sabato, aprile 14, 2018

L'omicidio di Giuseppe Fanin



L'omicidio di Giuseppe Fanin


Passeggiando per la splendida città di Bologna, nel quartiere San Donato non passa inosservata Via Giuseppe Fanin, la lapide lo identifica come sindacalista nato nel 1924 e morto nel novembre del 1948. 

Innanzi tutto, Giuseppe Fanin non è morto per cause naturali, ma fu assassinato bestialmente da elementi comunisti con una sbarra di ferro, il mandante di questo omicidio fu il segretario del PCI di San Giovanni in Persiceto, che in seguito si autoaccusò e fece anche i nomi degli esecutori materiali dell'omicidio.
Fanin non era un uomo qualunque, era un simbolo, un punto di riferimento sindacale senza essere comunista, in una zona ad alta densità rossa, dove chi non era comunista faceva vita grama.
Cattolico militante, dopo aver passato alcuni anni in seminario, ne esce e si diploma presso l'Istituto Agrario “Scarabelli” di Imola, poi si laurea in agraria all'Università di Bologna ed inizia a fare attività sindacale nelle ACLI.
Il periodo è tumultuoso, il PCI egemone nell'Emilia e Romagna si è allargato a macchia d'olio ovunque, il suo sindacato di bandiera la CGIL, non gradisce concorrenza in campo sindacale  a maggior ragione nel settore agrario, ma Fanin, persona onesta e moderata e soprattutto capace e competente, mina alla base il monopolio comunista creando invidie gelosie.
I coltivatori ascoltano questo uomo coraggioso e preparato che li consiglia, li segue con passione, senza interessi personali, la gente inizia a non ascoltare più i sindacalisti rossi. L'odio comunista verso questo personaggio scomodo, inizia a montare, in una terra dove le passioni politiche sono sempre state molto forti. Da subito viene orchestrata e diretta contro Fanin una campagna di odio feroce,  che però non lo intimorisce nella maniera più assoluta, perchè è sorretto da una fede Cristiana fortissima che lo spinge avanti senza deflettere.

A questo punto qualcuno inizia a pensare a qualcosa di più violento, anche nei fatti, della campagna di odio nei confronti del sindacalista Cattolico,  ha luogo una riunione segreta, di alcuni soggetti che decidono le modalità, i mezzi, il luogo e i tempi in cui dovrà avvenire una aggressione il cui bersaglio sarà il sindacalista cattolico. E’ un gruppo  per lo più di ex partigiani comunisti, che non hanno perso il vizio e l'attitudine alla violenza. Chi coordina la riunione è un certo Bonfiglioli, segretario locale della cellula del PCI, vi partecipano tre braccianti agricoli, Enrico Lanzarini, Renato Evangelisti e Indrio Morisi, anch'essi sono comunisti, non brillano certo per intelligenza ma per voglia di menare le mani infatti questi ultimi saranno gli esecutori materiali dell'aggressione e quindi dell’omicidio.
Nella tarda serata del 4 novembre 1948, Fanin sta tornando a casa, percorre in bicicletta, come sua abitudine, una delle tante strade bianche che si intersecano nella bassa pianura Emiliana,  c'è la nebbia che abbassa la visibilità quindi non si accorge subito di quello che sta per accadere,  a quel punto Lanzarini,  Evangelisti e  Morisi.  saltano fuori da una siepe dove si erano appostati e aggrediscono Fanin con dei bastoni e soprattutto con una spranga di ferro, la violenza con cui agiscono è bestiale e non ha nulla di umano, mentre la vittima è a terra i tre infieriscono con quegli strumenti, soprattutto sul capo. Chi brandisce la sbarra è il Lanzarini, mentre gli altri usano un bastone ma non risparmiano calci e pugni al povero corpo.
Dopo aver compiuto la loro opera si allontano con le biciclette che avevano nascosto poco lontano. Fanin è a terra agonizzante, muore la mattina successiva all'ospedale. Un legale amico di famiglia, si reca all'ospedale la mattina successiva e ha difficoltà a riconoscere nel corpo il Fanin tanto è stato  devastato nonostante lo conosca da anni.
Le indagini dei Carabinieri, coordinate da un ottimo ufficiale, il Capitano Fedi, sono immediate e minuziose, vanno nella direzione dell'odio politico e sociale, molti paesani di Fanin, di militanza comunista sono fermati ed interrogati ma l'attenzione dei Carabinieri si appunta soprattutto sul Bonfiglioli, che messo di fronte alla evidenza dei fatti il 20 novembre, vacilla e confessa di essere il mandante di quella, che a suo dire, doveva essere solo ed unicamente una lezione da dare a Fanin , fa anche i nomi degli esecutori che vengono arrestati all'alba, dopo che la sera prima erano ad applaudire l' On. Pajetta del PCI durante un comizio.
Esemplare è l'atteggiamento della famiglia di Fanin che non manifesta odio o voglia di vendetta ma spera solo nella giustizia e nel ravvedimento degli assassini.

Il processo per questo omicidio, si svolgerà all'Aquila nel novembre del 49, come per tanti altri delitti compiuti dai partigiani comunisti, nel triangolo della morte compreso tra Bologna, Reggio Emilia e Ferrara, in appello, dopo sei ore di camera di consiglio tutti e quattro gli imputati furono  ritenuti colpevoli di omicidio premeditato e aggravato con le attenuanti generiche, Bonfigliolini e Lazzarini vennero condannati a 23 anni di reclusione, Evangelisti e Morisi a 21 anni, mentre un imputato responsabile della campagna di odio contro Fanin fu prosciolto dalla accusa di istigazione al delitto.
Alla famiglia della vittima fu riconosciuto un indennizzo simbolico di una lira e la sbarra con cui venne compiuto l'omicidio è ancora ora, esposta al museo criminale di Roma.
La figura di Giuseppe Fanin, uomo illuminato e liberale, ne esce gigantesca a livello civile e morale sullo sfondo di questa vicenda, i suoi assassini, mandanti e detrattori appaiono per quello che sono soggetti di scarsissimo rilievo  morale e civile, privi di ogni spessore anche minimo intellettivo, materiale umano pronti a farsi manipolare dai capi di un partito massimalista e dittatoriale. Giovanni Guareschi nato in quella zona, conobbe molto bene questo tipo di individui e li definì con un termine che si attagliava benissimo “ trinariciuti”.

Iniziò un processo di beatificazione nei confronti di Giuseppe Fanin che ebbe da subito la qualifica di “Servo di Dio”, al suo nome vennero intitolate delle vie a Bologna, Imola e San Giovanni in Persiceto.

Roberto Nicolick ( testo elaborato sulla base di articoli di quotidiani dell’epoca )

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