I lingotti della Banca
d'Italia di Savona
24 aprile 1945 in tarda
serata, un camion della divisione San Marco, si presenta all'ingresso
posteriore della Banca d'Italia di Via Astengo, nella cabina di guida
ci stanno due marò armati, quello accanto al guidatore, scende e
suona il campanello al civico 22 rosso, mentre il mezzo con il
motore acceso staziona in attesa che qualcuno apra il pesante
cancello.
Dopo pochissimi minuti il
pesante cancello grigio, viene aperto e il camion con il cassone
telonato, un Lancia 2 Ro, con i colori militari, entra rapidamente
all'interno del cortile. Non si sa cosa accade realmente nello
spiazzo, lo si può solo immaginare.
Il giorno successivo, il
25 aprile 1945 con il collasso della Repubblica Sociale, le brigate
partigiane sarebbero entrate in città , si presume che i due San
Marco abbiano ricevuto l'incarico di prelevare una o forse due
cassette contenenti lingotti d'oro di piccola pezzatura e di portarli
al comando della divisione ad Altare per iniziare la grande fuga
verso la Valtellina.
Quindi su quel mezzo
pesante, con assi rinforzati, furono caricate due cassette con i
lingotti. Senza scorta, il camion esce dal cortile e percorre le
strade deserte sino a imboccare la strada provinciale in direzione
Altare sede del comando divisionale.
Quello che accade dopo è
solo opinabile e frutto sicuramente di fantasia: a pochi chilometri
da Savona, il camion si arresta, in prossimità di un piccolo ponte
in muratura, che attraversa l'affluente del Letimbro, a sinistra
della provinciale del Cadibona, a destra passa la linea ferrata con
due gallerie che un tempo erano presidiate da due postazioni con nidi
di mitragliatrici e che vista la situazione non ci sono più, i
militari che le presidiavano o sono stati ritirati o sono scappati.
I due marò, sono a
conoscenza del fatto, quindi soli e senza testimoni, scaricano le due
cassette e attraversando il ponte, raggiungono la riva opposta ,
entrano nel fitto del bosco e si presume che le sotterrino.
Fatto ciò risalgono sul
camion e ripartono in direzione di Altare. Qualcuno afferma che i due
militari spariscano e le versioni sono decisamente diverse: cadono in
una imboscata lungo la strada fatta dai partigiani che cercavano
proprio le cassette, oppure arrivati ad Altare sono fucilati dai loro
stessi camerati che li accusano di aver trafugato l'oro della
Repubblica, oppure ancora, fanno perdere le loro tracce gettando
l'uniforme alle ortiche aspettando il momento propizio per
riprendersi il tesoro nascosto.
Nel frattempo il piccolo
ponte sotto l'urto delle piene che avvengono nel tempo, crolla e ne
rimangono solo le spallette sulle sponde opposte, visibili a
tutt'oggi, dalla strada.
Passano i mesi del 1945,
tra vendette, ruberie, stupri, esecuzioni sommarie, omicidi politici,
atrocità compiute dai nuovi vincitori e dei due fanti di marina e
dell'oro di Savona, nessuno parla ma la leggenda continua e la
fantasia prosegue il suo lavoro instancabile.
Poi accade un fatto
strano, negli anni cinquanta, un gruppo di persone con attrezzi da
scavo e una piccola escavatrice, apre un piccolo cantiere e inizia
alcuni strani lavori di sbancamento, proprio nel punto in cui
esisteva il piccolo ponte in muratura che ora non c'è più.
Qualcuno avvisa i
Carabinieri che vanno a fare un controllo in loco, trovando una
trentina di persone che in effetti stavano scavando lungo il corso
del torrente e sotto la massicciata.
I lavori non risultano
autorizzati e vengono bloccati ma la cosa curiosa è che , una volta
identificati, gli operai risultano essere stati tutti ex partigiani o
ex repubblichini. Cosa cercavano con tanto accanimento ? Non lo
dicono ma lo si potrebbe immaginare.
Sono passati molti anni
da quel 25 aprile 1945 e nessuno ha mai trovato i lingotti o se li ha
trovati si è ben guardato dal dirlo. Quindi il mistero rimane e
comunque è proprio vero che a volte l'oro riesce ad unire tipologie
molto diverse di uomini tra di loro in un abbraccio fraterno che va
al di là delle ideologie e della guerra.
Esiste un precedente
analogo, accaduto all'oro della Banca d'Italia, sede centrale di
Roma, l'8 settembre del 1943, i cari alleati Tedeschi portano via da
Roma un bel mucchio d'oro, 120 tonnellate, a mezzo treno blindato e
scortato, prima a Milano e dopo a Fortezza , Alto Adige, pronto ad
essere inviato a Berlino. Si sparge in diversi rivoli, quasi tutti
recuperati dagli Alleati negli anni successivi e restituito al
Governo Italiano.
La cosa strana è questa,
nella prima fase, il tragitto tra l'Istituto Centrale Italiano e il
treno Tedesco, una tonnellata d'oro scomparve, oppure chi doveva
consegnarlo se lo tenne, e gli stessi Tedeschi non protestarono per
questa differenza, forse erano un pochino distratti, strano per tipi
precisi e puntuali come loro.
Ecco da chi impararono i
due poveri marò della San Marco, ma questo è solo un esercizio di
fantasia
Roberto Nicolick
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