giovedì, ottobre 04, 2018

la strage di Schio


La strage di Schio
6 – 7 luglio 1945

Nella notte tra il 6 e il 7 luglio del 1945, si consumò a Schio una strage ad opera di partigiani comunisti e poliziotti ausiliari, nella quale furono assassinati, ben 54 prigionieri e 17 furono feriti, uomini e donne, la più giovane delle vittime fu una sedicenne, va registrato a onor del vero che solo una parte dei caduti erano connessi in qualche modo alla Repubblica, molti di loro erano stati incarcerati per errore e stavano anche per essere liberati, ovviamente con la classica lentezza burocratica che contraddistingue l'Italia di allora e quella di oggi.
Comunque la guerra era finita da un pezzo, quasi 90 giorni, ma nonostante questo, la strage si consumò con una ferocia disumana scegliendo come bersagli prigionieri indifesi benchè tutelati dalle autorità alleate che in effetti avevano in animo di sottoporli ad un regolare processo che poteva anche concludersi con una assoluzione dalle imputazioni.
Tra i 99 detenuti c'erano 8 comuni, 25 donne, cinque appartenenti alle BBNN, tre agenti della polizia ausiliaria fascista, tre ragazze del SAF, 34 persone definite genericamente come fascisti o simpatizzanti, c'erano ragazzine di 17 anni, donne in stato di gravidanza, madri e figlie, sorelle, padri e figli, anziani ultrasettantenni, il primario dell'ospedale di Schio Arlotta, il commissario prefettizio Vescovi, esponenti di rilevo della RSI, Plebani, Tadiello, Domenico e Isidoro Marchioro, Capozzo, una ragazza di 16 anni Anna Franco, un reduce dell'ARMIR Calcedonio Pillitteri, l'ex podestà di Torrebelvicino Antonio Sella, Giuseppe Stefani e altri gregari della RSI.
L'eccidio ebbe luogo presso la sede del tribunale e del carcere di Schio, una palazzina stile Liberty situata nel centro di Schio, i detenuti vi erano ammassati in due celle al primo piano e in uno stanzone al secondo piano e fu compiuta a colpi di armi automatiche, fucili mitragliatori e una mitragliatrice.
Nei giorni precedenti la fine della guerra la zona di Schio e il Vicentino tutto, erano state teatro di aspri scontri tra le formazioni militari della RSI i Tedeschi e le Brigate partigiane comuniste che erano collegate ai partigiani Titini, noti questi ultimi per il loro odio atavico verso gli Italiani.
Il terreno di coltura di questa strage era già bello pronto, era solo questione di tempo. In quel periodo era presente a Schio un CLN che non aveva alcun potere decisionale sulle forze partigiane , a parte gli Alleati , sul territorio era stata operativa, durante la guerra, una brigata partigiana comunista, la Ateo Garemi, che nonostante ci fosse stato l'ordine alleato di consegnare le armi, le deteneva ancora in previsione di un loro futuro uso, cosa che avvenne puntualmente.
I due capi partigiani, Igino Piva e Valentino Bortoloso, Romero e Teppa un soprannome che è tutto un programma, con un reparto della succitata brigata partigiana, arrivano al carcere di Schio, alle 23 della notte del 6 luglio 1945 armati sino ai denti e soprattutto mascherati, in diversi modi per non essere identificati, chi con un fazzolettone, chi con una maschera antigas, chi con una rete sul capo da cui pendevano dei rametti di piante chi con un cappellaccio calato sul viso, tutti in abiti borghesi.
Non hanno alcuna lista di proscrizione, solo una ferma volontà di fare piazza pulita degli “odiati fascisti”, si trovano di fronte a 99 prigionieri. Nel gruppo dei partigiani nascono accese discussioni sul numero dei prigionieri da “giustiziare”e soprattutto sul chi .
Dopo un'ora di dibattito, alcuni in disaccordo se ne vanno, altri, quelli più biechi e ottusi, vanno sino in fondo nella loro infame azione, e in spregio alle leggi umane e di guerra, i boia decidono in obbedienza alle direttive ricevute, di ammazzare anche le donne.
Donne che non avevano mai preso parte alle azioni militari della RSI, al contrario erano studentesse, casalinghe, ma purtroppo per loro, mogli o fidanzate di Fascisti, questa la loro unica colpa, i tristi e feroci assassini ne uccisero 14, tutte assolutamente incolpevoli.
Inizialmente i detenuti, soprattutto quelli che avevano esperienza militare cercarono di puntellare le porte delle celle ma vennero abbattute dai boia, non tutti subito capirono quello che stava per accadere perchè inizialmente i banditi dissero di stare tranquilli in quanto si trattava solo di un trasferimento, ma dopo pochissimo tempo, tutti capirono che era una esecuzione sommaria multipla. La disperazione e il terrore afferrò tutti i prigionieri.

Alle 0.15, dopo essere entrati in tutti i locali, dopo aver fatto una selezione delle vittime da abbattere, dopo aver spianato le armi i poliziotti ausiliari partigiani e i partigiani comunisti, che poi erano la stessa sordida cosa, iniziarono a fare il tiro al bersaglio, a bruciapelo, contro i prigionieri che erano assiepati nelle celle, in piedi e in attesa spasmodica della loro sorte, in quella posizione non potevano sottrarsi alle pallottole. Anche il tiratore più scarso tra i partigiani non avrebbe potuto fallire. I bersagli erano il toraci, le gambe, le braccia, in una frenesia omicida.
Per diversi minuti , le armi degli assassini crepitarono, a decine i poveretti caddero prima feriti e poi finiti dal tiro incrociato, subito caddero le prime file poi quelle successive in un terrore senza fine. c'era sangue ovunque e l'odore della cordite impregnava l'aria dei locali, le pareti, gli infissi, i pavimenti erano tutti lordati dal sangue delle vittime.
Quando dopo circa un'ora i soccorsi arrivarono trovarono decine di corpi ammonticchiati nelle celle, e ogni tanto si udiva un flebile lamento, erano i feriti che erano sopravvissuti alle raffiche, nascondendosi sotto i cadaveri dei loro compagni di sventura.
Fu, per le modalità con cui venne compiuta, una delle stragi più efferate che avvenne nel periodo di pace relativa che seguì il periodo post insurrezionale.
Una volta tanto le forze alleate non restarono inerti, il 13 settembre 1945 la Corte Militare Alleata giudicò e condannò a morte i partigiani Renzo Franceschini, Valentino Bortoloso e Antonio Pochesato, all'ergastolo i partigiani Aldo Santacaterina e Gaetano Canova, molti di questi fuggirono in Yugoslavia ed eviarono i rigori della giustizia alleata.

Nel 1952 a Milano altro processo per i mandanti e gli esecutori dell'eccidio, alla sbarra sono : Ruggero Maltauro ex capo della polizia ausiliaria partigiana a Schio ed espatriato presso il compagno Tito subito dopo la strage, Giovanni Broccardo, Italo Ciscato, Narciso Manea, Andrea Bruno Micheletto, Gaetano Pecoraro, Igino Piva e Bruno Scortegagna.
Il processo che ebbe grande risonanza si concluse con la condanna all'ergastolo per tutti gli imputati tranne che per Bolognesi e Sterleche che presso la Corte di Assise di Vicenza furono prosciolti , il primo per insufficenza di prove e il secondo per non aver commesso il fatto.

Fermo restando che i morti, una volta tali, hanno diritto a rispetto e giustizia, i poveretti che persero la vita nel carcere di Schio non ebbero ne l'uno ne l'altra, ancora oggi non si conoscono i nomi dei mandanti e di tutti gli esecutori.
Robert Nicolick

Questo articolo è stato scritto su richiesta specifica di Caterina Ratta.






Nessun commento:

Posta un commento