Le
Officine Servettaz di Corso Colombo a Savona,
un
luogo ideale per le esecuzioni sommarie dei fascisti
Nel 1887,
l'officina Servettaz - Basevi si trasferirà dall'area portuale, nel
più grande stabilimento di Savona , in un’area compresa tra le
spiagge e i palazzi che costeggiano Corso Cristoforo
Colombo.
Dall'inizio di corso Colombo, nei pressi del prolungamento a mare, occupò una vasta area fin quasi al Letimbro, lo stabilimento della Servettaz, occupò dapprima anche l'area appartenente in precedenza dalla Migliardi & Venè.
Dall'inizio di corso Colombo, nei pressi del prolungamento a mare, occupò una vasta area fin quasi al Letimbro, lo stabilimento della Servettaz, occupò dapprima anche l'area appartenente in precedenza dalla Migliardi & Venè.
Fatto
che venne aspramente criticato e fece sorgere parecchie discussioni
poichè molti savonesi avrebbero preferito l'ubicazione di questi
impianti nella piana dell'immediato retroterra per poter adibire
l'area lungo il mare alla creazione di giardini e di una passeggiata
a mare.
Bisognerà
attendere il 1964 per poter assistere alla scomparsa di
tutti i complessi industriali lungo corso Colombo e alla destinazione
di queste aree a fini turistici con aree a verde pubblico
Lo
stabilimento Servettaz contava circa mille fra operai ed impiegati
amministrativi.
Per
permettere ai cittadini Savonesi di raggiungere le spiagge, nel
periodo estivo, l’azienda che gestiva le Officine Servettaz –
Basevi, costruì due rampe di scale composte da circa un centinaio di
gradini, che portavano ad un vialetto sopraelevato , largo circa
cinque metri e lungo quasi duecento metri, il quale praticamente
correva sopraelevato sui tetti della fabbrica, la superava
e raggiungeva altre due rampe di scalini che si
affacciavano direttamente sulle spiagge e sul mare.
Il
vialetto era affiancato e protetto lateralmente da due alti muri
sormontati da una porzione di rete metallica con il logo
dell'azienda, che impedivano l’accesso e soprattutto la
vista sul tetto della fabbrica e naturalmente impedivano alle
eventuali maestranze che si fossero trovate sui tetti di osservare
quello che accadeva sul vialetto.
In
pratica chi percorreva il vialetto sopraelevato , era completamente
nascosto alla vista di chiunque, sia dalla fabbrica che dalle spiagge
e dalle case di Corso Colombo.
Con
queste caratteristiche era logico che venisse scelto come luogo
ideale per effettuare cose che non dovevano essere viste da
testimoni, tipo esecuzioni sommarie. Molti fascisti repubblicani o
presunti tali che dovevano essere liquidati dai plotoni di esecuzione
dei partigiani comunisti Savonesi, raggiungevano questo sito.
La
procedura era molto semplice e soprattutto riservata, ai boia
interessava non essere visti da nessuno mentre sparavano sui
“condannati”, anche perché la maggior parte delle uccisioni
erano dettate vendette personali che con la lotta di liberazione non
avevano nulla a che fare.
Infatti
un conto era un combattimento contro forze armate Naziste o Fasciste
un altro era fucilare persone inermi, senza processo e senza nessuna
pietà, magari dopo averle depredate di ogni avere.
Le
esecuzioni su questo sito avvennero da subito, dal 25 aprile 1945, il
posto era comodo e raggiungibile con grande facilità, appena un
gruppo di partigiani incontrava un fascista oppure un presunto
fascista, lo portava immediatamente in Via Cristoforo
.Colombo, sotto la minaccia delle armi lo accompagnava su
per rampe, appena sul vialetto, dopo averlo messo al muro lo passava
per le armi. Non era neppure necessario che ci fosse un intero
plotone di esecuzione, bastava anche un solo boia, armato di un mitra
oppure di una pistola.
Il
prigioniero veniva in genere fatto inginocchiare, e il boia lo
colpiva alle spalle, senza neppure guardarlo in viso. Se il boia
aveva fretta il cadavere crivellato di colpi veniva abbandonato
proprio sul posto dell’esecuzione mentre i suoi assassini andavano
a bere un bicchiere di vino in una osteria vicina, per festeggiare se
invece c'era tempo il corpo era portato via.
Molti
savonesi che si recavano a spiaggia ebbero la sorte di trovare dei
corpi abbandonati sul vialetto nei peggiori dei casi o nei migliori
chiazze di sangue sulla strada.
In
genere i passanti che transitavano sulla strada, vedevano un gruppo
di uomini armati che accompagnavano altri, legati per i polsi, salire
le scale e scomparire alla vista, lasciando una sentinella a
piantonare l'accesso dalla strada. Nessuno , ovviamente andava a
curiosare. Si sentivano dei colpi di arma da fuoco e dopo qualche
minuto gli uomini armati riscendevano le scale senza i loro
prigionieri vivi.
Ho
raccolto la testimonianza di un simpatico signore ultrasettantenne di
Savona, Diego C., che all’epoca della Liberazione, usava
il vialetto per recarsi a pescare sulla spiaggia con dei
coetanei, una mattina sul presto, i ragazzini salirono sulle scale e
imboccato il vialetto, si trovarono di fronte a tre cadaveri in una
pozza di sangue.
I
tre bimbi spaventati corsero via e per diversi giorni , ebbero paura
a ripercorrere quella strada per timore di trovare altri morti
ammazzati.
Anche
alcuni rapporti dei carabinieri parlano di questo posto, come di
luogo di esecuzioni sommarie di Repubblicani o di presunti tali.
Cito
testualmente un rapporto datato 2 giugno 1945, indirizzato alla
Procura del Regno di Savona : “..il giorno 27 c.m. sul sovrappasso
della S.A. Servettaz Basevi, venivano rinvenute le salme di due
individui, recatisi sul posto due agenti , identificavano un cadavere
per certo Bianchi Umberto, mentre l’altro rimaneva sconosciuto per
chè sprovvisto di documenti.
I
predetti sono deceduti in seguito a ferita d’arma da fuoco, come da
referto medico del dottor Ferro per la constastazione di morte. Le
salme sono state rimosse e trasportate al cimitero di Zinola a
disposizione dell’Autorità Giudiziaria”
Successivamente
verrtà aperto un procedimento penale contro ignoti per omicidio in
persona di Bianchi Umberto, appartenente alle Brigate Nere, di
Francesco, nato a Mondovì di anni 36 e per l’altro morto,
successivamente identificato per Francia Ferdinando di Giovanni nato
a Rosignano Monferrato ( Al) , civile, di professione meccanico,di
anni 40, residente a Casale Monferrato senza apparente collocazione
politica.
Naturalmente
gli assassini, come in tanti altri casi non vennero mai identificati
e perseguiti. Rimasero semplicemente ignoti e liberi di proseguire
nella loro azione omicida.
Roberto
Nicolick
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