L'eccidio della prigione
di Finalborgo
A Finale Ligure, in
provincia di Savona, esattamente a Finalborgo, esiste un complesso
monumentale, è quello di Santa Caterina che risale al 1400. Molto
interessante è il torrione al cui interno vi sono ancora adesso,
molto ben conservate, una dozzina di celle, con le inferriate e con i
portoncini a chiavistello, lo spioncino e soprattutto senza finestre
il che impediva ai detenuti di vedere al di fuori. Le celle sono
davvero anguste , misurano due metri per 1,40. Il complesso e anche
la prigione sono visitabili e si possono notare sulle pareti delle
camerette le scritte incise sulle pareti dai prigionieri.
Nel luglio del 1945,
questa prigione ospitò , temporaneamente, undici prigionieri
appartenenti a vario titolo alla R.S.I. tutti erano stati giudicati
dalla Corte di Assise Speciale di Savona e condannati a pene
diverse, tre di essi alla pena capitale e gli altri otto a detenzioni
carcerarie di alcuni anni.
I detenuti politici erano
quindi stati trasferiti a Finalborgo dal Carcere di S. Agostino di
Savona per motivi di sicurezza, infatti qualcuno a fine giugno, aveva
lanciato una bomba a mano all'interno del cortile del penitenziario
di Savona, , ferendo dei prigionieri ed uccidendone due. Si pensava
che a Finalborgo i Repubblichini sarebbero stati al sicuro.
Ma non era finita : il 1
luglio del 1945 verso sera, alcuni automezzi pesanti, due camion e
alcune autovetture giunsero a Finalborgo, ne scesero una trentina di
uomini armati, con la divisa di partigiano , si fecero aprire con
modi autorevoli il carcere dallo scarso personale penitenziario e
mostrando un ordine di prelevamento si portarono via tutti i
detenuti.
Il documento di
prelevamento era autentico come autentici erano i timbri apposti sui
fogli che evidentemente erano stati trafugati dagli uffici, i quali
non sapevano nulla di questo prelevamento, quindi si trattava di una
attività illegale, i detenuti infatti erano già stati giudicati da
un tribunale regolare e dovevano scontare la pena che gli era stata
comminata ma qualcuno aveva deciso altrimenti.
Gli abitanti delle case
adiacenti alla prigione, sentirono il trambusto, e videro gli uomini
armati che caricavano sui mezzi i prigionieri ma nessuno si interessò
di sapere dove sarebbero stati portati i prigionieri. Erano tempi bui
in cui la legge era assente, lo stato quello di diritto non era
presente. Intervenire a difesa di prigionieri, in più fascisti,
sarebbe stato molto rischioso.
Prigionieri e rapitori
scomparvero senza lasciare traccia sui camion che si allontanarono in
direzione di Rialto. Un quotidiano locale ipotizzò allegramente che
a portare via gli ex fascisti fossero stati i loro ex camerati per
impedire che scontassero le pene della Corte di assise Speciale, ma
non era andata così, come al solito i partigiani comunisti si erano
dati da fare per amministrare la giustizia, lo loro ovviamente, a
danno dei loro ex nemici.
Nessuno dei detenuti
venne più ritrovato nonostante le indagini dei Carabinieri, poi nel
febbraio del 1953, casualmente, fu trovata dai Carabinieri una fossa
comune nei boschi intorno a S. Ermete. Quella è una località
nell'entroterra che domina Vado Ligure, una zona famigerata,
abitualmente utilizzata dai partigiani comunisti per eliminare gli ex
fascisti e per farvi sparire i corpi delle vittime. Una zona
denominata Campo Stringhini o in altre occasioni Campo dei Francesi
dove erano e sono tuttora sepolti molti resti di repubblichini.
Furono effettuati degli
scavi e all'interno della fossa vennero trovati, guarda caso, i
resti di 11 corpi.
Si procedette alla
identificazione dei resti e si appurò senza ombra di dubbio che i
cadaveri appartenevano ai prigionieri di Finalborgo, tutte figure di
spicco nella organizzazione militare della R.S.I., e quindi
particolarmente odiate dai partigiani comunisti che evidentemente
volevano chiudere i conti una volta per tutte : Raimondi Alberto
ufficiale delle Brigate Nere classe 1921, Zunino Alberto anch'esso
Brigata Nera classe 1916, Revelli Carlo sottocapo della Div. San
Marco classe 1923, Grosso Antonio semplice squadrista delle Brigate
Nere classe 1897, Benedetti Natale un poliziotto, agente di Pubblica
Sicurezza classe 1918, Possenti Luigi Capitano della Guardia
Nazionale repubblicana nonché responsabile della Gioventù Italiana
del Littorio Classe 1916, Genovesi Giacomo Ufficiale delle Brigate
Nere Classe 1920, Mazzanti Mario maresciallo della Div. San Marco
Classe 1910, Ghibaudo Antonio squadrista delle Brigate Nere Classe
1981, Roveda Ernesto squadrista delle Brigate Nere Classe 1890.
Nel corso dell'esame
autoptico dei resti, si appurò che tutti i corpi presentavano ferite
di arma da fuoco, che tutti avevano i polsi immobilizzati dietro la
schiena con dei cavi telefonici, tutti tranne Possenti a cui era
stato riservato un trattamento “di favore”, infatti era stato
incaprettato e sopra al suo torace qualcuno aveva gettato un pesante
macigno.
Possenti era
particolarmente inviso ai Partigiani Rossi e il rancore aveva spinto
gli assassini a seppellire quest'ultimo ex fascista agonizzante e
ancora vivo, forse perchè era già scampato ad un attentato e questa
volta volevano essere sicuri che morisse nel modo adeguato.
Il prete che presenziò
alla esumazione, osservando quello che era stato fatto ai corpi disse
che sarebbe stato molto difficile perdonare gli assassini che non
vennero mai scoperti ed arrestati, ma tutti a Finale Ligure sapevano
e sanno ancora ora, chi commise il massacro, la maggior parte della
banda si è portato il segreto nella tomba ma qualcuno è ancora vivo
e a causa dell'età, ogni tanto, al bar si lascia andare a delle
piccole confidenze, però nessuno lo prende sul serio , pensando ad
una demenza senile.
Roberto Nicolick
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