Franco Percoco
Il mostro di Bari che
accoltellò la famiglia
La strage fu compiuta
con un coltellaccio da cucina impugnato da Franco Percoco di anni 27,
studente universitario di agraria il quale sterminò la famiglia
nella notte tra il 26 maggio e il 27 maggio del 56 a Bari, Eresvida
Martini di anni 50 madre e donna timida che fu la prima ad essere
colpita con un netto taglio alla gola mentre dormiva nel letto della
camera matrimoniale , poi Vincenzo Percoco il padre, di anni 64, che
dormiva accanto alla moglie si sveglia di soprassalto e viene colpito
ripetutamente al torace ma ha il tempo di urlare prima di essere
finito, egli era pensionato delle Fs, e persona molto stimata, si
affaccia alla porta della camera il fratello Giulio di anni 21, un
povero ed inoffensivo ragazzo, affetto dalla sindrome di Down che
viene ucciso anch'esso, poi l'assassino spogliò i corpi delle
vittime dagli abiti lordi di sangue e le nascose in camera da letto.
Quindi si bevve una birra
e si addormentò nel proprio letto come se niente fosse accaduto.
Nei 10 giorni successivi
, senza mostrare alcun disagio, continuò ad ospitare i suoi amici
in allegre feste conviviali a pochi metri dalla camera ove erano i
cadaveri dei suoi congiunti.
Franco continuò anche a
ricevere donne nell'appartamento di Via Celentano 12, sigillò con
del nastro adesivo, le finestre e le porte della camera dove erano i
corpi in putrefazione, per non fare uscire la puzza della
decomposizione, diffondendo ogni tanto del deodorante al gelsomino.
Quando i vicini gli
chiedevano dove fossero i suoi parenti egli rispondeva che erano
partiti per una vacanza a Montecatini. Tuttavia il fetore di
decomposizione divenne troppo forte allarmando i vicini, a questo
punto Franco Percoco sparì rendendosi irreperibile.
La polizia infine arrivò,
avvisata dai vicini per il fetore, entrò nell'appartamento da una
finestra, trovò la madre distesa nel letto coperta da un materasso,
il figlio ai piedi del letto e il padre in un armadio piegato in due
per farcelo stare, tutti i cadaveri erano gonfi perchè colpiti
dall'enfisema putrefattivo che sviluppa dei gas all'interno delle
cavità fisiche .
Franco Percoco ricercato
in tutta Italia, si dava alla bella vita, conducendo una vacanza
spensierata a Ischia, con i denari dei genitori, tra bar, night club
e ristoranti di lusso. La sua latitanza venne aiutata dal fatto che
l'albergatore che lo ospitò, omise di registrare la sua presenza
nella struttura e quindi la Questura non notò il nome del ricercato
tra le schede delle registrazioni.
Il Percoco che in quei
giorni, vestiva sempre molto elegante, aveva anche una frequentazione
con una donna che lavorava in una casa di tolleranza, la quale alla
fine dopo mille reticenze, indirizzò la polizia sulle tracce del
mostro di Bari.
Arrivarono dalla questura
di Napoli 50 agenti, che iniziarono a battere tutti i locali del
porto di Ischia e dopo tre giorni lo trovarono e lo arrestarono
traducendolo a Bari, dove venne rinchiuso nel locale carcere
giudiziario.
All'arresto non oppose
resistenza. Si giustificò, affermando di aver sterminato, i genitori
perchè gli impedivano di fare una vita brillante e dispendiosa,
continuando a rimproverarlo per il fallimento negli studi e uccisa
pure il fratello Giulio perchè accorse richiamato dal rumore.
Fu rinviato a giudizio
per triplice omicidio e occultamento di cadavere.
La dinamica omicidiaria
accertata fu questa : Percoco stava preparando gli ultimi esami,
assalito dalle sue nevrosi , cominciò a bere del cognac, poi in
cucina afferrò un coltellaccio , entrò nella stanza dove dormivano
i suoi e prima massacrò la madre che morì in silenzio, mentre il
padre, durante l'aggressione urlò e infine il fratello disabile
attirato dal trambusto.
Quindi sfilò gli anelli
dalle dita della madre, cercò dei titoli di stato dei suoi genitori
che sottrasse e si impossessò della pensione del padre, circa 70
mila lire .
Dopo l'interrogatorio in
cui rese completa confessione, in attesa di giudizio, venne
inizialmente detenuto presso il manicomio criminale di Rebibbia, poi
il processo alla Corte di Assise di Bari, in cui venne anche
sentito il fratello dell'imputato, Vittorio con precedenti penali ,
detenuto presso il carcere di Perugia per rapina, il quale alla vista
del coltello usato per massacrare la famiglia, svenne subito.
Quando Vittorio si
riprese disse che in sogno aveva visto l'arma del delitto e la scena
della strage nel suo avvenire.
Un'altra testimone fu la
ex fidanzata Concetta Tassi, che affermò di essere stata invitata da
Percoco nella casa del massacro a pranzo e a cena, assieme al
fratello e alla di lui fidanzata.
Dopo sei ore di camera di
consiglio decise per la sua colpevolezza, pur attestando la sua
seminfermità di mente, e lo condannò all'ergastolo per omicidio
continuato nella persona dei genitori e fratricidio nei confronti del
fratello aggravato dalla continuazione del reato per coprire i reati
anzidetti, inoltre fu anche riconosciuto colpevole di occultamento
di cadavere.
Venne definito
socialmente pericoloso, prima della esecuzione della pena è stato
condannato a rimanere per tre anni in una casa di cura. Fu la prima
strage famigliare avvenuta in Italia a cui seguirono altri casi molto
noti perchè con una copertura mediatica che questo invece non ebbe.
Questo il fatto ma ci fu
un seguito, scontati circa 30 anni di detenzione, Percoco uscì
libero cittadino, nonostante avesse fatto quello che fece e iniziò
una relazione di convivenza con una donna di Torino che forse era
all'oscuro del suo passato.
Con essa si trasferì in
un piccolo e anonimo centro dell'Alessandrino, Ponti. Nessuno lo
conosceva e in quel piccolo paese, non esisteva neppure una caserma
del Carabinieri. La coppia era nota come “i bixjoux” dal nome del
cagnolino che la donna portava sempre con sé.
Era un perfetto
sconosciuto che poteva muoversi a suo piacimento, prese un piccolo
appartamento in affitto e disse di essere un pittore e in effetti
aveva una buona mano nel dipingere.
Ovviamente non parlava
mai del suo passato e dei suoi famigliari e a qualche domanda troppo
indiscreta rispondeva che erano morti in un incidente.
Appariva come una persona
molto calma e fin troppo controllato, un po come una molla compressa
ed infatti in alcune occasioni reagì violentemente a delle
osservazioni che una anziana signora gli fece e manifestò anche
interessi morbosi verso una dodicenne del posto che aveva
accompagnato con una scusa a Torino, città dove la sua convivente
abitava, e quando effettuava dei viaggi usava sempre il treno,
infatti non aveva la patente.
Robert Nicolick
Nessun commento:
Posta un commento