Quella mattina,
Maggiorino Genero, l'ex partigiano Rebus, stava alzando
tranquillamente le serrande del suo negozio a Moncalieri, Torino,
erano le sette del 3 aprile 1955, quando ritornò bruscamente alla
realtà quando si trovò davanti due carabinieri che dopo avergli
notificato un decreto di condanna definitiva, gli misero i ferri ai
polsi e lo portarono alle Nuove.
Chi era Maggiorino
Genero, nome di battaglia rebus, era un ex partigiano che operava con
la sua banda a Buttigliera D'Asti, e si rese protagonista di uno
delle più feroci gesti di violenza in quella zona, assieme ai suoi
gregari, Francesco Olivieri, Felice Andriano e Antonio Gallo
irruppero nella canonica di Buttigliera, nella notte del 2 aprile
1945, picchiarono con inaudita violenza Don Luigi Solaro e la
perpetua Francesca Borelli vedova Monnet, dopo averli pestati li
uccisero senza pietà e poi come di consueto si dedicarono a
svaligiare la canonica, rubarono oro e argenti per un valore di ben 4
milioni di lire.
Dalla fase istruttoria
emerse che il povero prete immobilizzato su una sedia da una
paralisi , mentre veniva pestato a sangue dai tre criminali
implorasse pietà, stessa cosa fece la povera signora Borelli, ma non
ci fu nessuna misericordia anzi solo odio e livore.
La strage bestiale
sollevò nella zona una profonda indignazione e il CLN locale convocò
i tre partigiani e loro naturalmente giustificarono il duplice
omicidio, con la solita motivazione, di aver “giustiziato” due
persone ostili al movimento partigiano e soprattutto spie fasciste.
Tuttavia , tanto per evitarsi dei problemi con la polizia alleata i
tre si resero irreperibili , nel frattempo fu istruito un regolare
procedimento penale nei loro confronti e vennero posti in stato di
fermo, il Gallo che era latitante a Cairo Montenotte, forse vinto
dal rimorso per quello che avevano fatto, si tolse alla vita dopo
aver scritto una lettera alla moglie in cui esprimeva pentimento
anche se tardivo.
Nel dicembre del 49 fu
celebrato il primo processo presso la Corte di Assise di Venezia che
si concluse con la condanna di Genero, Rebus, a 24 anni di reclusione
per omicidio continua ed aggravato, furto ed estorsione, i giudici
gli accordarono le attenuanti generiche e le ritennero prevalenti
sulle aggravanti.
Assolsero gli altri due
imputati, Olivieri, Andriano e Pertusio ritenendoli non punibili per
aver eseguito degli ordini. Rebus impugnò la sentenza e il processo
di appello si svolse sempre a Venezia nel novembre del 1952, nel
corso del processo Genero affermò addirittura di non aver avuto il
cuore di sopprimere le due “spie fasciste” e di aver dato
incarico ai suoi gregari di farlo, nel frattempo sopravvenne amnistia
e il dubplice omicidio fu rubricato come atto di guerra pertanto gli
imputati furono scarcerati.
Questa volta fu il P.M.
Ad impugnare la sentenza affermando che il movente politico del
delitto era stato solo un pretesto per mascherare gli omicidi e la
rapina. La Cassazione accolse il ricorso ed assegnò un terzo
processo alla alla Corte di Assise di Milano che nel marzo del 1954,
confermò la condanna a 24 anni di reclusione, inflitta nel primo
giudizio. Ma la sentenza non venne eseguita perchè Genero impugnò
anche questa sentenza rimanendo in libertà.
Il partigiano
pluriomicida pensava oramai di non dover più scontare la sua pena,
nonostante le condanne e e si diede da fare per trovarsi una
occupazione aprendo un negozio , per mettere su casa e si sposò,
ebbe anche un figlio che chiamò Roberto.
Genero viveva tranquillo
e contento nonostante avesse le mani sporche di sangue innocente,
intanto la Suprema Corte di Cassazione aveva respinto il suo ricorso
e la sentenza diventava definitiva e la relativa comunicazione venne
inviata ai Carabinieri di Moncalieri che sul presto si recarono in
Via Genova, dove egli aveva aperto una piccola attività e lo
aspettarono, alle 7 il Genero arrivò e cominciò a tirare su le
serrande , quasi subito si sentì mettere una mano sulla sulla
spalla, si voltò, vide i due carabinieri e comprese.
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