.
I carabinieri , espletate
le operazioni di servizio, si dividono nelle due piattaforme alle
estremità del vagone. Il treno farà una sosta ad Alessandria per
lasciarvi tre detenuti destinati al carcere della città.
Alcuni detenuti chiedono
al capo scorta se uno dei militari può acquistare dei piatti
cucinati al ristorante della Stazione. E' una consuetudine che viene
concessa e serve a creare empatia tra la scorta e i prigionieri.
Ad Alessandria il pasto è
servito, il vagone cellulare è agganciato al diretto Alessandria -
Genova Brignole e quando, poco dopo le 10, si avvicina a Novi
Ligure, alla stazione di Frugarolo, accade l'imprevedibile : due
detenuti che sono nella stessa cella, Paolo Brollo di 31 anni, di San
Donà di Piave, e Luigi Calgiaco di 25 anni della Brianza, dopo aver
consumato un piatto di lasagne e dopo aver fumato una sigaretta, si
alzano uscendo dalla celletta e affrontano i Carabinieri Spera e
Conti, i più giovani e i meno esperti, che sono anche più vicini
alla celletta dei due.
Uno dei detenuti, il
Brollo, impugna una pistola automatica con cui minaccia i due
carabinieri e li disarma delle pistole di ordinanza. In realtà
quella impugnata dal detenuto, è solo una perfetta imitazione, fatta
con del sapone di Marsiglia e dei pezzi di bachelite, annerita con il
nerofumo, talmente fedele all'originale da riportare addirittura
anche il numero di matricola.
Probabilmente costruita
da quello che in gergo è chiamato “l'artista”, cioè un detenuto
particolarmente abile nel produrre oggetti verosimili, usando
materiali poveri a disposizione come sapone, mollica, carta pressata
e stoffa opportunamente trattati, non si riuscirà a capire dove
l'hanno presa, visto che alle Nuove erano stati perquisiti
all'uscita.
Ora però, i due sono
armati di pistole vere che puntano contro gli altri sei carabinieri,
facendosi scudo con i corpi dei primi due che hanno disarmato,
sembrano decisi e pericolosi.
L'appuntato Leo con
freddezza, cerca di dissuadere i due dal proseguire nella loro
azione: “non fate gli stupidi avete scherzato abbastanza
abbastanza, ora rientrate in cella e la cosa finisce qua”, ma i due
sono determinati e non si lasciano convincere dalle parole pacate e
uno dei due urla “dateci le armi o vi uccidiamo tutti” e azionano
il segnale di frenata rapida, approfittando di ciò, qualcuno della
scorta lancia con forza, in faccia al detenuto più vicino, una
bandoliera con la giberna nel tentativo di creare un diversivo e
agire.
Il detenuto colpito al
viso, accusa il colpo e barcolla ma spara colpendo al cuore Conti che
era sul sedile. Conti cade morto sul colpo in avanti. Il Carabiniere
Spera tenta di estrarre l'arma dalla fondina ma viene ferito al
pollice della mano e per il dolore cade a terra, in seguito gli
dovrà essere amputato. Cade colpito in fronte anche il Carabiniere
Giuseppe Garbarino. il Capo scorta Leo muore raggiunto da cinque
colpi in rapida sequenza.
Gli altri militari
rispondono al fuoco, mentre i due ostaggi si gettano a terra, Brollo
muore dopo aver esaurito il caricatore, il suo compagno Calciago
ferito a morte, crolla a terra, ma ha ancora la forza di alzare
l'arma per colpire ancora, uno dei Carabinieri gli blocca il polso
con la scarpa impedendogli di sparare. Intanto il treno si è
bloccato a breve distanza dalla stazione.
Il manovratore all'oscuro
dell'accaduto, scende dal treno, percorrendo la massicciata raggiunge
il vagone cellulare da cui si affaccia uno dei carabinieri che lo
invita a fare ripartire il treno il più rapidamente possibile perchè
all'interno ci sono dei feriti gravi che necessitano di cure urgenti.
Quando il treno ferma a
Novi Ligure, arriva il capo stazione che avvisa le ambulanze, sul
pavimento nel sangue, tre bravi carabinieri morti e uno ferito, padri
di famiglia, e i due delinquenti che hanno dato inizia alla
mattanza, si conteranno 24 bossoli calibro 9, le pareti sono
sforacchiate dalle pallottole, anche i finestrini sono in frantumi.
Gli altri detenuti,
terrorizzati, durante la sparatoria, si sono rincantucciati nelle
cellette cercando di sfuggire alle pallottole vaganti o di rimbalzo,
sono un ladro pregiudicato, due protettori, due ladri alle prime armi
e un ragazzo che doveva essere giudicato in appello.
In seguito, nel corso
dell'inchiesta, diranno di non conoscere Brollo e Calciago, due
rapinatori, estremamente pericolosi e in trasferimento verso altri
penitenziari, Calciago verso il carcere di Velletri e Brollo
addirittura a Porto Azzurro.
I due si erano conosciuti
alle Nuove e progettavano una fuga, molto difficoltosa dalle Nuove e
impossibile da Porto Azzurro. L'unica opportunità di evasione era
durante la traduzione.
Inoltre i due banditi
erano già fuggiti, proprio da Novi Ligure nel corso di un precedente
trasferimento, bloccando il treno con il segnale d'allarme e
immobilizzando la scorta, poi erano scappati per i campi per essere
riacciuffati il giorno stesso.
Purtroppo, i Carabinieri
di scorta non conoscevano la reale pericolosità dei due, qualsiasi
prigioniero per loro era uguale: una mentalità da cambiare per avere
un approccio diverso verso diverse tipologie di criminali ed evitare
quindi sorprese.
Il Piemonte è scosso da
questa tragedia e la nazione anche, il Presidente della Repubblica
Saragat invia un messaggio di cordoglio alle famiglie dei caduti e
all'Arma.
I tre caduti, su un
autocarro militare, scortati dalle Giulie del Nucleo Radiomobile
dell'Arma, raggiungono Torino e vengono esposte alla visita della
cittadinanza presso il Comando di Legione, alla presenza dei massimi
vertici militari, vegliati da un picchetto di Carabinieri in alta
uniforme, da lì il giorno successivo vengono portati nella Chiesa di
San Filippo.
I funerali di Stato sono
imponenti tra il dolore immenso delle famiglie e dei loro colleghi.
Sei figli, quasi tutti giovanissimi rimangono senza il padre, caduto
nell'adempimento del dovere. Si aprirà una sottoscrizione da parte
di alcuni giornali per dare un minimo sollievo ai parenti.
Roberto Nicolick
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