L'omicidio di Giovanni
Boaro
Croce Mosso ( Biella )
2 giugno 1945
Giovanni Boaro era un ex
milite della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, a guerra
finita aveva ripreso il suo vecchio lavoro che era quello di operaio
tessile , abitava con la moglie, e due figli, Gina e Benito a Croce
Mosso una frazione in collina di Val di Lana ( Biella ).
Giovanni pensava che
finita la guerra, poteva esserci un periodo di tranquillità dopo
tanto sangue sparso , ma si sbagliava , alla mezzanotte del 2 giugno,
si presentavano alla sua porta, due giovani apparentemente
disarmati, che si qualificavano come agenti del polizia ausiliaria di
Biella, i due sedicenti agenti lo invitavano a andare con loro per
comunicazioni che lo riguardavano, era notte fonda e questo faceva
presagire delle brutte cose.
Boaro visto inutile ogni
tentativo di resistenza e per evitare problemi con i famigliari, si
vestiva e seguiva i due agenti. Un quarto d'ora dopo, i suoi
famigliari udivano provenire dalla strada delle urla e dei colpi
d'arma da fuoco, usciti immediatamente non trovavano alcuna traccia
ne del congiunto ne dei due sedicenti agenti.
Da quel momento il povero
Boero sparì dalla circolazione e il suo cadavere fu ritrovato
nell'agosto successivo in una località isolata prossima all'abitato
di Croce Mosso.
La moglie sospettò che
la responsabilità dell'omicidio del marito fosse da addebitarsi ai
partigiani che erano venuti a prelevarlo quella sera, quindi
coraggiosamente, si recò al comando SAP della vicina Vallemosso e
qui riconobbe in uno dei militi presenti , uno di quelli che la notte
del 2 giugno, erano andati a prelevare il marito.
Alle sue pressanti e
reiterate richieste di chiarimenti , tuttavia il comandante della Sap
non si mostrò interessato a far nascere un procedimento di
identificazione e respinse qualsiasi tentativo della vedova di fare
luce sull'omicidio e sui responsabili. La vedova non si convinse e
decise di andare avanti, pertanto si recò al comando provinciale dei
Carabinieri di Biella che era competente per zona.
Nel 1949 i Carabinieri di
Biella su denuncia della donna, pervennero agevolmente alla
identificazione dei soggetti coinvolti nella morte di Giovanni Boaro,
denunciandoli all'autorità giudiziaria e cioè Ugo Ferrero,
segretario della camera del lavoro di Vercelli, Pastore Bartolomeo e
Alfonso fratelli residenti a Lessona, Bordone Antonio di Pettinengo,
Mellograndi Sirio di Vallemosso, Agnani Gino di Vallemosso , tutti
partigiani confluiti nella SAP ma secondo l'accusa, tutti convergenti
allo stesso obiettivo e tutti partecipanti alla stessa spedizione,
quindi tutti responsabili in ugual misura. In base alle indagini
furono tutti rinviati a giudizio.
La vedova purtroppo
escluse ogni carattere privato e personale, nell'omicidio del marito
che peraltro era un convinto fascista ed era stato a suo tempo,
milite della M.V.S.N. , quindi il Procuratore Generale chiese il
proscioglimento degli imputati, essendo applicabile nei loro
confronti l'amnistia del 30 giugno 1945, in parole povere, ammazzare
un fascista non era reato in quanto egli era fascista.
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