Savona, 13
maggio 1945, ore 17 circa.
Colle
del Cadibona, chilometro 142,
un
gruppo di partigiani comunisti sta compiendo uno degli eccidi
più feroci della guerra civile noto come la strage
della corriera della morte.
Nel corso di questa strage 39 uomini inermi furono ammazzati, questo episodio racconta di un giovanissimo ufficiale della G.N.R. Che tentò la fuga, inseguito da un poliziotto partigiano.
Verrà raggiunto, farà la stessa fine dei suoi compagni di sventura.
Nel corso di questa strage 39 uomini inermi furono ammazzati, questo episodio racconta di un giovanissimo ufficiale della G.N.R. Che tentò la fuga, inseguito da un poliziotto partigiano.
Verrà raggiunto, farà la stessa fine dei suoi compagni di sventura.
Ecco
la cronaca, basata su testimonianze di alcuni ragazzini oggi
settantenni, di questo disperato tentativo di fuga.
Sporco di sangue, non suo ma dei suoi compagni, con addosso solo una camicia aperta e svolazzante, scalzo, privo di pantaloni, il giovane uomo correva trafelato, come una lepre… l’aria gli bruciava nei polmoni, gli occhi gli uscivano dalle orbite tanto correva, con una fortissima dose di adrenalina in corpo, che poi, era quella che lo sosteneva in questa sua fuga disperata.
Lo stomaco vuoto, le contusioni sul corpo, il dolore per le percosse impietose prese dai partigiani erano cose lontane, rimosse, dimenticate… ora aveva un solo imperativo categorico: correre, correre e soltanto correre, lontano da quegli assassini, da quello che stavano facendo ai suoi camerati, in quel piccolo vallone, sulla curva della strada del Cadibona, sopra alla galleria del treno della linea Savona – Fossano – Torino.
Sporco di sangue, non suo ma dei suoi compagni, con addosso solo una camicia aperta e svolazzante, scalzo, privo di pantaloni, il giovane uomo correva trafelato, come una lepre… l’aria gli bruciava nei polmoni, gli occhi gli uscivano dalle orbite tanto correva, con una fortissima dose di adrenalina in corpo, che poi, era quella che lo sosteneva in questa sua fuga disperata.
Lo stomaco vuoto, le contusioni sul corpo, il dolore per le percosse impietose prese dai partigiani erano cose lontane, rimosse, dimenticate… ora aveva un solo imperativo categorico: correre, correre e soltanto correre, lontano da quegli assassini, da quello che stavano facendo ai suoi camerati, in quel piccolo vallone, sulla curva della strada del Cadibona, sopra alla galleria del treno della linea Savona – Fossano – Torino.
Mario
Molinari, dal cognome famoso, per una bevanda alcolica, prodotta
dalla sua famiglia, di appena 20 anni, con la fortissima volonta’
di viverne molti altri, correva, come mai aveva corso in vita
sua… non per conquistare una medaglia, ma per salvarsi la
vita.
Mario Molinari, tenente della G.N.R (Guardia Nazionale Repubblicana), doveva morire ammazzato come gli altri, innaffiato dal piombo, perchè “repubblichino”, così lo definivano con disprezzo i suoi guardiani, poliziotti ausiliari partigiani.
Mario Molinari, tenente della G.N.R (Guardia Nazionale Repubblicana), doveva morire ammazzato come gli altri, innaffiato dal piombo, perchè “repubblichino”, così lo definivano con disprezzo i suoi guardiani, poliziotti ausiliari partigiani.
Il
ragazzo aveva colto l’attimo fuggente, era riuscito ad approfittare
di un momento di distrazione dei suoi carnefici, aveva dato una
spallata al più vicino, uno strattone a quell’altro che lo
tratteneva e poi … come un dannato che sbucava dall’inferno,
aveva risalito il vallone, percorso il prato erboso in leggera
salita, imboccato la strada asfaltata verso il centro di Cadibona…
Poi
da li’ chissà, avrebbe chiesto aiuto, avrebbe fatto perdere le
tracce, si sarebbe imboscato tra gli alberi o in qualche
legnaia..
Importante era togliersi dalla linea del fuoco del mitra STEN, che stava massacrando il gruppo di prigionieri repubblicani, a gruppi di due a due, i quali venivano spinti a calci nel vallone in basso, mentre più in alto, in posizione sopraelevata, altri due partigiani sparavano sulla coppia di uomini che cadevano come fantocci nell’avvallamento.
Importante era togliersi dalla linea del fuoco del mitra STEN, che stava massacrando il gruppo di prigionieri repubblicani, a gruppi di due a due, i quali venivano spinti a calci nel vallone in basso, mentre più in alto, in posizione sopraelevata, altri due partigiani sparavano sulla coppia di uomini che cadevano come fantocci nell’avvallamento.
Mario
Molinari, correva, senza fermarsi, senza voltarsi indietro, con i
capelli dritti dal terrore, con la speranza di riavere la liberta’
e poter vivere ancora… mentre alle sue orecchie arrivavano da
dietro, sempre piu’ lontano, il rumore ritmico delle armi
automatiche.
Una,
per essere esatti, era terribilmente riconoscibile : lo STEN, la
classica arma automatica di fabbricazione britannica, usatissima dai
partigiani, fornita alle formazioni partigiane attraverso i lanci
paracadutati alleati.
Mentre
Molinari correva come un pazzo giù verso Cadibona, lo STEN
maneggiato da un certo B.D., stava facendo “pulizia” nel
vallone, riempiendolo di corpi, crivellati dalle pallottole, 9 mm.
Parabellum. Nel caricatore del mitra c'erano 32 pallottole, il che
gli assicurava una discreta autonomia.
Il boia , non si fermava mai, tranne che per cambiare il caricatore dell’arma o per aspettare che si raffreddasse guardando i suoi compagni, mentre a calci e pugni, posizionavano sulla linea di tiro, i bersagli umani, sempre a coppie, per economia e per dimezzare i tempi di lavorazione.
Intanto Molinari correva e ogni metro che copriva aumentava la sua speranza. Egli non poteva sapere che uno dei piu’ zelanti e feroci dei carnefici, stava per mettersi sulle sue tracce.
Per meglio raggiungerlo, il poliziotto partigiano smise a malincuore di sparare e inforco’ una bicicletta, pedalando con forza, arrivò in vista del fuggiasco e pigiando sui pedali lo raggiunse.
Il
giovane fuggitivo sentì uno rumore alle sue spalle, come di un
corpo metallico che cade (era la bicicletta che il B.D. aveva
abbandonato in corsa) non si voltò e continuò a correre… poi
percepì dei passi veloci e un respiro affannoso, sempre dietro
di lui…
Continuo’ a non voltarsi, fintanto che a sorpresa, un corpo pesante di un uomo, non gli volo’ addosso e lo schiaccio’ letteralmente sul selciato.
L`impatto che subi’ fu forte… e molto doloroso, ma assai piu’ dolorosa fu la sorpresa…
Continuo’ a non voltarsi, fintanto che a sorpresa, un corpo pesante di un uomo, non gli volo’ addosso e lo schiaccio’ letteralmente sul selciato.
L`impatto che subi’ fu forte… e molto doloroso, ma assai piu’ dolorosa fu la sorpresa…
Molinari
era convinto di essere sfuggito ai suoi inseguitori, anzi pensava che
non avrebbero provato neppure ad inseguirlo visto che erano
troppo impegnati a scannare i suoi compagni di sventura.
Il
naso e il mento, a causa di quel placcaggio violentissimo, sbatterono
sul selciato, producendogli una forte emorragia, il sangue gli colava
vistosamente sul petto nudo…
“ti ho preso bastardo, ora devi morire, come gli altri… vieni con me….”
Ansimava e schiumava odio B.D., mentre urlava queste parole nelle orecchie del ragazzo.
“ti ho preso bastardo, ora devi morire, come gli altri… vieni con me….”
Ansimava e schiumava odio B.D., mentre urlava queste parole nelle orecchie del ragazzo.
Il
suo alito puzzava come quello di un avvinazzato. Evidentemente aveva
abbondantemente bevuto, per darsi piu’ coraggio nell’espletare le
sue funzioni di boia. Per non perderlo, lo aveva afferrato per i
capelli, e lo strattonava, piegandogli il capo verso terra.
Il
poveretto, cosi’ piegato in due, con indosso un camicia sporca di
sangue, tentava disperatamente, con le mani strette sul polso del
criminale, di attenuare la stretta e gli strattoni, ma era cosa vana,
per la sua debolezza che per lo choc subito nella rovinosa caduta,
sia per la posizione svantaggiosa che il suo corpo aveva assunto in
quell’istante…inoltre il partigiano che lo aveva inseguito,
raggiunto ed afferrato rudemente, era di grossa corporatura, di modi
estremamente violenti ed era crudelmente determinato a non lasciarsi
scappare piu’ la sua preda… farsi buggerare cosi’….incredibile,
da un ragazzino, inoltre.
Mentre Molinari veniva trascinato, letteralmente per i capelli, per la strada, nella direzione opposta a quella in cui stava cercando di fuggire, perdeva dal naso e dalle labbra spaccate un rivolo di sangue scuro, che cadeva gocciolando sulla strada del Cadibona, lasciando una traccia, di un rosso scuro, interminabile, come interminabile era il dolore che lo torturava per non essere riuscito a fuggire da quegli assassini, per essere solo e completamente abbandonato, per non aver avuto nessun aiuto. La disperazione piu’ nera lo aggredi’ e le lacrime gli sgorgarono dagli occhi….
Mentre Molinari veniva trascinato, letteralmente per i capelli, per la strada, nella direzione opposta a quella in cui stava cercando di fuggire, perdeva dal naso e dalle labbra spaccate un rivolo di sangue scuro, che cadeva gocciolando sulla strada del Cadibona, lasciando una traccia, di un rosso scuro, interminabile, come interminabile era il dolore che lo torturava per non essere riuscito a fuggire da quegli assassini, per essere solo e completamente abbandonato, per non aver avuto nessun aiuto. La disperazione piu’ nera lo aggredi’ e le lacrime gli sgorgarono dagli occhi….
Arrivò
di corsa dal luogo del massacro un altro partigiano, che era venuto a
dare manforte al B.D., ma la sua presenza era inutile, oramai il
povero Molinari era in “dirittura di arrivo“ verso il luogo
dell'eccidio…
I
due partigiani, con la loro povera vittima, stretta sempre per i
capelli, spinta a calci nel sedere dal secondo partigiano appena
arrivato, continuarono a camminare, per quanto lo permettesse la
situazione, per raggiungere lo scannatoio, dove intanto, proseguiva
con cura meticolosa e maniacale la strage.
L’arresto
del Molinari, non passo’ inosservato.
Nelle
prime case di Cadibona, che il giovane cercava disperatamente di
raggiungere, alcuni abitanti avevano assistito alla scena e provarono
anche ad avvicinarsi, ma furono sconsigliati dai mitra puntati dei
due sgherri.
Anche un ufficiale partigiano, non garibaldino e quindi non comunista, vide la scena inumana.
Si avvicino’ per chiedere spiegazioni, ma anche in questo caso, il B.D. sollevo’ la canna del mitra in modo significativo, verso lo stomaco dell’intruso che dovette desistere da qualsiasi azione e vide i due che trascinavano il prigioniero nudo e crudo sin dopo la curva…
Anche un ufficiale partigiano, non garibaldino e quindi non comunista, vide la scena inumana.
Si avvicino’ per chiedere spiegazioni, ma anche in questo caso, il B.D. sollevo’ la canna del mitra in modo significativo, verso lo stomaco dell’intruso che dovette desistere da qualsiasi azione e vide i due che trascinavano il prigioniero nudo e crudo sin dopo la curva…
Provvide
poi a protestare con il locale CLN, per quel gesto, ma urto’ contro
un muro di gomma.
Tuttavia appuro’ che il comando partigiano era perfettamente al corrente dell’accaduto. Anche due ragazzini, nascosti dietro ad un cespuglio assistettero alla scena, ma terrorizzati rimasero impietriti e conservarono il film del massacro nelle loro menti per tutti gli anni a venire. Ora hanno poco più di 70 anni e non hanno dimenticato ciò che videro, e me lo hanno raccontato ancora scossi.
Tuttavia appuro’ che il comando partigiano era perfettamente al corrente dell’accaduto. Anche due ragazzini, nascosti dietro ad un cespuglio assistettero alla scena, ma terrorizzati rimasero impietriti e conservarono il film del massacro nelle loro menti per tutti gli anni a venire. Ora hanno poco più di 70 anni e non hanno dimenticato ciò che videro, e me lo hanno raccontato ancora scossi.
Roberto Nicolick
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