La strage di Torriglia
Torriglia è un piccolo
centro abitato a poca distanza dalla grande Genova, dopo il 25 aprile
1945 in una data imprecisata, i partigiani comunisti della zona
avevano fermato e imprigionato cinque giovani, che secondo loro
avevano collaborato con i Tedeschi, in realtà questi ragazzi non
avevano mai partecipato a rastrellamenti contro partigiani o a
rappresaglie nei confronti di popolazioni civili, i loro nomi erano :
Giovanni Battista Coceancing, Mario Rosset entrambi ufficiali dei
bersaglieri della Divisione Italia, consegnatisi in base alle leggi
di guerra ai partigiani del comando San Gottardo, Baldassarre
Zappulla sergente di artiglieria , malato di pleurite e
impossibilitato a fuggire, Giovanni De Sena ufficiale responsabile
del magazzino di Alessandria, sito presso la cittadella, che non
aveva mai partecipato ad alcuna azione di fuoco e Umberto Castelli ex
partigiano già prigioniero dei repubblicani e obbligato a fare parte
delle formazioni militari della RSI.
Mario Rosset si era anche
prestato a fare opera di convincimento verso un gruppo di militari
Tedeschi di presidio ad una fortificazione a cedere le armi, con
questo suo gesto aveva evitato ad un ulteriore spargimento di sangue
e aveva guadagnato un salvacondotto dalle forze partigiane.
Nonostante la guerra
fosse finita, nonostante la volontà di collaborare, dei cinque
giovani i partigiani comunisti locali li associarono alle carceri
mandamentali di Torriglia e dopo pochi giorni, la sera del 5 maggio
1945, cinque partigiani rossi si presentarono in quel posto, per
prelevarli e per “farli interrogare dal CNL di Genova” .
I prigionieri avevano da
subito capito quale sarebbe stata la loro sorte e chiesero i conforti
religiosi dal Parroco di Torriglia a cui consegnarono delle lettere
per i loro parenti in cui fecero i nomi dei partigiani che di lì a
poco li avrebbero assassinati, dopo averli spogliati di ogni effetto
personale. I poveri ragazzi furono portati in località Cà Bianca e
in quel luogo assassinati a raffiche di mitra in quello che fu una
strage ingiustificata e illegale oltrechè inumana. Dalle lettere
delle vittime di questa feroce esecuzione si poterono apprendere i
nomi dei boia : Guido Galiano Petrini “Serpente” di Acqui Terme,
Ermanno Forte di Avellino “Acquila”, Angelo Giovanni Cimbrico di
Genova “Gratta”, degli altri due boia si potè conoscere solo il
soprannome di battaglia “ Leone “ e “studente” ma la loro
identità non fu mai chiarita nonostante le indagini che i
Carabinieri e il procuratore portando avanti in quanto essi avevano
posto in essere nell'eccidio agendo di loro completa iniziativa né
in fatto di guerra, né su ordine superiore e soprattutto fuori dei
limiti della amnistia.
Roberto Nicolick
( manovalanza della libertà
)
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