giovedì, luglio 24, 2025

Caterina F. detta Rina La belva del Friuli o la belva di Via San Gregorio 1946 Fu sicuramente il più atroce delitto del dopoguerra, soprattutto perché tra le vittime ci furono tre minori, la protagonista di questo pluriomicidio nasce nel Friuli nel 1915, famiglia contadina, a 16 anni è a Milano dove fa la domestica, diventa una bella ragazza, capelli nerissimi, forme procaci, labbra carnose , sguardo penetrante. Si fidanza con un bravo ragazzo con cui progetta di sposarsi ma lui si ammala di TBC e muore. Rina si sposa con un suo paesano ma già dalla prima notte da segni di squilibrio mentale e viene ricoverato in un manicomio. Rina torna a Milano , è una bella donna di trentanni, un giorno entra in un caffè in centro e un uomo la nota, Giuseppe R. un meridionale che fa il magliaro. L’uomo la approccia e la corteggia, Giuseppe non è bello, non è affascinante e nemmeno intelligente ma in quel momento ha soldi che gli girano per le mani e afferma di essere single , ma mente, infatti ha moglie e tre figli che sono giù in Sicilia. Lei che aspetta l’occasione, cede alla corte di Giuseppe e vanno a convivere in un appartamento in Via Macchi, poi lui apre un negozio di tessuti in Via San Gregorio e ve la inserisce come commessa ma in realtà lei lo gestisce da padrona, per lei è il top: ha un uomo , ha una stabilità e economica e un lavoro dignitoso che le piace. Ma anche le favole finiscono, la moglie Franca P. arriva dalla Sicilia e vuole il posto che le spetta, Giuseppe che è un debole tentenna tra la famiglia e l’amante, il mondo crolla addosso a Rina che vede minacciato tutto quello che ha costruito. Alle 19 del 29 novembre 1946 a Milano piove. La città è nel il suo classico clima brumoso, Giuseppe è a Prato per definire un acquisto di tessuti, Rina sale in Via San Gregorio , una strada dall’aria modesta tra Porta Venezia e la Stazione Centrale, per incontrarsi con la moglie, in casa non c’è il riscaldamento e la donna indossa una pelliccia e i bimbi il cappotto, non si sa esattamente cosa le due donne si dicono ma ad un certo punto Rina la aggredisce con una spranga di ferro e la uccide poi raggiunge i bimbi e li uccide , prima Giovannino di 9 anni, poi Pinuccia di 5, l’ultimo di 10 mesi, Antoniuccio lo massacra sul seggiolone strangolato e poi colpito con un tacco di una scarpa da donna. Fatta la strage si allontana e torna a casa. Le ingani vanno subito in direzione di Rina, dato che tutti sanno che lei e Giuseppe si frequentano, da subito lei è interrogata ma afferma di non essersi mossa da casa, ma gli inquirenti, fra cui il famoso Commissario Nardone, notano tre piccole macchie di sangue sul bavero del cappotto che analizzate risultano appartenere allo stesso gruppo sanguigno della Franca P.. Rina crolla e ammette un suo coinvolgimento e fornisce tre diverse versioni , fa una chiamata a correo di un certo Carmelo, cugino di Giuseppe che finisce a S. Vittore per 18 mesi, ma il poveretto è innocente e quando esce muore di crepacuore. Va a giudizio e nel 49 viene condannata all’ergastolo , pena confermata in appello tre anni dopo. Giuseppe che è il responsabile morale del tragico fatto, scompare dalla scena e nel 1974 muore a Catania. Rina durante la detenzione è una detenuta modello, si mostra pentita e a più riprese scrive nelle sue lettere : non vivrò mai abbastanza per scontare il male che ho commesso. Dopo 28 anni di detenzione, esce in libertà condizionata dal carcere Fiorentino di Santa Verdiana, lascia in regalo alle sue amiche di cella tre bambole di pezza. Nel 1988 a 73 anni, Rina F. muore per un infarto, la donna anche se ritenuta colpevole ha sempre ripetuto di non aver ucciso lei i tre bimbi.

Nessun commento:

Posta un commento