mercoledì, ottobre 26, 2016

la sparatoria sul cellulare di Novi Ligure 24 gennaio 1971

La sparatoria sul vagone cellulare a Novi Ligure
24 gennaio 1971


Era un servizio di traduzione normale, quello del 24 gennaio 1971, un trasferimento dalle Carceri Le Nuove di Torino sino a varie destinazioni per processi oppure verso altri penitenziari del nord Italia, il furgone con la scorta carica 11 detenuti e 8 Carabinieri arriva alla Stazione di Porta nuova e li fa scendere tra la i pendolari infreddoliti che come tutte le mattine prendevano il treno per il lavoro o per la scuola e l'Università.
Sul binario 3, li aspetta il diretto per Alessandria, attaccato al convoglio, un vagone cellulare, occupato al centro da sei celle con le sbarre ai finestrini per i detenuti e un gabinetto.
Alle estremità ci sono due spazi per i militari di scorta. Il treno parte da Porta Nuova alle 6,41 per Alessandria, all'interno l'atmosfera è distesa e bonaria come al solito, i Carabinieri di scorta hanno un atteggiamento umano e comprensivo e gli 11 detenuti sembrano tranquilli, divisi a coppie per ogni celletta.
I carabinieri , espletate le operazioni di servizio, si dividono nelle due piattaforme alle estremità del vagone. Il treno farà una sosta ad Alessandria per lasciarvi tre detenuti destinati al carcere della città.
Alcuni detenuti chiedono al capo scorta se uno dei militari può acquistare dei piatti cucinati al ristorante della Stazione. E' una consuetudine che viene concessa e serve a creare empatia tra la scorta e i prigionieri.
Ad Alessandria il pasto è servito, il vagone cellulare è agganciato al diretto Alessandria - Genova Brignole e quando, poco dopo le 10, si avvicina a Novi Ligure, alla stazione di Frugarolo, accade l'imprevedibile : due detenuti che sono nella stessa cella, Paolo Brollo di 31 anni, di San Donà di Piave, e Luigi Calgiaco di 25 anni della Brianza, dopo aver consumato un piatto di lasagne e dopo aver fumato una sigaretta, si alzano uscendo dalla celletta e affrontano i Carabinieri Spera e Conti, i più giovani e i meno esperti, che sono anche più vicini alla celletta dei due.
Uno dei detenuti, il Brollo, impugna una pistola automatica con cui minaccia i due carabinieri e li disarma delle pistole di ordinanza. In realtà quella impugnata dal detenuto, è solo una perfetta imitazione, fatta con del sapone di Marsiglia e dei pezzi di bachelite, annerita con il nerofumo, talmente fedele all'originale da riportare addirittura anche il numero di matricola.
Probabilmente costruita da quello che in gergo è chiamato “l'artista”, cioè un detenuto particolarmente abile nel produrre oggetti verosimili, usando materiali poveri a disposizione come sapone, mollica, carta pressata e stoffa opportunamente trattati, non si riuscirà a capire dove l'hanno presa, visto che alle Nuove erano stati perquisiti all'uscita.
Ora però, i due sono armati di pistole vere che puntano contro gli altri sei carabinieri, facendosi scudo con i corpi dei primi due che hanno disarmato, sembrano decisi e pericolosi.
L'appuntato Leo con freddezza, cerca di dissuadere i due dal proseguire nella loro azione: “non fate gli stupidi avete scherzato abbastanza abbastanza, ora rientrate in cella e la cosa finisce qua”, ma i due sono determinati e non si lasciano convincere dalle parole pacate e uno dei due urla “dateci le armi o vi uccidiamo tutti” e azionano il segnale di frenata rapida, approfittando di ciò, qualcuno della scorta lancia con forza, in faccia al detenuto più vicino, una bandoliera con la giberna nel tentativo di creare un diversivo e agire.
Il detenuto colpito al viso, accusa il colpo e barcolla ma spara colpendo al cuore Conti che era sul sedile. Conti cade morto sul colpo in avanti. Il Carabiniere Spera tenta di estrarre l'arma dalla fondina ma viene ferito al pollice della mano e per il dolore cade a terra, in seguito gli dovrà essere amputato. Cade colpito in fronte anche il Carabiniere Giuseppe Garbarino. il Capo scorta Leo muore raggiunto da cinque colpi in rapida sequenza.
Gli altri militari rispondono al fuoco, mentre i due ostaggi si gettano a terra, Brollo muore dopo aver esaurito il caricatore, il suo compagno Calciago ferito a morte, crolla a terra, ma ha ancora la forza di alzare l'arma per colpire ancora, uno dei Carabinieri gli blocca il polso con la scarpa impedendogli di sparare. Intanto il treno si è bloccato a breve distanza dalla stazione.
Il manovratore all'oscuro dell'accaduto, scende dal treno, percorrendo la massicciata raggiunge il vagone cellulare da cui si affaccia uno dei carabinieri che lo invita a fare ripartire il treno il più rapidamente possibile perchè all'interno ci sono dei feriti gravi che necessitano di cure urgenti.
Quando il treno ferma a Novi Ligure, arriva il capo stazione che avvisa le ambulanze, sul pavimento nel sangue, tre bravi carabinieri morti e uno ferito, padri di famiglia, e i due delinquenti che hanno dato inizia alla mattanza, si conteranno 24 bossoli calibro 9, le pareti sono sforacchiate dalle pallottole, anche i finestrini sono in frantumi.
Gli altri detenuti, terrorizzati, durante la sparatoria, si sono rincantucciati nelle cellette cercando di sfuggire alle pallottole vaganti o di rimbalzo, sono un ladro pregiudicato, due protettori, due ladri alle prime armi e un ragazzo che doveva essere giudicato in appello.
In seguito, nel corso dell'inchiesta, diranno di non conoscere Brollo e Calciago, due rapinatori, estremamente pericolosi e in trasferimento verso altri penitenziari, Calciago verso il carcere di Velletri e Brollo addirittura a Porto Azzurro.
I due si erano conosciuti alle Nuove e progettavano una fuga, molto difficoltosa dalle Nuove e impossibile da Porto Azzurro. L'unica opportunità di evasione era durante la traduzione.
Inoltre i due banditi erano già fuggiti, proprio da Novi Ligure nel corso di un precedente trasferimento, bloccando il treno con il segnale d'allarme e immobilizzando la scorta, poi erano scappati per i campi per essere riacciuffati il giorno stesso.
Purtroppo, i Carabinieri di scorta non conoscevano la reale pericolosità dei due, qualsiasi prigioniero per loro era uguale: una mentalità da cambiare per avere un approccio diverso verso diverse tipologie di criminali ed evitare quindi sorprese.
Il Piemonte è scosso da questa tragedia e la nazione anche, il Presidente della Repubblica Saragat invia un messaggio di cordoglio alle famiglie dei caduti e all'Arma.
I tre caduti, su un autocarro militare, scortati dalle Giulie del Nucleo Radiomobile dell'Arma, raggiungono Torino e vengono esposte alla visita della cittadinanza presso il Comando di Legione, alla presenza dei massimi vertici militari, vegliati da un picchetto di Carabinieri in alta uniforme, da lì il giorno successivo vengono portati nella Chiesa di San Filippo.
I funerali di Stato sono imponenti tra il dolore immenso delle famiglie e dei loro colleghi. Sei figli, quasi tutti giovanissimi rimangono senza il padre, caduto nell'adempimento del dovere. Si aprirà una sottoscrizione da parte di alcuni giornali per dare un minimo sollievo ai parenti.


Roberto Nicolick

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