lunedì, giugno 01, 2020

Il poeta Edgardo Marani


Edgardo Marani
un poeta
Fabbrico , Reggio Emilia
27 aprile 1945

Ad aprile del 1945, scrisse in una breve poesia “sono solo, io guardo me stesso e mi vedo, senza specchio”, ed effettivamente era solo quando la sera del 27 aprile 1945, un gruppo di partigiani comunisti, bussarono alla porta di casa sua a Fabbrico, Reggio Emilia, nel il triangolo rosso della morte, e fu sequestrato, portato via nel buio della notte, la famiglia di lui non seppe più nulla come di tanti altri vittime della lupara rossa, che imperversava nella terra dei tortellini e del culatello.
I suoi resti vennero trovati, un anno dopo in una delle tante fosse comuni del'Emilia, orrendamente straziato da evidenti segni di tortura.
Marani fu una vittima eccellente, del rigurgito della violenza ideologica comunista che attraversava quelle terre dopo la caduta della repubblica e la cacciata dei Tedeschi, ma non venne eliminato fisicamente solo come notabile fascista ma anche dalla scena letteraria che egli aveva occupato, tutte le sue opere , in quanto prodotte da un Fascista , furono epurate selvaggiamente, eppure Marani non aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana, ma la violenza cieca che lo aveva assassinato non conosceva limiti.
Decorato nella prima guerra mondiale, era stato segretario del Fascio, vice podestà e commissario prefettizio sempre a Fabbrico, per poi lasciare tutte le cariche istituzionali per dedicarsi alla poesia e alla letteratura oltrechè alla vasta propietà terriera, ma agli occhi della piccola gente comune, egli rimaneva sempre un autorevole esponente del Fascio in quella piccola comunità agricola di 5000 anime.
Aveva il grado di capitano ma l'otto settembre mentre i Tedeschi occupavano militarmente l'Italia, lasciò la divisa, senza più certezze, e senza aderire alla repubblica, tuttavia non rinnegò il suo passato militante e non collaborò con i partigiani comunisti della zona in cui viveva, che erano sempre più presenti militarmente.
Aveva predisposto due appartamenti rifugio, in cui aveva accantonato delle provviste ma non volle mai usarli.
La sua fine ricorda molto quella di Garcia Lorca, a pochi giorni dal 25 aprile, i partigiani lo avevano già prelevato e trattenuto per alcune ore ore per poi rilasciarlo, in quanto contro di lui non c'erano accuse, poi a 24 ore di distanza, vennero a riprenderlo, l'uomo armato che lo portò via aveva una sciarpa sul viso , Marani capì immediatamente quello che sarebbe accaduto quando chiese al partigiano rosso a cosa serviva la sciarpa ed egli rispose , per non essere riconosciuto. Come a presagire il vento di odio e di follia che stava attraversando la sua terra e la sua vita, Marani in uno dei suoi ultimi componimenti aveva scritto : la guerra muove, le sue mascelle di teschio, teschio famelico che, chiede cibo carne umana, occupa il cielo lugubremente, ulula nella notte, empie il giorno di rantoli.  

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