mercoledì, giugno 10, 2020

Le Officine Servettaz di Corso Colombo a Savona,


Le Officine  Servettaz  di Corso Colombo a Savona,
un luogo ideale per le esecuzioni sommarie dei fascisti

Nel 1887, l'officina Servettaz - Basevi si trasferirà dall'area portuale, nel più grande stabilimento di Savona , in un’area compresa tra le spiagge e i palazzi che costeggiano Corso Cristoforo Colombo.
Dall'inizio di corso Colombo, nei pressi del prolungamento a mare, occupò una vasta area fin quasi al Letimbro, lo stabilimento della Servettaz, occupò dapprima anche l'area appartenente in precedenza dalla Migliardi & Venè.

Fatto che venne aspramente criticato e fece sorgere parecchie discussioni poichè molti savonesi avrebbero preferito l'ubicazione di questi impianti nella piana dell'immediato retroterra per poter adibire l'area lungo il mare alla creazione di giardini e di una passeggiata a mare.
Bisognerà attendere il 1964 per  poter assistere alla scomparsa di tutti i complessi industriali lungo corso Colombo e alla destinazione di queste aree a fini turistici con aree a verde pubblico
Lo stabilimento Servettaz contava circa mille fra operai ed impiegati amministrativi.

Per permettere ai cittadini Savonesi di raggiungere le spiagge, nel periodo estivo, l’azienda che gestiva le Officine Servettaz – Basevi, costruì due rampe di scale composte da circa un centinaio di gradini, che portavano ad un vialetto sopraelevato , largo circa cinque metri e lungo quasi duecento metri, il quale praticamente correva sopraelevato  sui tetti della fabbrica, la superava e raggiungeva altre due rampe di scalini  che si affacciavano direttamente sulle spiagge e sul mare.

Il vialetto era affiancato e protetto lateralmente da due alti muri sormontati da una porzione di rete metallica con il logo dell'azienda, che impedivano l’accesso e soprattutto  la vista sul tetto della fabbrica e naturalmente impedivano alle eventuali maestranze che si fossero trovate sui tetti di osservare quello che accadeva   sul vialetto.
In pratica chi percorreva il vialetto sopraelevato , era completamente nascosto alla vista di chiunque, sia dalla fabbrica che dalle spiagge e dalle case di Corso Colombo.
Con queste caratteristiche era logico che venisse scelto come luogo ideale per effettuare cose che non dovevano essere viste da testimoni, tipo esecuzioni sommarie. Molti fascisti repubblicani o presunti tali che dovevano essere liquidati dai plotoni di esecuzione dei partigiani comunisti Savonesi, raggiungevano questo sito.
La procedura era molto semplice e soprattutto riservata, ai boia interessava non essere visti da nessuno mentre sparavano sui “condannati”, anche perché la maggior parte delle uccisioni erano dettate vendette personali che con la lotta di liberazione non avevano nulla a che fare.
Infatti un conto era un combattimento contro forze armate Naziste o Fasciste un altro era fucilare persone inermi, senza processo e senza nessuna pietà, magari dopo averle depredate di ogni avere.
Le esecuzioni su questo sito avvennero da subito, dal 25 aprile 1945, il posto era comodo e raggiungibile con grande facilità, appena un gruppo di partigiani incontrava un fascista oppure un presunto fascista, lo portava immediatamente in Via Cristoforo .Colombo,  sotto la minaccia delle armi lo accompagnava su per rampe, appena sul vialetto, dopo averlo messo al muro lo passava per le armi. Non era neppure necessario che ci fosse un intero plotone di esecuzione, bastava anche un solo boia, armato di un mitra oppure di una pistola.
Il prigioniero veniva in genere fatto inginocchiare, e il boia lo colpiva alle spalle, senza neppure guardarlo in viso. Se il boia aveva fretta il cadavere crivellato di colpi veniva abbandonato proprio sul posto dell’esecuzione mentre i suoi assassini andavano a bere un bicchiere di vino in una osteria vicina, per festeggiare se invece c'era tempo il corpo era portato via.
Molti savonesi che si recavano a spiaggia ebbero la sorte di trovare dei corpi abbandonati sul vialetto nei peggiori dei casi o nei migliori chiazze di sangue sulla strada.
In genere i passanti che transitavano sulla strada, vedevano un gruppo di uomini armati che accompagnavano altri, legati per i polsi, salire le scale e scomparire alla vista, lasciando una sentinella a piantonare l'accesso dalla strada. Nessuno , ovviamente andava a curiosare. Si sentivano dei colpi di arma da fuoco e dopo qualche minuto gli uomini armati riscendevano le scale senza i loro prigionieri vivi.

Ho raccolto la testimonianza di un simpatico signore ultrasettantenne di Savona,  Diego C., che all’epoca della Liberazione, usava il vialetto per recarsi a pescare  sulla spiaggia con dei coetanei, una mattina sul presto, i ragazzini salirono sulle scale e imboccato il vialetto, si trovarono di fronte a tre cadaveri in una pozza di sangue.
I tre bimbi spaventati corsero via e per diversi giorni , ebbero paura a ripercorrere quella strada per timore di trovare altri morti ammazzati.

Anche alcuni rapporti dei carabinieri parlano di questo posto, come di luogo di esecuzioni sommarie di Repubblicani o di presunti tali.

Cito testualmente un rapporto datato 2 giugno 1945, indirizzato alla Procura del Regno di Savona : “..il giorno 27 c.m. sul sovrappasso della S.A. Servettaz Basevi, venivano rinvenute le salme di due individui, recatisi sul posto due agenti , identificavano un cadavere per certo Bianchi Umberto, mentre l’altro rimaneva sconosciuto per chè sprovvisto di documenti.
I predetti sono deceduti in seguito a ferita d’arma da fuoco, come da referto medico del dottor Ferro per la constastazione di morte. Le salme sono state rimosse e trasportate al cimitero di Zinola a disposizione dell’Autorità Giudiziaria”
Successivamente verrtà aperto un procedimento penale contro ignoti per omicidio in persona di Bianchi Umberto, appartenente alle Brigate Nere, di Francesco, nato a Mondovì di anni 36 e per l’altro morto, successivamente identificato per Francia Ferdinando di Giovanni nato a Rosignano Monferrato ( Al) , civile, di professione meccanico,di anni 40, residente a Casale Monferrato senza apparente collocazione politica.
Naturalmente gli assassini, come in tanti altri casi non vennero mai identificati e perseguiti. Rimasero semplicemente ignoti e liberi di proseguire nella loro azione omicida.

Roberto Nicolick


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