sabato, aprile 13, 2024

La strage della Galleria San Benigno, Genova

 la banda del Lagaccio e la strage della galleria di San Benigno

Alle ore 6.30 del 10 ottobre 1944, Genova fu squassata da una terribile esplosione. La forza della detonazione ruppe vetri in tutta la città e terrorizzò migliaia di persone.
L'esplosione aveva devastato la zona del quartiere di San Benigno e parte del vicino porto.
Lo scoppio era avvenuto nella galleria Passo Nuovo, un tunnel ferroviaria che attraversava il Promontorio di Capo Faro, davanti alla Lanterna .Il traforo di grandi dimensioni, passante sotto il quartiere popolare di San Benigno, era usato come rifugio antiaereo e deposito di munizioni
Questa doppia funzione è facilmente spiegabile. La sua profondità la rendeva inattaccabile dalle bombe degli aerei. E per chi è atterrito dalla parola esplosivi, i luoghi addetti al deposito delle munizioni sono normalmente più sicuri, dato che questi materiali, sono accantonati seguendo delle procedure di sicurezza molto rigorose. Quindi, quando un deposito di munizioni (di una certa dimensione e gestito da un esercito regolare) esplode, è più comprensibile che si tratti di un'azione esterna piuttosto che di un caso fortuito.
La città di Genova, quella sera era in allarme aereo, ma i bombardieri alleati erano solo di passaggio, e non avevano sganciato bombe. Inoltre si era scatenato un temporale, e la maggior parte dei civili nel rifugio aveva deciso di non rientrare subito a casa.
Quella notte, la santabarbara che era all’interno della galleria era esplosa ed aveva spazzato il quartiere sovrastante e la zona portuale, danneggiando le installazioni e affondando 3 piccole unità da guerra , e uccidendo anche circa 200 soldati tedeschi che erano su di un treno militare posteggiato all’interno del tunnel.
Questo per quanto riguarda la parte militare, il rifugio era pieno di civili che cercava rifugio dall’incursione alleata , e il crollo della galleria aveva inoltre coinvolto una parte del quartiere di San Benigno.
Il numero di vittime non è mai stato calcolato con esattezza. Si suppone tra 1000 o 2000 il numero delle vite distrutte dall'esplosione. Famiglie intere scomparvero. Scavando nelle macerie, i soccorritori riuscirono a salvare 148 persone.
La successiva inchiesta della G.N.R.( Guardia Nazionale Repubblicana) sul disastro non giunse a conclusioni certe, ma ipotizzò che un fulmine avesse innescato l'esplosione, facendo detonare delle cariche poste all'imbocco e causando per simpatia l'esplosione del treno tedesco che trasportava munizioni posteggiato nella galleria.
Questa era l'unica spiegazione plausibile per un evento improbabile, senza prendere in considerazione un attentato. Del resto, appariva inspiegabile un atto così terribile che avrebbe coinvolto la popolazione civile.
Cominciarono però a diffondersi strane voci sull'esplosione, cioè che fosse stata causata dai fascisti per punire un quartiere operaio...si diffuse anche la voce contraria, cioè di un sabotaggio partigiano.
Il SECOLOXIX 11 ottobre 44, dava la notizia in questo modo :Esplode a S. Benigno un treno di munizioni, tragico incidente durante il temporale di ieri, funesto incidente che ha precipitato nel lutto molte famiglie genovesi…
Inoltre lo stesso quotidiano da la notizia della Messa di suffragio che avrà luogo sulla camionale, officialta da Mons. Siri. Accanto all’articolo una foto della distesa di macerie con una didascalia molto generica : il colle di San Benigno ricoperto di macerie, la zona fu devastata dalla esplosione di un treno di munizioni che era ricoverato nella galleria. Sulle cause del disastro rimane un velo di mistero. L’ipotesi ufficiale fu quella di uno scoppio causato da un fulmine.
Il giornale Italia Combatte del 24 ottobre 1944 conteneva un articolo comprendente le seguenti parole:
I patrioti hanno fatto saltare a Genova, il 10 ottobre, nella galleria presso “ La Lanterna ”, un deposito che conteneva una ingente quantità di esplosivi destinati dai tedeschi alla distruzione delle gallerie Calata Molo Nuovo e Calata della Sanità. Danni si sono pure verificati in altre due gallerie più distanti. Tre piccole navi da guerra sono state affondate: alcune navi di scorta danneggiate. Circa duecento tedeschi sono rimasti uccisi. I lavori di riparazione del porto sono ancora in corso.
Un rapporto segreto dell'OSS , diffuso il 23 novembre 1944, riguardante i sabotaggi effettuati in Italia il mese precedente ,riportava:”L’esplosione della Galleria Romairone in Genova ha causato 2.000 morti, in parte personale militare”.
Nel marzo 1945 un foglio ciclostilato clandestino chiamato Il ribelle conteneva questo comunicato:
10 ottobre 1944. In obbedienza agli ordini emanati dal Comando Supremo Alleato su nostra segnalazione, partigiani al comando di un noto audacissimo Capo, approfittando intelligentemente di un violento temporale, si sono introdotti di buon mattino nella galleria di San Benigno, a Genova che risultava da tempo adibita a deposito di materiali esplosivi, certo destinati a provocare altre distruzioni nel porto. Mediante impiego di un congegno a orologeria veniva provocata l'esplosione di detta galleria con quanto in essa contenuto. I nostri partigiani, ritardando convenientemente l'esplosione potevano mettersi in salvo senza venire travolti dal crollo .
Passano gli anni e il pentolone di sangue e fango , accuratamente coperto, comincia a esondare:
A Genova, la sera del 22 febbraio 1946 un uomo, Cornelio Restani , venne colpito da ben 19 proiettili di arma automatica nella zona di Granarolo. I tre attentatori fuggirono senza assicurarsi del decesso del bersaglio, spaventati dalle urla di una donna che si trovava sul luogo.
Cornelio Restani non era nuovo alle cronache giudiziarie inoltre era un ex partigiano.
Nonostante le gravi ferite causate dalla raffica , Restani sopravvisse. In ospedale dopo una veloce riflessione, quando fu in grado di parlare, manifestò l’intenzione di collaborare per indicare i suoi attentatori. Restani sapeva molte cose e finchè era vivo rappresentava un pericolo per questo motivo era da sopprimere.
All’alba i Carabinieri in assetto di guerra ricercarono presso le rispettive abitazioni i soggetti indicati da Restani come gli attentatori: Lorenzo Rovegno, Costantino Sanna, Angelo Barigione furono arrestati senza che potessero tentare una qualche reazione. Fu istituito il processo, che iniziò il 17 giugno 1949.
I tre attentatori , tutti dichiararono di essere ex appartenenti al movimento partigiano, affermarono che volevano punire il Restani, perché, con la sua condotta aveva infangato le SAP di cui tutti facevano parte. La stampa di sinistra, ovviamente, promulgò la tesi di una semplice lite di deviazionisti sulla spartizione delle refurtive, erano solo compagni che avevano sbagliato.
Nella sua deposizione Restani accusò gli altri e se stesso di far parte della Banda del Lagaccio , un gruppo di delinquenti comuni che si erano macchiati di un numero industriale di assassinii ( quasi 109 omicidi ) e altri crimini e rapine, ma nonostante questo, facenti parte integrante della resistenza genovese ( In fase processuale furono esibiti dei documenti, dimostranti che Restanti e Co. erano realmente dei partigiani, inseriti nelle Squadre Azione Patriottica (SAP) ).
Il Lagaccio in cui queste persone abitava e dove dopo ogni azione si ritiravano era ed è un quartiere popolare di Genova.
La spiegazione del Restani per il suo attentato era molto diversa dalla storia della lite tra ladri, affermava che doveva essere ucciso per quello che sapeva sull'esplosione della galleria di San Benigno, la terribile catastrofe di cui ho accennato all’inizio. Nella sua testimonianza, affermava che lui stesso e un altro della banda, pochi giorni dopo la fine della guerra, ricevettero direttamente da G.G. (detto Tritolo),che ricopriva l’incarico di dirigente politico della sezione Lo Giudice del PCI, l'ordine di uccidere il partigiano Mario Buzzo, ufficialmente perché era diventato un criminale comune e disonorava la Resistenza , le sentenze di esecuzione sommaria si inflazionavano in quel triste periodo che va dal 45 al 50.
I due , tuttavia, vollero parlare parlare con il Buzzo prima di eseguire la condanna. Il Buzzo spiegò che il Partito voleva tappargli la bocca a causa del disastro della galleria. Questo raccontò il Restani nella deposizione fatta agli inquirenti: sembra di ascoltare un racconto di fantascienza .
“All'inizio dell'ottobre del 1944 a due esponenti della SAP, Buzzo e certo Bocconi, fu ordinato di far saltare in aria il deposito di esplosivi contenuto nella galleria di San Benigno. Il piano prevedeva l'infiltrazione dei sabotatori (Buzzo e Bocconi) mescolati alla folla dei rifugiati durante un allarme aereo. I due avrebbero piazzato le cariche a ridosso del deposito di esplosivo (situato dalla parte opposta all'entrata del rifugio), per poi fuggire da una uscita laterale, trascinandosi dietro le micce. A una certa ora, una seconda squadra di partigiani si sarebbe recata all'imbocco della galleria, e avrebbe fatto fuggire i civili per evitare danni collaterali gravissimi su centinaia di persone innocenti.
Una volta defluiti i civili , avrebbero lanciato un razzo come segnale per i sabotatori di accendere le micce e provocare l’esplosione.
Nella notte dell'attacco dinamitardo un po come accadde a Pietro Micca, la seconda parte del piano andò in vacca. La seconda squadra di partigiani arrivò, ma inspiegabilmente non avvisò i civili di fuggire dalla galleria e sparò lo stesso il razzo, rimanendo essa stessa vittima dell'esplosione
Il Buzzo affermò al Restani che i componenti della seconda squadra erano completamente ubriachi, ci sarebbe da ridere senonchè avvenne una ecatombe di innocenti civili per questo particolare che andò disatteso.
La diffusione dei fatti sui risultati di un'azione del genere avrebbe messo in cattiva luce la lotta di liberazione e il PCI, movimento egemone all’interno della resistenza , quindi i dirigenti locali ordinarono al Buzzo di mettere a tacere il Bocconi, considerato poco affidabile e dalla lingua troppo sciolta.
Buzzo confidò di aver freddato Bocconi con una raffica alle spalle, il 24 aprile 1945, durante gli ultimi combattimenti in città. Molti partigiani dichiarati caduti in combattimenti contro i nazi – fascisti, in realtà furono uccisi per una moltitudine di motivi dai loro stessi compagni di brigata, gelosie interne, odio di clan o famigliare, spartizioni di bottini iniqua ( vedi il Mostro di Bargagli ), diversità ideologiche, vedi Porzius
Però, dopo la fine della guerra, Buzzo cominciò ad avere scrupoli di coscienza, minacciando di fare delle rivelazioni sull’accaduto, fu decisa quindi la sua eliminazione.
I due esecutori (Restani e l'anonimo componente della banda) decisero di non ucciderlo, e riferirono di non averlo trovato. Ma i vertici del gruppo non gli credettero. Iniziò una attività di repulisti affidata al mitra con una duplice finalità : eliminare chi sapesse e poteva parlare, restituire purezza ideologica e dare un segnale alle forze anticomuniste della città.
Fu ucciso subito un appartenente al gruppo, Niccolò Arena, con l’accusa stra abusata di essere una spia fascista.
Ci fu l'attentato a Restani, e il 23 Maggio 1946 Mario Buzzo fu prelevato dalla sua casa, per poi essere trovato morto tre giorni dopo. Se Restani non fosse sopravissuto al suo attentato questa storia non sarebbe mai girata.
Questa fu la testimonianza di Cornelio Restani al processo, la quale, ovviamente, suscitò un certo scalpore e molta incredulità.
Il processo era però finalizzato a appurare le motivazioni e le responsabilità del tentato omicidio di Restani, non a far luce sulla Strage della galleria di San Benigno, e si risolse nella condanna a pene detentive di tutti gli imputati, compreso Restani come reo confesso.
Dopo il processo , il pubblico ministero dichiarò di voler continuare le indagini sulla Strage della galleria a partire dalla confessione di Restani, ma a questa affermazione non seguì nessuna indagine o procedimento, questi soggetti vennero incarcerati , ma uscirono per l'amnistia del 19 Dicembre 1953 .
Fu la più vasta amnistia della storia della Repubblica. In essa tutti gli ergastoli per ragioni politiche venivano ridotti a 10 anni di galera. Il provvedimento riguardava i crimini commessi dall’ 8 settembre 1943 e il 18 giugno 1946.... sembra proprio un'amnistia su misura per i partigiani che si fossero fatti beccare sul fatto, dato che di quella precedente del 22 Giugno 1946, detta anche amnistia Togliatti, ne beneficiarono anche le persone compromesse con la RSI
Nel corso del dibattimento nessuno fece testimoniare in aula i capi Genovesi della Resistenza.
Nonostante le gravissime accuse di Restani che vennero ampiamente pubblicizzate sui giornali, nessuno del partito o dei vertici della Resistenza fece una formale smentita e neppure sporse querela per diffamazione.
Il processo Restani fu rapidamente o frettolosamente coperto dall'oblio, confinato nei polverosi archivi di stato e delle procure: un muro di gomma.
Duemila vittime innocenti, uomini, donne e bambini che cercavano rifugio in una galleria sono stati traditi proprio da coloro che affermavano di lottare per la Libertà. Questa strage fu causata da incompetenza e incapacità oppure si voleva che accadesse sul serio?
L’azione con le terribili conseguenze trova anche spazio in rapporto della Office Secret Service in cui , sorgono molti dubbi sulla pianificazione e l'esecuzione di questo attacco. Sembra che la strage di civili sia stata causata da un incidente. Ma questo “incidente” non avrebbe potuto essere evitato con una migliore programmazione?
Nello scoppio non perirono solo ed unicamente i civili rifugiati all’interno ma anche gli abitanti delle case soprastanti alla galleria che franarono in basso, trascinando con se decine di persone. In queste case pare vivessero un centinaio di nuclei famigliari.
Ci fu una criminale sottovalutazione dei cosiddetti danni collaterali, causati dall'esplosione di un deposito di munizioni improvvisato in una zona densamente abitata. Uno scenario peggiore è difficile da trovare.
Per liquidare 200 tedeschi e un treno merci della Wermacht, venne compiuta una strage di 2000 civili Italiani, carneficina compiuta da sabotatori Italiani, fratelli proprio di quelli che avrebbero dovuto proteggere. Il comune di Genova, da tempo immemorabile ,di sinistra, ha sempre glissato su questa strage, esercitando l’amnesia più completa..
Sulle macerie delle case era stata posta una Croce dalla popolazione. Questa Croce fu tolta.
Ai morti nella catastrofe, non è mai stato dedicato un monumento o qualcosa che ne celebri la memoria e neppure una cerimonia ufficiale. Senza parlare della retorica delle targhe poste a ogni angolo di strada dove cadde ucciso un partigiano (che sono regolarmente ornate di alloro a ogni 25 aprile) ed esistono anche monumenti alle vittime dei bombardamenti alleati. Perché questi 2000 morti non devono essere ricordati e onorati?
Solo nel 1999 è stata posata una targa con questa dicitura: “Vittime della galleria di San Benigno 10/10/1944” che come si può vedere, non vuol dire nulla . Gli articoli dei giornali che riportarono il fatto furono incompleti, parziali, inesatti e assolutamente fuori tema.
e quasi nessuno che non viva a Genova, sa che qualcosa è successo il 10 ottobre 1944 nella galleria di San Benigno
Roberto Nicolick



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