venerdì, aprile 24, 2020

Gli omicidi del partigiano Mazzini, detto comandante Barbano




Ci avviciniamo alla cosiddetta festa del 25 aprile e io, credendo nella verità a 360°, continuo a postare i frutti delle mie piccole ricerche su crimini compiuti da soggetti che usarono la resistenza come paravento per commettere,da impuniti, soprusi, estorsioni e ricatti, stupri ed omicidi. Tutte le mie ricerche sono state fatte con obiettività, freddezza, in modo asettico e senza esprimere opinioni , non sono un passionale ma solo ed unicamente un divulgatore di fatti realmente accaduti.

Fiano è un piccolo comune delle Valli di Lanzo, a poca distanza da Torino, nel corso della seconda guerra, fu meta di numerosi sfollati che dal capoluogo di regione vi erano giunti per sfuggire ai bombardamenti alleati, che martellavano Torino. Il Sindaco di Fiano e il Maresciallo dei Carabinieri avevano provveduto alla sistemazione di tutti questi profughi, sistemazione non sempre molto comoda ma tuttavia era sempre meglio che vivere sotto l'incubo delle bombe alleate.
Fra questi sfollati c'era un certo Angelo Mazzini , anch'egli evacuato assieme alla moglie. Mazzini è nativo di Casale Monferrato, è un soggetto deciso e sa quello che vuole, dopo il 1943, si unisce da una brigata partigiana che opera in Piemonte, la prima zona, e in parte della Lombardia, assieme a lui agiscono due suoi fedeli gregari, Walter Brossa e Giuseppe Percudani, ma è chiaro che il leader è Mazzini, nome di battaglia colonnello Barbano.
Non a caso Mazzini sarà al centro di indagini e istruttorie per tutta una serie di crimini e per quattro omicidi, già nel 1939 aveva aggredito verbalmente e fisicamente due agenti di polizia, la cosa poi era passata sotto amnistia .
Mazzini era notoriamente un prepotente, a Fiano aveva un orto in comune con la famiglia Bettini e frequenti erano le controversie per la divisione delle verdure, che Mazzini risolveva invariabilmente impugnando una pistola e minacciando la moglie di Bettini, Rosalia Regina Enria.
Quindi non fu casuale che uno dei primi omicidi di cui fu accusato fosse proprio quello della Torinese Rosalia Regina Enria, accusata sempre dal Mazzini, di essere una spia dei Fascisti, una accusa assolutamente infondata in quanto la povera donna addirittura ospitava un prigioniero Britannico sfuggito da un campo di prigionia, Thomas Jones.
Rosalia per replicare a questa accusa si presentò volontariamente al comando partigiano, accompagnata dal militare Inglese il quale doveva testimoniare a favore della sua buona fede, entrambi appena entrarono nel comando sparirono e i loro due corpi vennero trovati crivellati di colpi sulla strada tra Pessinetto e Ceres il 22 di agosto del 1944. La donna non sapeva che Mazzini aveva addirittura detto al Prete di Fiano, Don Bazzoli, che alla prima occasione l'avrebbe uccisa.
Ovviamente gli assassini non si limitarono ad ucciderli, ma tentarono anche di infangare la memoria della povera donna affermando che lei e Jones erano amanti .
Il marito della Rosalia tuttavia non se ne stette, e iniziò ad indagare per scoprire chi fossero gli assassini della moglie ma soprattutto per riabilitarne la memoria, raccolse un dossier e forse si avvicinò troppo alla verità, infatti un testimone affermò che Mazzini disse “ Bettini gira un po troppo e ciò può darci dei fastidi , è più conveniente toglierlo di mezzo” , detto fatto, Bettini fu ucciso con due colpi alla nuca, il 30 maggio del 1945 a Torino e il suo cadavere abbandonato in Corso Tirreno con un cartello attaccato al petto con scritto “spia confessa”. In realtà Bettini era una persona per bene, non era un delatore, e le maestranze della Snia Viscosa dove egli lavorava, piansero la sua morte lo commemorarono con una lapide nello stabilimento.
E forse anche la giovanissima figlia, Fiorenza Bettini avrebbe fatto la stessa fine dei genitori se la polizia alleata non la avesse nascosta presso una casa sicura a Torino. Fiorenza Bettini nel 1952 testimonierà fra le lacrime al processo in corte di assise a Genova contro gli assassini dei suoi genitori.
Anche i gregari di Mazzini non risparmiavano il piombo, una ragazza di appena 18 anni, Jole Cocco in Brunetti, sempre con l'accusa di essere collaborazionista dei nazisti, fu rapita e portata a Carignano, Torino, sottoposta da una farsa di processo del popolo e giustiziata sommariamente a Carmagnola il 28 aprile del 1945, in realtà era solo la punizione per un rifiuto ad una richiesta sessuale.
Un'altra vittima della triade Mazzini, Brossa e Percudani, fu un'altra brava persona, il Dott. Mario Rigoni, medico condotto di Melegnano, nonché marito di una nipote di Mazzini, fu rapito l'otto maggio del 1945 e messo su un'auto, con l'accusa di essere amico di un gerarca, Farinacci, lungo la strada, sul ponte del Ticino, lo fecero scendere e gli spararono, venne assassinato con la motivazione, falsa, che aveva tentato di fuggire, poi i suoi assassini si divisero il suo portafoglio e l'orologio d'oro che finì al polso di Mazzini.

Negli anni 50 la Giustizia si mosse, Mazzini e i suoi compagni furono processati e condannati in primo grado a 30 anni di carcere il primo e Brossa a 12 anni, furono inoltre riconosciuti responsabili dell'omicidio del Dottor Rigoni e di Domenico Bettini mentre per gli altri omicidi furono prosciolti.

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