Edgardo Marani
un poeta
Fabbrico , Reggio Emilia
27 aprile 1945
Ad aprile del 1945,
scrisse in una breve poesia “sono solo, io guardo me stesso e mi
vedo, senza specchio”, ed effettivamente era solo quando la sera
del 27 aprile 1945, un gruppo di partigiani comunisti, bussarono alla
porta di casa sua a Fabbrico, Reggio Emilia, nel il triangolo rosso
della morte, e fu sequestrato, portato via nel buio della notte, la
famiglia di lui non seppe più nulla come di tanti altri vittime
della lupara rossa, che imperversava nella terra dei tortellini e del
culatello.
I suoi resti vennero
trovati, un anno dopo in una delle tante fosse comuni del'Emilia,
orrendamente straziato da evidenti segni di tortura.
Marani fu una vittima
eccellente, del rigurgito della violenza ideologica comunista che
attraversava quelle terre dopo la caduta della repubblica e la
cacciata dei Tedeschi, ma non venne eliminato fisicamente solo come
notabile fascista ma anche dalla scena letteraria che egli aveva
occupato, tutte le sue opere , in quanto prodotte da un Fascista ,
furono epurate selvaggiamente, eppure Marani non aveva aderito alla
Repubblica Sociale Italiana, ma la violenza cieca che lo aveva
assassinato non conosceva limiti.
Decorato nella prima
guerra mondiale, era stato segretario del Fascio, vice podestà e
commissario prefettizio sempre a Fabbrico, per poi lasciare tutte le
cariche istituzionali per dedicarsi alla poesia e alla letteratura
oltrechè alla vasta propietà terriera, ma agli occhi della piccola
gente comune, egli rimaneva sempre un autorevole esponente del Fascio
in quella piccola comunità agricola di 5000 anime.
Aveva il grado di
capitano ma l'otto settembre mentre i Tedeschi occupavano
militarmente l'Italia, lasciò la divisa, senza più certezze, e
senza aderire alla repubblica, tuttavia non rinnegò il suo passato
militante e non collaborò con i partigiani comunisti della zona in
cui viveva, che erano sempre più presenti militarmente.
Aveva predisposto due
appartamenti rifugio, in cui aveva accantonato delle provviste ma non
volle mai usarli.
La sua fine ricorda molto
quella di Garcia Lorca, a pochi giorni dal 25 aprile, i partigiani lo
avevano già prelevato e trattenuto per alcune ore ore per poi
rilasciarlo, in quanto contro di lui non c'erano accuse, poi a 24 ore
di distanza, vennero a riprenderlo, l'uomo armato che lo portò via
aveva una sciarpa sul viso , Marani capì immediatamente quello che
sarebbe accaduto quando chiese al partigiano rosso a cosa serviva la
sciarpa ed egli rispose , per non essere riconosciuto. Come a
presagire il vento di odio e di follia che stava attraversando la sua
terra e la sua vita, Marani in uno dei suoi ultimi componimenti aveva
scritto : la guerra muove, le sue mascelle di teschio, teschio
famelico che, chiede cibo carne umana, occupa il cielo lugubremente,
ulula nella notte, empie il giorno di rantoli.
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