lunedì, giugno 29, 2020

Il Dottor Umberto Montanari


Il Dottor Umberto Montanari
19 maggio 1946
Piumazzo ( Castelfranco Emilia - Modena )
Il Dottor Umberto Montanari era il medico condotto di Piumazzo , una grossa frazione di cinquemila abitanti del comune di Castefranco Emilia, in provincia di Modena, una zona che fa parte del triangolo rosso della morte e del terrore.
Montanari nativo di Bologna, classe 1887, si laurea nel 1913 , partecipa alla prima guerra mondiale dove da prova della sua abilità medica, curando ferite terribili anche sotto il fuoco nemico, viene fatto prigioniero dagli Austroungarici e passa un periodo di prigionia in Ungheria, quando liberato torna in Italia riceve la Croce di Savoia.
E' un ottimo professionista che non si è mai sottratto al giuramento di Ippocrate, durante il periodo insurrezionale ha sempre curato i partigiani feriti negli scontri con i Fascisti, la gente di Castelfranco Emilia ha molta stima di lui.
Non lo stesso concetto che i militanti comunisti hanno del medico che giudicano come un antifascista tiepido ed opportunista, e a loro dire non si curava dei poveri. Al medico vengono rivolte diverse minacce ed è famosa la frase “ bandiera rossa al dottore la testa dobbiam tagliare”. C'è un fatto che la dice lunga sulla correttezza del medico e sul clima che giovani partigiani comunisti volevano imporre in quelle terre, una notte tre giovani partigiani esaltati, si recano dall'abitazione del macellaio di Piumazzo, Gioaccino Lodi, socialista che aveva protestato. pubblicamente contro i prelevamenti notturni di ex fascisti che poi sparivano senza lasciare traccia. Quella sera i partigiani comunisti gli fecero visita e sicuramente avevano in programma anche la sparizione del macellaio dissensiente dei loro metodi, e gli chiedono di scendere per andare con loro in quanto il CLN aveva bisogno di parlargli, era indubbiamente una scusa per farlo uscire e poi sparire.
Lodi non è stupido, si affaccia dal secondo piano e invita i tre giovinastri a tornare l'indomani di mattina. I tre insistono e il macellaio lancia una granata tedesca, avuta dai Tedeschi in cambio di carne, che scoppia e ferisce al basso ventre uno dei tre. Il ragazzo viene portato dal Dottor Montanari, che svegliato nel cuore della notte, tenta un disperato intervento in ambulatorio ma è troppo tardi e il giovane muore sotto i ferri.
I due superstiti però vogliono un certificato di morte naturale, cosa che visto lo stato del corpo non è possibile, vogliono che il medico scriva che è morto per indigestione altrimenti sono disposti a mandare il dottore da San Pietro. Montanari, vista la situazione, acconsente a parole, ma non redige alcun certificato ne lo firma, anzi in seguito fa una denuncia contro i due, forse fu per questo preciso motivo che egli era odiato dai partigiani comunisti, non obbediva agli ordini .
La sera del 18 maggio 1946, un gruppo di persone si riunì presso la Casa del Popolo di Piumazzo, all'ordine del giorno di questa ristretta e riservatissima riunione c'era la soppressione del dottor Montanari.
Alla seduta parteciparono Amedeo Golfieri segretario locale dell'ANPI; Giulio Mantovani militante del PCI, Bruno Graziosi segretario della cellula del PCI di Piumazzo, Dante Santi e Armando Bruni.
In pratica questa riunione fu un tribunale del popolo composto da militanti comunisti , tutti ex partigiani rossi, che emisero animati solo dall'odio e dalla insoddisfazione personale, una sentenza di morte nei confronti di una brava persona, assente e quindi non in grado di difendersi da delle accuse cervellotiche e basate sul nulla.
Inoltre il dottore oltre ad essere intelligente, colto e benestante era anche una bella persona dai bei modi, al cui fascino le donne erano molto sensibili, tutte qualità che mancavano ai suoi detrattori ed “odiatori”, tutti ignoranti, volgari e in più ideologizzati e brutali soggetti da osteria , inoltre non si piegava ai dicktat degli ex partigiani rossi.
L'occasione per assassinare Montanari fu colta la sera del 19 maggio, quando il medico stava attraversando in bicicletta via Ciro Menotti a Piumazzo, una via periferica che portava verso il centro della frazione. Tre uomini lo affrontarono di sorpresa, due immobilizzarono la bicicletta e il medico, il terzo estratta una pistola gli sparò a bruciapelo tre colpi, nella concitazione del momento la terza pallottola lo mancò di poco ma le altre due lo attinsero in organi vitali, infatti il povero medico cadde a terra e spirò quasi subito, i tre dopo una decina di metri , in base al piano predisposto alla casa del popolo, proseguirono ciascuno per proprio conto, separandosi.
Le indagini non portarono nell'immediato a nessun risultato vista l'omertà politica e la cappa del terrore presenti in zona, non gli fu sottratto il portafoglio, quindi non fu un omicidio per rapina.
La pratica venne archiviata per assenza di elementi, poi nel 1950 i Carabinieri , nella persona di un Maresciallo molto tenace, Silvestro Cau, riuscirono a trovare un testimone oculare, un bimbo di nove anni, che al momento del fatto era in cima ad un albero e che interrogato in proposito, avrebbe riconosciuto negli aggressori, alcuni insorti, abitanti nel paese, in base a tali indizi, fermarono Armando Bruni, interrogato si decise a confessare, accusando sé stesso, quale esecutore materiale del delitto indicando Bruno Graziosi e Dante Santi come correi dello stesso omicidio. Indicò inoltre Giulio Mantovani e Amedeo Golfieri come partecipanti alla riunione del giorno precedente alla casa del popolo per la preparazione minuziosa e fredda dell'agguato .
Tutti gli indagati furono rinviati a giudizio presso la Corte di Assise di Modena, da dove il processo poi fu trasferito per legittima suspicione alla Corte di Assise di Cuneo dove si svolse nell'ottobre del 1950, processo in cui la vedova del medico Signora Barbieri si presentò parte civile contro gli imputati dell'omicidio del marito. La sentenza di primo grado fu di condanna per tutti gli imputati a ventun anni di carcere, successivamente ridotti a quindici e condonati in base al decreto di amnistia per reati politici.
Su questo delitto venne scritto un libro, Morte di un medico condotto, che ripercorse tutta la vicenda in chiave giornalistica ed umana.

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