L'omicidio del Sergente
Marconista Oscar Oddera in forza alla San Marco
16 maggio 1945
Questa è una delle
tantissime esecuzioni sommarie, compiute arbitrariamente dai
partigiani comunisti ai danni di persone innocenti. Oscar Oddera è
un giovane di 24, anni nativo di Mioglia, dopo varie vicissitudini
nel novembre del 1944, viene aggregato ad un battaglione della San
Marco presso la Cittadella di Alessandria, consegue la
specializzazione di marconista.
Durante questo periodo
riesce a defilarsi da ogni attività di rastrellamento e di contro
banda, la vita militare non fa per lui. Il 25 aprile del 1945, con il
crollo della RSI, riesce a rientrare indenne, a casa dai suoi a
Mioglia nell'entroterra Savonese , se ne sta tranquillo in seno alla
famiglia sino al 16 maggio, quando alla sera arrivano a casa sua due
partigiani comunisti di Savona, che peraltro egli conosce, Valerio
Canavero e Duilio Ferraro, all'epoca suoi coetanei ed amici, entrambi
finiranno al centro di ulteriori indagini per esecuzioni sommarie e
omicidi politici nel periodo insurrezionale.
Oddera si fa convincere a
seguire i due partigiani comunisti con la scusa che devono recarsi ad
Alessandria per regolarizzare la sua posizione militare. Oddera era
tranquillo e convinto di non aver nulla da rimproverarsi e quindi
segue fiducioso i due amici.
Purtroppo la sua fiducia
era mal riposta, infatti pochi chilometri dopo, veniva ucciso da una
raffica di mitra e alla sua famiglia veniva recapitato un biglietto
in cui era scritto : “ecco quello che capita ai traditori”.
Ovviamente i Carabinieri
svolgono delle indagini e constatano che il corpo di Oddera presenta
diverse ferite a bruciapelo alla fronte, al viso e ad un occhio che
era stato completamente asportato dal proiettile, inoltre i fori di
uscita erano nella nuca, segno evidente che i colpi d'arma da fuoco
erano stati sparati di fronte o di lato e non alle spalle come
avevano affermato Canavero e Ferraro, i quali avevano sostenuto,
durante gli interrogatori, che il camion su cui viaggiavano aveva
avuto un guasto e tutti erano stati costretti scendere dal mezzo,
sempre secondo la versione dei due partigiani comunisti, Oddera in
quel frangente avrebbe tentato la fuga e loro, dopo aver intimato il
fermo, gli avrebbero sparato alle spalle uccidendolo.
Dato che il corpo della
vittima dava risultanze totalmente difformi dalla loro versione,
venivano rinviati a giudizio e il processo si celebrava presso la
Corte di Assise di Alessandria presso la quale i due venivano
ritenuti colpevoli di omicidio volontario e condannati a 4 anni e 8
mesi di cui un anno condonato.
Quella di inscenare
tentativi di fuga, che poi erano stroncati nel sangue era una prassi
consolidata da parte dei partigiani comunisti che in questa maniera
tentavano di giustificare degli omicidi veri e propri.
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