venerdì, marzo 30, 2018

la strage di Argelato ( Bologna)




Le stragi di Argelato
( Bologna)
Maggio 1945

Tra l'8 e l'11 maggio 1945, a guerra finita, elementi armati di fede comunista inquadrati nella brigata garibaldina “Paolo”, guidata da Marcello Zanetti e Vitaliano Bertuzzi, commisero due differenti stragi di abitanti della zona di Pieve di Cento, persone, uomini e donne, per la stragrande maggioranza non fascisti, anzi alcuni di loro, con sentimenti di intolleranza verso la RSI ma colpevoli di non avere un orientamento comunista e di non voler aderire a questa ideologia.

I massacri preceduti da sadiche torture, ebbero alcune caratteristiche molto particolari, vi furono coinvolti membri di diversi gruppi famigliari, i Costa, i Bonora e i Govoni. Altro particolare inquietante, non vennero usate armi da fuoco, infatti tutte le vittime furono strangolate.

La prima vittima ad essere presa fu una insegnante , Laura Emiliani, in seguito sempre gli stessi “prelevatori”, i partigiani Dino Cipollani e Guido Belletti agli ordini del commissario politico Caffeo, presero Sisto Costa, un anziano notabile suo tempo Podestà a San Pietro in Casale, sua moglie, Adelaide e anche il figlio Vincenzo.

Lo stesso gruppo di poliziotti ausiliari partigiani sequestrarono, arbitrariamente :Giuseppe Alborghetti, Dino Bonazzi, Guido Tartati, Ferdinando Melloni, Otello Moroni, Vanes Maccaferri, Augusto Zoccarato, Enrico Cavallini e Alfonso Cevolani, tutti residenti a Cento. Tutti i civili vennero portati nella sede del Comitato di liberazione, dove in comando era tale Luigi Borghi auto nominatosi “ufficiale superiore della polizia ausiliaria partigiana”.
In quella sede, al riparo di eventuali controlli delle autorità alleate, ebbe luogo una tragica farsa, una specie di tribunale del popolo presieduto da tale Adelmo Benni, che ovviamente giudicò colpevoli tutti i sequestrati e manco a dirlo emise per tutti una sentenza capitale, senza averne nessuna autorità.
Il fratello di Alfonso Cevolani, Guido riuscì ad entrare nella prigione e a convincere i partigiani a liberare suo fratello con cui si allontanò, dopo aver promesso il suo silenzio su quello che aveva visto e cioè i corpi dei prigionieri coperti di sangue a causa delle torture subite.
Il seguito fu come da copione, bastonate sui poveretti irrogate con grande ferocia, predazione dei valori ed effetti personali, spartiti poi tra i partigiani garibaldini e quindi la strage , compiuta strangolando, gesto di inaudita crudeltà, le vittime che poi vennero seppellite la notte del 9 maggio 1945 in una fossa comune in una località segreta.

Ma non era ancora finita, l'11 maggio 1945 , sempre i partigiani comunisti della “Paolo”, saliti su un autocarro iniziarono la ricerca dei componenti la famiglia Govoni, per cui nutrivano un immotivato odio, immotivato in quanto, degli otto fratelli Govoni solo due, Dino e Marino avevano aderito alla RSI.
La prima tappa, la fanno presso la casa del padre dove trovarono solo uno dei fratelli, Marino che prelevarono, quindi si recarono alla abitazione di Ida Govoni, di appena 20 anni, che in quel momento stava allattando la sua bimba , la presero e pestarono il marito che faceva resistenza al sequestro della moglie e che dovette desistere.
I partigiani comunisti raggiunsero il podere di Emilio Grazia, a Pieve di Cento, dove altri Govoni, Emo, Augusto, Ida, , Giuseppe, Primo , inconsapevoli, stavano ballando ad una festa campestre e con la scusa di fare degli accertamenti li convinsero a seguirli.
Mancava all'appello la sorella Maria, l'ottava dei Govoni che essendosi trasferita in altro paese, salvò la sua vita.
L'ultimo prelevamento viene fatto a breve distanza, a San Giorgio di piano nelle persone di : nonno Alberto, il padre Cesarino e il nipote Ivo Bonora, Guido Pancaldi, Ugo Bonora, Alberto Bonvicini, Giovanni Caliceti, , Guido Mattioli, Vinicio Testoni, Giacomo Malaguti , quest'ultimo era addirittura un ufficiale del regio esercito di appena 22 anni, che aveva combattuto contro i Tedeschi a Montecassino, aggregato all'esercito Britannico, noto per essere anticomunista proprio a causa delle atrocità commesse dai partigiani comunisti in quelle zone, per questo motivo, benchè anti fascista fu ammazzato anch'esso dai partigiani rossi.

Poi il camion carico di ostaggi ritorna alla casa colonica di Grazia, dove nel frattempo arrivano molti altri partigiani comunisti. Inizia all'interno della cascina una mattanza infernale, con torture, feroci pestaggi, violenze inaudite, che i partigiani comunisti scatenano su 29 persone inermi.

Non è dato di sapere cosa esattamente, accadde all'interno del cascinale, visto che nessuno sopravvisse pere raccontarlo e poi grazie ad una omertà impenetrabile da parte degli esecutori materiali di queste atrocità, ma è ipotizzabile che diverse decine di persone , a tutt'oggi non identificate, avvisate da qualcuno, giunsero appositamente, per partecipare alle sevizie e agli assassini.

Comunque anche in questa seconda strage non furono esplosi colpi di arma da fuoco e chi sopravvisse alle torture fu strangolato, dopo aver tolto la vita a tutti, gli assassini si divisero i beni delle vittime, occultarono i corpi in due fosse distinte, note solo a loro, si allontanarono nel buio della notte. Su questa strage, nota come l'eccidio di Argelato, calò una cappa di piombo, nessuno doveva sapere chi e come, l'aveva compiuta.

Caterina, la madre dei fratelli Govoni, la famiglia quasi del tutto sterminata, non si stancò mai di cercare la verità, di chiedere giustizia e almeno di conoscere il luogo della sepoltura dei suoi sette figli, e un giorno , un partigiano comunista, tale Filippo Lanzoni, la derise crudelmente in pubblico, dicendole che avrebbe dovuto cercarli con un cane da tartufi.
Si sa che col tempo le coscienze cominciano a pesare, non quelle degli assassini, ma bensì quella di Guido Cevolani, che decise di raccontare ai Carabinieri di Pieve ciò che aveva visto e soprattutto chi aveva visto.

Un coraggioso sottufficiale dei CC, Vincenzo Masala dopo un attento lavoro, portò a termine le indagini, e fra il 49 e il 51, furono trovate tre fosse comuni nella prima c'erano i corpi del primo sequestro , nella seconda 25 corpi ignoti e nella terza i cadaveri del secondo sequestro fra cui i Govoni, tutti con segni evidenti di torture e molteplici esiti di fratture causate delle feroci bastonature , nessuno presentava ferite da armi da fuoco e nessuna pallottola fu rinvenuta, a significare la causa della morte per strangolamento.

La procura di Modena dopo la fase istruttoria fece dei rinvii a giudizio nelle persone di Il processo presso la Corte di Assise, che ebbe luogo dal 1951 al 1953, si concluse con quattro ergastoli, comminati però esclusivamente per l’omicidio del tenente Malaguti, e non per gli altri omicidi. Le pene però, non vennero mai scontate da nessuno, in quanto i principali responsabili erano già riparati all’estero, in Cecoslovacchia. Inoltre l’amnistia Togliatti coprì tutti questi delitti.

Anni dopo, e dopo molte esitazioni, lo Stato riconobbe a Cesare e Caterina Govoni, i genitori la cui progenie era stata sterminata, una pensione di settemila lire: mille per ogni figlio trucidato.

Ancora oggi, idioti privi di ogni dignità umana vanno a scrivere stupidaggini sui manifesti commemorativi dei Govoni.

Roberto Nicolick



.



Nessun commento:

Posta un commento