Prima e dopo il 25 aprile
1945, ci fu in Liguria, Piemonte e Lombardia una vera e propria
guerra civile sempre più sanguinosa, tra Italiani, che portò a
migliaia di vittime, soprattutto civili, spesso totalmente estranee
ed incolpevoli.
Queste violenze nelle
immediatezze del 1945 divennero a senso unico, nel senso che ad
essere ammazzati, e spesso anche a sparire senza lasciare traccia,
furono prevalentemente i Fascisti Repubblicani, i loro parenti e
anche i loro amici. Questo odio e questa ferocia furono peculiari e
tipici del nord Italia, dove operavano le brigate garibaldine di
ispirazione comunista, all’opposto in altre zone, come per esempio
il Lazio e nella stessa Roma, i partigiani socialisti della Brigata
Matteotti, consegnarono le armi agli alleati e in diverse occasioni
contribuirono alla ricostruzione di interi quartieri, distrutti dalla
guerra, sostituendo al mitra il piccone e il badile, aiutando in modo
concreto la popolazione civile.
Invece in Liguria le
barbarie furono guidate e dirette dall’alto con una strategia
molto precisa tesa alla eliminazione fisica di quanti più fascisti
fosse possibile, oppure, nei piccoli centri, spesso furono
stupidamente spontanee, e comunque non si fermarono con la
Liberazione, ma si protrassero anche alcuni anni dopo il 25 aprile
1945, seminando lutti inutili e dolori ancora vivi oggi.
Il semplice sospetto di
essere o essere stati vicini, in qualche maniera, al regime fascista
repubblicano poteva fare la differenza tra la vita e la morte. C’è
da aggiungere che in questo bagno di sangue, c’era molto di
personale oltre che di ideologico.
E’ emblematico il caso
di Savona, che fu teatro di una lunga serie di omicidi, commessi dal
1945 sino al 1947, sempre con la stessa arma : una pistola automatica
calibro 7,65 mm. maneggiata con il soppressore del rumore di sparo,
anche noto come moderatore di suono e comunemente chiamato
silenziatore da cui il nome di “pistola silenziosa”.
L’arma, fu fabbricata
nel 1935 e quasi certamente venne paracadutata, con uno dei tanti
lanci con cui gli alleati rifornivano di armi e munizioni le
formazioni partigiane, che agivano nel basso Piemonte, nella Liguria,
e in Emilia Romagna, molte di queste pistole automatiche sparirono
per la loro novità e per il fatto che potevano tornare utili nella
guerra civile.
L’arma venne
sicuramente impugnata da mani diverse a seconda dei casi, leggera e
maneggevole, colpiva con discreta precisione a usata a breve
distanza, per cui non poteva fallire il bersaglio e risultava letale.
Le vittime variavano
molto tra di loro : Fascisti Repubblicani di ambo i sessi e di tutte
le età, presunti collaboranti del Regime Repubblichino, persone
benestanti e persino esponenti della resistenza non comunisti e, caso
eclatante, anche un Commissario della Polizia, che stava indagando
proprio su questa catena di omicidi, si chiamava Amilcare Salemi.
Questa arma di piccole
dimensioni appariva improvvisamente dove serviva, sparava ammazzando
i “nemici del popolo” o presunti tali, una categoria molto vasta,
compiuta la eliminazione, tornava ad essere occultata dai killer o
dai loro fiancheggiatori.
Non venne mai ritrovata,
anche perché non venne mai cercata con grande convinzione. Qualche
segnalazione anonima affermava che dopo ogni omicidio, veniva
occultata da qualche parte nei locali della lugubre vecchia Questura
di Savona, palazzo Santa Chiara, un tempo questo edificio ebbe la
funzione di convento, oppure un'altra voce la colloca nei meandri del
gigantesco e vetusto ospedale della città, il San Paolo.
C’è una certa logica
in queste due localizzazioni, che parrebbero generiche ma che
all’opposto sono molto rivelatrici di chi potesse essere la mente
o l’esecutore materiale: nel 1945 e a seguire per un breve periodo,
la polizia che svolgeva questa funzione, era quella ausiliaria
partigiana, quindi composta nella quasi totalità da ex partigiani
comunisti, che detenevano ancora le armi e moltissimi di questi
poliziotti, credevano e speravano in un cambiamento radicale della
società, dove le conquiste fatte attraverso la lotta armata al
fascismo, dovessero essere mantenute e non sprecate, in una inutile
dialettica politica con chi non era di fede comunista, i Cattolici, i
Liberali in genere e i Socialisti.
Anche i vertici della
Questura erano tutti schierati : il Questore era un ex partigiano, il
Commissario funzionario, aggiunto, che dirigeva la cosiddetta Squadra
Politica della Questura e l’ufficiale comandante dei questurini
erano ex appartenenti alle formazioni partigiane comuniste.
L’Ospedale San Paolo,
aveva al suo interno molti infermieri, ausiliari o generici, anche
loro orientati politicamente ad una forte obbedienza comunista, anzi,
proprio uno di loro, noto per il suo passato sportivo e per il
carattere particolarmente aggressivo, subirà una chiamata a correo e
verrà indagato per questi omicidi ma ne uscirà prosciolto, vista
l’assenza di prove e di testimoni che avessero il fegato di
“cantare” .
Questi due grandi
fabbricati , la vecchia ex Questura e il vecchio ex Ospedale, il San
Paolo, hanno da tempo perso la loro funzione , frequentati soltanto
dalle maestranze che li stanno ristrutturando, e magari in qualche
angolo, molto nascosto e buio, arrugginisce una vecchia pistola
automatica che sparse a Savona tanto sangue.
Riporto una vecchia
segnalazione che non so neppure se sia mai stata controllata : l’arma
di tanti omicidi, una dozzina circa, sarebbe stata occultata nello
sciacquone di un bagno della Questura, occupata dagli agenti della
polizia ausiliaria partigiana, oppure nel vecchio Ospedale san Paolo
dove un gruppo di portantini di fede comunista l’avrebbero anche
lì, preservata da occhi indiscreti.
La popolazione Savonese
fu terrorizzata da questa catena di omicidi, che avvenivano a cadenza
irregolare e aciclica accavallandosi tra di loro, colpendo sempre da
una parte sola, lasciando indenne un’altra fazione, facile da
intuire.
I media locali e
nazionali, si interessarono molto di questi eventi e coniarono un
termine giornalistico che colpì l’immaginario collettivo :“ I
delitti della pistola silenziosa”.
Si voleva chiudere i
conti usando metodi terroristici , una volta per tutte, con i
Fascisti che avevano aderito alla Repubblica Sociale in Savona,
soprattutto quelli che, fiutato il vento, erano riusciti a fuggire
prima del il 25 aprile e che stavano tornando a casa , dalle
famiglie.
Oppure si voleva punire
spietatamente quelli che erano stati condannati dalle C.A.S., le
Corti di Assise Speciali, a pene lievi, troppo lievi e che
successivamente erano tornati liberi cittadini ma anche comodi
bersagli.
Le esecuzioni sommarie di
massa, come quella del Colle del Cadibona o quella del carcere di
Finalborgo, avevano attirato troppo l’attenzione degli alleati e
della giustizia , mentre questi omicidi compiuti chirurgicamente e
singolarmente, prevedevano una organizzazione molto più facile e la
presenza di un solo sicario , determinato, alla stessa stregua dei
numerosi omicidi eseguiti dalle Brigate Rosse negli anni di piombo
degli anni 70 e 80.
C’era sicuramente anche
odio e tanta voglia di vendetta, nati in menti semplici ed
alimentato da altri molto più scaltri manipolatori: uno passava dei
mesi sui monti, a fare il “ribelle”, facendo la guerriglia
contro i Fascisti e poi se li vedeva passeggiare tranquillamente per
la strada, come se niente fosse.
Ma c’erano anche altre
spiegazioni inconfessabili, che non potevano e non dovevano essere
dette ma che si sussurravano con grande prudenza anche all'interno
degli stessi gruppi partigiani, e che parlavano di facili e
improvvisi arricchimenti , di violenze gratuite soprattutto su donne,
prese sole e indifese, di vendette un pò troppo personali, di corna
da vendicare, di innamorati respinti e irritati dal rifiuto, di cambi
repentini di uniformi, da Fascista a Partigiano e viceversa, episodi
molto scomodi da coprire, assolutamente ed in fretta, magari usando
le armi..
Collegata a tutta questa
serie di esecuzioni singole, compiute usando la pistola silenziosa
nel periodo 1945 – 1947, c’erano anche stragi di intere famiglie,
una in particolare molto benestante , proprietaria di immobili,
avvenuta in una notte di maggio del 1945.
Fu un terribile eccidio
di un padre, una madre, la figlia compresa la domestica, i
Biamonti, un vero e proprio macello, che si voleva far passare
assolutamente sotto silenzio, dopo tre anni la Giustizia , quella
vera individuò i responsabili: tre partigiani comunisti di cui uno
solo, Vittorio Luigi Rossi pagò, con lo sconto, questa strage fatta
a guerra finita, questo soggetto in seguito entrerà nelle indagini
sugli omicidi della pistola silenziosa, in particolare quello di un
funzionario della polizia ma ne uscirà prosciolto.
Di altre stragi
famigliari non si troveranno mai i responsabili: I Turchi, i Biestra,
gli Scali e altri.
Gli omicidi avvenuti a
Savona erano connessi strettamente tra di loro, ed erano il frutto di
una attenta regia che aveva come scopo, anche, quello di fare tabula
rasa dei Fascisti Repubblicani scampati allo scannamento generale ma,
soprattutto, faceva parte della la strategia di copertura e
insabbiamento di altre situazioni imbarazzanti e che era meglio non
venissero a galla, per non danneggiare l’immagine della Resistenza
in quanto doveva essere mito intangibile.
Infatti c’era un’altra
teoria su alcuni di questi omicidi, alcuni dei repubblicani
assassinati avevano fatto parte dell’U.P.I. , il servizio
informativo della R.S.I. , questi agenti avevano avuto dei contatti
con partigiani comunisti, ricevendo informazioni su gruppi della
resistenza non comunisti, i quali erano stati disarticolati, era un
patto scellerato che non doveva venire alla luce.
Qualcuno aveva tradito i
propri compagni di lotta e per coprire questi tradimenti aveva messo
a tacere chi poteva raccontare la storia.
L’impressione generale
e dei pochissimi che indagavano, era che un killer armato, preciso e
letale, si aggirasse indisturbato per Savona, alla ricerca di
vittime, seguendo uno schema, noto solo alla sua mente, ma ignoto a
tutti gli altri. In realtà non era un killer solitario ma una
associazione di criminali, con qualche mente raffinata e utili
gregari, che agiva con grande efficienza.
Era terrorismo, laddove
per terrorismo si intende : un serie di fatti
criminali diretti contro lo stato, il cui lo scopo è di
provocare terrore nella popolazione o in gruppi di persone. (
continua )
Roberto
Nicolick
(
Estratto dal mio prossimo libro )
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