L'omicidio di Ferdinando
Mirotti e il tentato sequestro di Mario ariani
Campagnola , agosto 1946
Fernidando Mirotti si era
arruolato a suo tempo, nel Regio Esercito, e durante le attività
belliche era stato fatto prigioniero dagli Americani, liberato aveva
ripreso servizio nell'Esercito del Regno del Sud, con il grado di
capitano, a guerra conclusa era stato destinato presso il Comando di
Mestre. Il 20 agosto 1946 egli era venuto in licenza per pochi giorni
in Emilia a Campagnola, a casa di parenti.
Alla sera, il capitano,
trentaduenne, in compagnia di un suo cugino, aveva fatto una
capatina al caffè del paese, e a mezzanotte circa, sempre assieme
al suo parente, si era avviato verso casa, una villetta posta ai
margini del paese.
Giunti al cancello i due
si erano salutati ed il Mirotti superato il giardino antistante alla
villa si accingeva ad aprire la porta di casa, allorchè veniva
colpito da una raffica di arma automatica esplosa dal folto di un
cespuglio. Il fratello della vittima che era in casa ad attenderlo,
richiamato dagli spari uscì a precipizio e trovò la porta di
ingresso sforacchiata dalle pallottole e sulla soglia il corpo del
capitano Mirotti agonizzante.
Tutto intorno il buio e
il solo il rumore del motore di una motocicletta che stentava a
mettersi in moto per poi avviarsi ed allontanarsi. Secondo alcune
testimonianze raccolte dai carabinieri, una motocicletta sarebbe
stata notata giungere in paese per le 23, montata da due giovani in
divisa cachi, qualcuno aggiunse con il viso coperto da un
fazzolettone.
Il lavoro di indagine non
portò a nulla in quanto si arenò davanti all'omertà di chi aveva
visto ma era terrorizzato di fare la stessa fine e in quel triangolo
della morte dell'Emilia, le bocche erano cucite.
Il particolare dei
giovani armati in divisa cachi è il comune denominatore di altri
delitti in quel lembo di terra , altri omicidi per esempio quello di
Don Pessina e del Casaro Verderi, avevano visto la presenza di sicari
sempre in divisa cachi che come è noto era la divisa dei partigiani
comunisti in quel periodo.
La mattina successiva
altri giovinastri, certamente simpatizzanti ed amici degli assassini,
saputa la notizia della morte del Mirotti, festeggiarono in piazza
con scene di entusiasmo che per la morte di una persona per bene
erano davvero fuori luogo.
Quell'omicidio faceva
parte del tentativo di disarticolare la società civile di quel
periodo attraverso l'uso delle armi e del terrore.
Ma la cosa che impensierì
molto di più i Carabinieri fu il fatto che i giovinastri urlavano
con toni di sotto intesi e con gioia malvagia “ ce ne sono altri
cinquantasei da fare fuori”, questo a detta degli inquirenti
significava una sola cosa , c'erano delle liste di proscrizione e nel
triangolo della morte dell'Emilia , gli squadroni della morte rossi
erano ancora in movimento e molto attivi.
L'odio era infinito e
tutti questi omicidi suggerivano a chi non condivideva l'ideologia
comunista di stare in guardia, perchè il prossimo poteva essere
chiunque di loro, ed è quello che accadde a Mario Ariani,
proprietario del Molino San Felice, era notte da poco, quando egli
sentì bussare in modo risoluto alla porta, fu egli stesso ad aprire
e si trovò di fronte un giovane mai visto prima, Ariani gli chiese
che cosa volesse ed il visitatore rispose, vieni fuori, tenendo la
mano destra nella tasca come ad impugnare una pistola, Ariani
ribattè, vieni tu dentro, e il giovane dopo essersi guardato attorno
entrò.
Ariani che era un uomo
dotato di grande forza fisica ed era coraggioso, afferrò per il
collo il giovinastro e lo immobilizzò dopo avergli strappato la
pistola, il suo aggressore era un giovane pallido di appena 18 anni,
che ai carabinieri sopraggiunti rivelò il piano, che era quello di
sequestrare un “fascista benestante” e poi “giustiziarlo”,
nascosto a breve distanza c'era il suo complice di questa azione,
armato di mitra, che attendeva il segnale convenuto per avvicinarsi e
completare l'azione delittuosa.
Entrambi furono arrestati
e confessarono di essere entrambi iscritti al PCI, i due ragazzi
esaltati credevano fermamente, indottrinati da qualche cattivo
maestro, che per l'attuazione della giustizia sociale, era necessaria
l'indiscriminata soppressione fisica dei signori e dei borghesi ed
era stata stilata da questi soggetti una lista di persone da
liquidare.
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