Mario Agazio
Milano
14 marzo 1947
Mario Agazio quella sera
intorno alle 20, stava tornando a casa dalla moglie, in Via Romagna a
Milano, quando veniva affrontato da un gruppo di fuoco , di almeno
cinque persone, una delle quali lo colpiva con tre proiettili alla
zona polmonare e due al collo e al capo, uccidendolo.
Chi era Agazio ? Un
giornalista da inchiesta molto coraggioso, già presso LA STAMPA e
che attualmente , scriveva su un periodico di cui era stato anche il
co fondatore IL MERIDIANO D'ITALIA.
Il suo orientamento
politico era di destra, aveva vissuto una opposizione politica
moderata contro la RSI di cui non condivideva alcuni aspetti politici
e culturali, arrestato dalle SS subì un duro interrogatorio con
postumi e lesioni alla colonna vertebrale.
Dopo il 25 aprile 1945,
venne giudicato dalla Corte di Assise di Milano con l'accusa di
collaborazionismo ma ne uscì completamente scagionato. Egli comunque
era e rimaneva un uomo di destra, convinto assertore della legalità
e dell'anticomunismo.
Era sicuramente un
giornalista che poteva dare fastidio ai soloni e ai caporioni della
resistenza di matrice comunista, quelli duri e puri che non
tolleravano i giornalisti contro corrente , di cui Agazio era
l'elemento più determinato ed intelligente, che sapeva dove e come
svolgere le sue inchieste.
Alcuni suoi reportage
erano risultati terribilmente scomodi e sgraditi alla tifoseria
comunista, per esempio, quella sulla esecuzione sommaria di Carlo
Borsani, un galantuomo, cieco di guerra, decorato al valor militare e
presidente della Associazione Mutilati di guerra durante la
Repubblica di Salò.
Agazio rivendicava sulle
colonne del MERIDIANO D'ITALIA l'onestà e la correttezza di Borsani,
ne chiedeva le ragioni della morte che riteneva inutile e malvagia,
inoltre in alcuni articoli aveva pubblicato i nomi degli esecutori
materiali di questo vero e proprio omicidio avvenuto il 29 aprile
del 1945, in particolare Agazio descrisse la morte dell'eroe e poeta,
abbattuto con il classico colpo alla nuca e poi , portato in giro su
una carretta per la raccolta dei rifiuti, con al collo un cartello su
cui era scritto “ex medaglia d'oro.
Inoltre Agazio aveva
anche aperto una colletta in favore dei due orfani di Borsani,
Raffaella e Carlo.
In alcuni ambienti
antifascisti, all'oscuro dei crimini commessi da moltissimi
partigiani, iniziò a serpeggiare un diffuso disagio e molti
notabili, non comunisti, sconfessarono l'esecuzione di Borsani che
era un tipico esempio di odio ideologico. Agazio e il suo periodico
iniziarono a ricevere minacce, e la redazione fu in qualche occasione
invasa da ex partigiani che devastarono i locali .
Ma Agazio non si fermò
per questi ostacoli, e iniziò dopo quella su Borsani, una inchiesta
giornalistica ancora più scottante visti i tempi pericolosi in cui
si svolgeva, sul cosiddetto oro di Dongo, diversi miliardi, di oggi,
in valuta e metalli pregiati che erano sui mezzi della colonna
Repubblicana e Tedesca che fu bloccata a Dongo dai partigiani.
La stragrande maggioranza
di questi enormi valori, di proprietà legittima dello Stato
Italiano, furono sequestrati e distratti da elementi partigiani
comunisti in un centinaio di rivoli, la destinazione di questi
ingenti valori non fu quasi mai resa nota, ma era facile capire dagli
argomenti che scriveva Agazio sul suo periodico, dove fosse finito il
tutto.
Sempre Agazio descrisse
anche tutta la impressionante sequenza di omicidi che andò a
falcidiare il gruppo di partigiani, uomini e donne, che avevano
partecipato al sequestro dell'oro di Dongo, al loro inventario che
non fu mai trovato. Agazio, molto bene informato, non lanciava accuse
a vuoto ma circostanziava i suo scritti in modo freddo, asettico e
preciso, tanto che in seguito la Magistratura mando a processo per i
furti e gli omicidi, una quarantina di ex partigiani comunisti
coinvolti in questo gigantesco letamaio a cielo aperto.
Agazio con i suoi
articoli, aveva dato un fastidio enorme, mettendo in crisi il sistema
mafiocomunista su cui si basava il regime del terrore rosso che era
ben presente in nord Italia. Inoltre a Milano agiva la Volante Rossa
che aveva il mitra facile.
Agazio era abitudinario,
tutte le sere lasciava la redazione in Via Cerva per raggiungere casa
sua, e quindi fu facile tendergli un agguato, secondo alcuni , il
suo killer mascherato, indossava un impermeabile chiaro, aveva una
mano nella tasca destra che impugnava una pistola, senza estrarre
l'arma fece fuoco cinque volte su Agazio esprimendo un odio senza
fine.
Le indagini portarono
all'arresto, fra gli altri, di un certo Dionisio Gambaruti, ex
partigiano, detto Nik, appartenente ad una brigata comunista della
Valtellina, già al centro di indagini sulla collana di omicidi
relativi all'oro di Dongo, il suo trench mostrava un vistoso foro
brucciacchiato dal lato destro, purtroppo lo stesso PM al processo,
ne chiese l'assoluzione per insufficienza di prove e la morte di
Agazio rimase senza responsabili giudiziari anche se tutti a Milano
sapevano chi fosse stato a uccidere il giornalista del Meridiano
d'Italia.
Per la cronaca, Carlo, il
figlio dell'eroe e poeta Carlo Borsani, nel 2000 diverrà assessore
alla sanità della regione Lombardia.
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