lunedì, luglio 06, 2020

l'omicidio di Mario Agazio


Mario Agazio
Milano
14 marzo 1947
Mario Agazio quella sera intorno alle 20, stava tornando a casa dalla moglie, in Via Romagna a Milano, quando veniva affrontato da un gruppo di fuoco , di almeno cinque persone, una delle quali lo colpiva con tre proiettili alla zona polmonare e due al collo e al capo, uccidendolo.
Chi era Agazio ? Un giornalista da inchiesta molto coraggioso, già presso LA STAMPA e che attualmente , scriveva su un periodico di cui era stato anche il co fondatore IL MERIDIANO D'ITALIA.
Il suo orientamento politico era di destra, aveva vissuto una opposizione politica moderata contro la RSI di cui non condivideva alcuni aspetti politici e culturali, arrestato dalle SS subì un duro interrogatorio con postumi e lesioni alla colonna vertebrale.
Dopo il 25 aprile 1945, venne giudicato dalla Corte di Assise di Milano con l'accusa di collaborazionismo ma ne uscì completamente scagionato. Egli comunque era e rimaneva un uomo di destra, convinto assertore della legalità e dell'anticomunismo.
Era sicuramente un giornalista che poteva dare fastidio ai soloni e ai caporioni della resistenza di matrice comunista, quelli duri e puri che non tolleravano i giornalisti contro corrente , di cui Agazio era l'elemento più determinato ed intelligente, che sapeva dove e come svolgere le sue inchieste.
Alcuni suoi reportage erano risultati terribilmente scomodi e sgraditi alla tifoseria comunista, per esempio, quella sulla esecuzione sommaria di Carlo Borsani, un galantuomo, cieco di guerra, decorato al valor militare e presidente della Associazione Mutilati di guerra durante la Repubblica di Salò.
Agazio rivendicava sulle colonne del MERIDIANO D'ITALIA l'onestà e la correttezza di Borsani, ne chiedeva le ragioni della morte che riteneva inutile e malvagia, inoltre in alcuni articoli aveva pubblicato i nomi degli esecutori materiali di questo vero e proprio omicidio avvenuto il 29 aprile del 1945, in particolare Agazio descrisse la morte dell'eroe e poeta, abbattuto con il classico colpo alla nuca e poi , portato in giro su una carretta per la raccolta dei rifiuti, con al collo un cartello su cui era scritto “ex medaglia d'oro.
Inoltre Agazio aveva anche aperto una colletta in favore dei due orfani di Borsani, Raffaella e Carlo.
In alcuni ambienti antifascisti, all'oscuro dei crimini commessi da moltissimi partigiani, iniziò a serpeggiare un diffuso disagio e molti notabili, non comunisti, sconfessarono l'esecuzione di Borsani che era un tipico esempio di odio ideologico. Agazio e il suo periodico iniziarono a ricevere minacce, e la redazione fu in qualche occasione invasa da ex partigiani che devastarono i locali .
Ma Agazio non si fermò per questi ostacoli, e iniziò dopo quella su Borsani, una inchiesta giornalistica ancora più scottante visti i tempi pericolosi in cui si svolgeva, sul cosiddetto oro di Dongo, diversi miliardi, di oggi, in valuta e metalli pregiati che erano sui mezzi della colonna Repubblicana e Tedesca che fu bloccata a Dongo dai partigiani.
La stragrande maggioranza di questi enormi valori, di proprietà legittima dello Stato Italiano, furono sequestrati e distratti da elementi partigiani comunisti in un centinaio di rivoli, la destinazione di questi ingenti valori non fu quasi mai resa nota, ma era facile capire dagli argomenti che scriveva Agazio sul suo periodico, dove fosse finito il tutto.
Sempre Agazio descrisse anche tutta la impressionante sequenza di omicidi che andò a falcidiare il gruppo di partigiani, uomini e donne, che avevano partecipato al sequestro dell'oro di Dongo, al loro inventario che non fu mai trovato. Agazio, molto bene informato, non lanciava accuse a vuoto ma circostanziava i suo scritti in modo freddo, asettico e preciso, tanto che in seguito la Magistratura mando a processo per i furti e gli omicidi, una quarantina di ex partigiani comunisti coinvolti in questo gigantesco letamaio a cielo aperto.
Agazio con i suoi articoli, aveva dato un fastidio enorme, mettendo in crisi il sistema mafiocomunista su cui si basava il regime del terrore rosso che era ben presente in nord Italia. Inoltre a Milano agiva la Volante Rossa che aveva il mitra facile.
Agazio era abitudinario, tutte le sere lasciava la redazione in Via Cerva per raggiungere casa sua, e quindi fu facile tendergli un agguato, secondo alcuni , il suo killer mascherato, indossava un impermeabile chiaro, aveva una mano nella tasca destra che impugnava una pistola, senza estrarre l'arma fece fuoco cinque volte su Agazio esprimendo un odio senza fine.
Le indagini portarono all'arresto, fra gli altri, di un certo Dionisio Gambaruti, ex partigiano, detto Nik, appartenente ad una brigata comunista della Valtellina, già al centro di indagini sulla collana di omicidi relativi all'oro di Dongo, il suo trench mostrava un vistoso foro brucciacchiato dal lato destro, purtroppo lo stesso PM al processo, ne chiese l'assoluzione per insufficienza di prove e la morte di Agazio rimase senza responsabili giudiziari anche se tutti a Milano sapevano chi fosse stato a uccidere il giornalista del Meridiano d'Italia.
Per la cronaca, Carlo, il figlio dell'eroe e poeta Carlo Borsani, nel 2000 diverrà assessore alla sanità della regione Lombardia.



Nessun commento:

Posta un commento

Scorci di un paese del basso Piemonte