sabato, gennaio 18, 2020

Giuseppe Fanin


Il barbaro omicidio di Giuseppe Fanin
San Giuseppe Persiceto ( Bologna )
5 novembre 1948
Muore la carne infranta, resta immortale lo spirito e l’idea”
epigrafe sul santino che annunciava la morte di Giuseppe Fanin

La famiglia Fanin nel dopoguerra emigra dal Veneto in Emilia a San Giovanni Persiceto, un centro di ventimila abitanti della provincia di Bologna, sono agricoltori e Cattolici, coniugano la zappa con il libro da messa, due genitori con 7 figli, il più intelligente dei quali , quello laureato è Giuseppe Fanin , buono e disponibile ma sempre animato da un'etica Cristiana, si impegna subito nel campo sindacale in un territorio dominato dalle leghe rosse, una zona dove rompere il monopolio dei sindacalisti comunisti è molto difficile e soprattutto pericoloso.
I sindacalisti rossi sono tutti ex partigiani , hanno giustiziato sommariamente tanti poveri cristi nel noto triangolo rosso della morte, i Carabinieri sospettano che nascondano ancora armi e che non abbiano scrupoli ad usarle contro quelli che si oppongono ai loro picchetti, c'è poco da scherzare.
In quel periodo i sindacati e gli agrari discutevano del patto di compartecipazione agricola, una novità per quegli anni. Fanin che nel frattempo è diventato segretario provinciale delle ACLI – Terra di Bologna, inizia ad acquisire consenso tra i braccianti, è benvisto ed ascoltato, gira animato dal suo entusiasmo e toglie spazio e iscritti ai sindacati tradizionali.
Quando nel luglio del 1948 un attentatore spara a Togliatti, una trentina di energumeni assale la sede del sindacato bianco e picchia Fanin dopo aver devastato la sede, il segretario è costretto a darsi alla fuga in quell'occasione.
Ma Fanin non si fa spaventare, continua ad essere sempre più scomodo per i sindacati rossi soprattutto quando siede al tavolo con gli agrari per definire le assunzioni dei braccianti, ovviamente mette in crisi il sistema di monopolio che i comunisti avevano instaurato, e riesce a fare assumere agricoltori non di fede comunista.
Fanin affascinante e intelligente è pericoloso per il sistema. Le leghe rosse fanno affiggere dei manifesti in paese dove lo definiscono “servo sciocco degli agrari”, tentano di isolarlo per spaventarlo, una vecchia tattica dei comunisti.
Il giorno successivo si sarebbe svolta una adunata degli operai del canapificio locale dove Fanin avrebbe fatto un intervento, bisognava tacitarlo.
Si decide di dargli una lezione, il segretario della cellula del PCI di San Giovanni in Persiceto, Gino Bonfiglioli si assume questo incarico, convoca un certo Gian Enrico Lanzarini, ex partigiano già noto per altri misfatti e lo invita in modo spiccio a formare una squadra di picchiatori.
Lanzarini faceva già parte di una banda nota come la banda degli otto, nota nel triangolo della morte dell'Emilia per rapine e omicidi, per lui non è una grossa difficoltà trovare due altri soggetti con cui dare una lezione al Fanin e li trova nelle persone di Renato Evangelisti e Andrio Morisi, braccianti e soprattutto ex partigiani comunisti, sono tutti giovani tra i venti e i ventisette anni, non di grande intelligenza, gregari fedeli del partito.
Bonfiglioli fornisce l'arma per dare la lezione a Fanin, una sbarra di ferro e in quella notte nebbiosa del 5 novembre del 1948, i tre si appostano lungo la strada che porta Fanin verso la sua abitazione.
Quella sera il giovane sindacalista era andato a trovare la fidanzata, Lidia Risi, e alle 22 circa pedalava sulla bicicletta nel buio e nella nebbia attraverso una strada di campagna. Appena Giuseppe Fanin transita accanto alla siepe, i tre figuri gli balzano addosso gettandolo a terra, poi con una violenza dettata da un odio bestiale iniziano a colpirlo con la sbarra di ferro, usandola sia come una mazza ma anche di punta come una lancia, una pioggia di colpi ferisce la vittima, per dare alle percosse la stessa violenza bestiale i tre si passano la sbarra, il cranio è letteralmente sfondato e alcuni colpi di punta verranno inferti nelle natiche come per sodomizzare quel democristiano che non voleva piegarsi ai voleri del vero ed unico sindacato.
Quando gli aggressori hanno finito il loro sporco lavoro, la vittima giace a terra in una pozza di sangue. Mentre la banda festeggia in osteria, alle 1,50 un uomo transita sul luogo dell'aggressione e trova il corpo a terra, subito pensa ad un ubriaco poi nota il sangue e corre subito a chiamare i Carabinieri.
Il povero Fanin si spegnerà all'ospedale di San Giovanni Persiceto senza riprendere conoscenza, era talmente sfigurato , che un suo intimo amico ebbe difficoltà a riconoscerlo.
Le indagini puntano ad un omicidio a carattere politico e i Carabinieri effettuano numerosi fermi in abito sindacale e di partito, provocando violente reazioni dei vertici comunisti dell'Emilia che gridano alla persecuzione politica.
Da Bologna arriva addirittura l'on. Paietta a fare un pubblico comizio in cui stigmatizzerà i fermi di polizia verso brave persone colpevoli solo di essere comuniste.
Fra i numerosi fermati ci sono anche i responsabili dell'omicidio, ma dopo pochi giorni tutti vengono rilasciati, è solo una mossa strategica dei Carabinieri, guidati dal Capitano Fedi, un ufficiale intelligente e preparato che sa benissimo che in quella regione rossa è meglio usare il cervello e solo dopo i muscoli.
Alcuni carabinieri , venuti da fuori regione, si infiltrano nei locali, attraversano i mercati, girano in lungo e in largo il territorio e raccolgono voci,confidenze e dati oggettivi da elaborare.
Appena si è sicuri degli indizi raccolti, un forte contingente di Carabinieri entra in paese alle due del mattino e va a tirare giù dal letto il segretario della cellula comunista Bonfiglioli e i suoi tre sicari, Lanzarini, Evangelisti e Morisi, il primo a crollare è proprio il mandante che in lacrime convincerà Lanzarini a confessare, gli altri due resisteranno un po di più ma alla fine anch'essi ammetteranno le loro responsabilità. Tuttavia preciseranno di aver voluto dare a Fanin solo ed unicamente una sonora lezione che purtroppo è andata al di là delle loro intenzioni.
Verranno rinviati a giudizio, il processo di primo grado si volge presso la Corte di Assise dell'Aquila per evitare suggestioni e condizionamenti da parte dell'opinione pubblica orientata a favore dei quattro imputati, la prima condanna sarà di pene variabili tra i ventuno e i ventitre anni, la pena venne confermata presso la Corte d'Appello di Roma e infine nel 1953 anche in Cassazione.
La famiglia della vittima si costituì parte civile ma alla fine espresso il perdono Cristiano agli assassini,  
La pena non venne scontata del tutto. Bonfiglioli e Lanzarini rimasero in galera per 17 anni, di cui tre in libertà vigilata; Morisi ed Evangelisti per 15 anni, di cui tre di libertà vigilata. Una delle ragioni dello sconto della pena, oltre alla buona condotta, fu dovuta al perdono concesso dalla famiglia Fanin.

Fanin con il suo martirio affrontato nel nome degli ideali Cattolici, trascese la sua figura umana e la Chiesa per il suo impegno a favore degli umili lo nominò Servo di Dio.
La violenza comunista , cieca, brutale, assurda non riuscì a oscurare una persona così luminosa come Giovanni Fanin.

Roberto Nicolick

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