martedì, settembre 30, 2008

IL PROBLEMA DELLE DISCARICHE ABUSIVE





Il problema delle discariche abusive e' grave in tutta la provincia di Savona, basta girare per i boschi e si notano lungo i sentieri o negli spiazzi adiacenti alle stradine sterrare montagnole di rifiuti di ogni genere, materiale di risulta, mobili, materassi, pneumatici, pannelli di cartongesso, biciclette e altro. Esiste un problema di incivilta' che deve essere risolto in modo definitivo e anche con mezzi coercitivi altrimenti il verde della provincia verra' sommerso da una montagna immensa di "rumenta". E ci si puo' trovare proprio di tutto.....anche delle ossa di un grosso animale...
Ecco nelle foto che ho scattato, un tipico esempio di discarica abusiva :
Piazzale di Bossarino, Vado Ligure, a pochi metri dagli uffici della Motorizzazione Civile di Savona, c’e’ un piccolo piazzale delimitato da un guard rail su cui e’ piazzato il cartello che indica la possibilita’ di parcheggiare, ma invece delle auto posteggiate c’e’ tutta questa montagna di rifiuti ingombranti. Questa situazione dura da mesi e a nessuno viene l’idea di sgomberarli, forse esistono delle aspettative di ingigantire la montagna del materiale e raggiungere il guinnes dei primati ?

lunedì, settembre 29, 2008

GIORNALI DI PARTITO E ISTIGAZIONE ALLA VIOLENZA




L'immagine incriminata




Sotto il titolo "Guerre giuste" appare oggi , sull'Unita',l’immagine di una persona che, puntando una pistola come il killer suicida finlandese che dieci giorni fa aveva ucciso dieci studenti della propria scuola, fa intendere che al ministro Brunetta si potrebbe anche sparare. Sebbene, il ministro abbia più volte dimostrato grande sintonia con la satira istituendo addirittura un concorso per premiare la migliore vignetta a lui dedicata, in questo caso la "comicità" sembra aver superato il segno. "Tutti dobbiamo accettare anche la più graffiante presa in giro - commenta Gasparri che più volte ha elogiato chi lo imita anche in maniera molto vistosa - ma una pistola puntata, pur se in una vignetta, non è un bel gioco".


Mi viene in mente un'altra immagine simile , relativa agli anni di piombo , in cui si vede una foto in bianco e nero, dove un dimostrante - terrorista prende la mira concentrato durante una manifestazione di piazza.


sabato, settembre 27, 2008

TENDOPOLI


Tende sulla spiaggia ad Albisola

Immediatamente dopo la galleria del Valloria, che porta ad Albisola, c’e’ una spiaggia dove sorgera’ il porticciolo della Margonara, molto discusso e contestato. Di fronte al mare a circa 10 passi dal cosiddetto bagnasciuga, ho intravisto delle tende, appena nascoste dagli alberi che costeggiano la strada.
Incuriosito sono sceso giu’ dalla strada Aurelia ed effettivamente ho potuto osservare da vicino queste tre tende, di diverse dimensioni e colori: due sono blu e la terza e’ verde grigia, accanto ad una delle tende vi e’ un sacco a pelo aperto e disteso, con un grosso cuscino rettangolare, che un tempo doveva appartenere ad un divano oppure ad una poltrona a fiori, forse a qualcuno non piace dormire dentro la tendina.
Sempre attorno alle tre tende si vede un ombrellone da spiaggia giallo, aperto anche se oggi non c’e’ il sole, un piccolo seggiolino blu, un salvagente a ferro di cavallo e due sgabelli senza schienale tondi uno incastrato nell’altro.
A rendere la scena piu’ completa e casalinga , vi sono anche un fornello su trepiede di metallo, per cucinare il barbecue, con le relative padelle sparse sulla sabbia e una piccola credenzina con il sale e gli altri aromi necessari a cucinare, accanto ad una tenda vedo anche una stampella di plastica ed una damigiana di vetro, malinconicamente vuota…. Non vi e’ anima viva e le tende sono chiuse con le cerniere tirate . A testimoniare che gli abitanti invisibili della piccola tendopoli amano gli animali vi sono delle scodelle per cani, ne conto tre con il cibo ancora dentro.
Chissa’ chi sono le persone che abitano la tendopoli e chissa dove si trovano adesso. E soprattutto…cosa fanno per poter vivere ?

venerdì, settembre 26, 2008

DANIELE MACCIANTELLI, UN AGENTE CADUTO NELL'ADEMPIMENTO DEL PROPRIO DOVERE

Il poliziotto, Daniele Macciantelli, di 36 anni, era intervenuto in un appartamento di Pontedecimo per tranquillizzare il giovane che aveva dato in escandescenze. Infatti, i genitori del giovane, non riuscendo a calmarlo, avevano chiesto l'aiuto del 118. I medici non riuscendo a riportarlo alla calma hanno chiesto l’intervanto della polizia. All’arrivo del poliziotto, il 27enne ha impugnato un coltello e l’ha pugnalato mortalmente al torace. La manovra è stata talmente improvvisa e inaspettata che il poliziotto non ha fatto in tempo a proteggersi o a schivare il colpo. Immediato il ricovero in ospedale e intervento chirurgico dei sanitari che però non l’hanno potuto strappare alla morte. L'assassino, Danilo Pace, è stato trasferito nel carcere di Marassi, accusato di omicidio volontario.

UN SOLLIEVO PER QUESTI GATTI


Stamattina , di buonora mi sono recato al gattile di Bossarino per portarvi da mangiare ai gatti che si trovano in zona. Il dato positivo e' che non ero solo, una decina di cittadini dopo aver letto la mia segnalazione, gentilmente pubblicata sui giornali, si sono attivati e dopo avermi telefonato hanno portato anche loro dei generi alimentari per nutrire i gatti. Apenna abbiamo versato il mangiare nei piattini, i gatti sono arrivati famelici, evidentemente avevano una grande fame arretrata, hanno spazzolato i piatti e ne volevano ancora. Abbiamo stabilito un calendario per portare il vitto alle bestiole in modo da non accavallarci. Domattina, visto che nessuno delle autorita' provvede, bonificheremo il piazzale dei rifiuti che da mesi marciscono tra i rovi, in modo da renderee piu' vivibile la zona per i gatti e anche per i Cristiani che vi giungono a portare il cibo. Ringrazio tutti coloro che stanto dando e daranno il loro aiuto, Emi, Andrea, Giorgio , la Rossana , la Signora Battaglia...grazie ancora.

mercoledì, settembre 24, 2008

ORRORE A BOSSARINO






Ai Media;
Agli Enti Interessati;




Orrore a Bossarino ( Vado Ligure )
Una colonia felina, in uno stato orrendo


Un cartoncino bianco rettangolare, affisso su un container di metallo ondulato, con disegnato sopra un musetto di un gatto indica che li’ c’e’ o meglio dovrebbe esserci una colonia felina libera, invece c’e’ l’orrore: ho visto personalmente la sporcizia, la mancanza della piu’ elementare norma igienica, l’acqua fetida anzi marcia in un contenitore dove i gatti, una trentina circa di cui alcune femmine incinte, dovrebbero abbeverarsi, un mucchio di contenitori, che un tempo forse hanno contenuto del cibo, luridi e sporchi ammonticchiati in un angolo, rovi e sterpaglie ovunque, una ammucchiata di stracci marci e fradici e infine, annunciato da un fetore pazzesco, il top del top dell’orrore, una carcassa di un povero gatto nero , in putrefazione coperto dalle mosche e pieno di vermi, che occupa il centro della spianata dove dovrebbe esistere il gattile libero.
Attorno vi sono altri gatti, qualcuno sembra in buon stato, altri hanno gli occhi che spurgano, evidentemente non godono di buona salute. Il cibo e’ assolutamente assente, i contenitori sono sporchi e terribilmente vuoti. Un anziano che cura un gregge di pecore li accanto, mi dice che un tempo arrivava una signora a dare da mangiare ai gatti, ma ora non si vede piu’ nessuno e quindi i poveri animali patiscono la fame piu’ nera.
Mi sorgono spontanee alcune domande : L’ENPA,che pere statuto dovrebbe occuparsi di queste situazioni, e’ a conoscenza dell’esistenza di questa colonia felina e soprattutto dello stato in cui versano questi poveri animali ? Perche’ nessuno interviene, ASL o Polizia Municipale di Vado Ligure ad eliminare la carcassa, probabilmente infetta che campeggia in mezzo al piazzale ? Perche’ l’ENPA non invia un suo delegato a portare, almeno sporadicamente, del cibo a questi gatti ? Tutte queste domande mi sorgono in mente, mentre allungo qualche scatoletta a questi sfortunati gatti, che mangiano famelici.
Intanto tutti se ne fregano…

lunedì, settembre 22, 2008

REGINA VENDRAME



Un’altra povera ragazza “giustiziata” perche’ ritenuta “spia fascista”

Il documento della Divisione d’assalto Garibaldi “Bonfante” operante ad Albenga durante la guerra civile recita testualmente e freddamente : “…Diamo comunicazione della sentenza di condanna a morte e della avvenuta esecuzione, per volonta’ del popolo e del Tribunale militare di Albenga, nei riguardi delle seguenti persone, tutte accusate con fatti incontestabili di aver servito i nazi – fascisti a danno delle Formazioni della Liberta’…”

Segue una lista di nomi e come penultimo appare un nominativo di una donna, VENDRAME Regina.

Il documento prosegue in modo laconico e burocratico : “..la sentenza e’ stata eseguita nei riguardi di ognuno fuori dall’abitato della citta’, Albenga n.d.r., verranno inviati a codesto comando i verbali di condanna a morte emessa da questo Tribunale Militare.

Il verbale viene inviato contestualmente ai vari livelli di comando della formazione partigiana della zona di Albenga e anche alla stazione dei Carabinieri locale.

Ma, chi era Regina VENDRAME e cosa aveva fatto di tanto grave per essere catalogata come collaborazionista e per meritare la morte ? Assolutamente nulla !
Grazie all’aiuto di un ricercatore storico, Piero Bomba, e’ sta fatta luce su questa sventurata ragazza, assolutamente innocente delle accuse mossele. La ragazza, assieme ad altre tre , provvedeva sic et simpliciter alla cucina della mensa dell’aeroporto militare di Albenga.
Mensa a cui mangiavano i militari della guarnigione tedesca dell’aeroporto. Quindi questa povera ragazza non era una ausiliaria dei reparti armati della R.S.I. e tantomeno una pericolosa spia fascista, era unicamente una aiuto cuoca, che a gennaio del 1945, arrivo’ dal Veneto, da una famiglia di 6 figli, ed accetto’ di lavorare nella cucine dei tedeschi per alcuni buoni motivi: per rabbonire le truppe tedesche ed evitare la fucilazione per rappresaglia di dieci ostaggi e per poter mangiare qualcosa, vista la miseria endemica di cibo che stava colpendo tutta la popolazione civile.
La poveretta riusciva a mettere qualcosa sotto i denti e anche a portare un po’ di cibo al fratello diciassettenne Lino Vendrame con cui viveva a Villanova D’Albenga.

La cosa, pero’ non doveva essere stata tollerata dai partigiani , che in seguito agirono nei confronti della Regina VENDRAME con la solita brutalita’, colpevole ai loro occhi di chissa’ quali colpe.
Il giovane fratello della Regina, successivamente assistette terrorizzato a cio’ che i partigiani fecero alla ragazza.
Nel marzo del 1945: arrivo’ un gruppo di partigiani , di notte, presso l’abitazione dei due Vendrame, la ragazza subi’ il taglio dei capelli, e per non perdere l’abitudine, i partigiani razziarono tutto cio’ che poterono nella gia’ povera casa, cibo e coperte, minacciando i giovani di tacere assolutamente pena la morte.
Ma questo era solo il primo round, poi segui’ il resto : il 25 aprile del 45, data storica, Regina Vendrame fu convocata presso il locale C.L.N. vi si reco’ a piedi da Villanova, non immaginando a cosa andava incontro, assieme ad altre ragazze.
Appena giunta, le fu dipinta il capo con della vernice rossa, venne portata sul balcone ed esposta allo scherno della gente presente in piazza, poi costretta a cantare la nota canzone “bandiera rossa”, trascinata per le pubbliche strade di Albenga e successivamente fucilata assieme alle sue compagne di sventura.

Non e’ sicuro il fatto che venne stuprata, anche se in questi casi era un trattamento di prassi, riservato dai partigiani comunisti alle donne accusate di collaborazionismo.

Questa testimonianza appartiene al fratello, Lino Vendrame di appena 17 anni, che si salvo’ dal plotone di esecuzione, grazie al deciso intervento del Parroco che gli fece scudo con il proprio corpo.
Il ragazzo assiste’ a tutti gli eventi, rimanendone terribilmente segnato nell’anima, e ne fece una testimonianza manoscritta, medito’ anche dei sentimenti di vendetta verso chi aveva compiuto l’omicidio della sorella, ma essendo un Cristiano praticante tento’ di perdonare gli assassini.
Regina era una ragazza di poco piu’ di vent’anni, piena di vita, volenterosa, che voleva solo poter svolgere un lavoro, la sua vita venne stroncata da tanta violenza e da una raffica di mitra.

L’assassino della povera Regina Vendrame, aveva come soprannome di battaglia “cimitero”, in nomen omen, ed era un assassino di lungo corso, quello della Regina pare fosse il 26° omicidio. Per il delitto della Vendrame fu processato nel luglio del 1950, e se la cavo’ con soli 22 mesi di detenzione.
Ecco come venne consumata una ennesima atrocita’ , totalmente gratuita, su una giovane ragazza.

domenica, settembre 21, 2008

BARBONE DORMIENTE



Barboni a Savona
Ore 9, mattina di venerdi’, una leggera pioggia cade sulla citta’ di Savona, i negozi alzano le serrande, in piano centro di un popoloso quartiere , in Via Orazio Grassi , un barbone dorme della grossa , incurante dei passanti e del traffico, addossato ad una saracinesca. Questa, purtroppo e’ una immagine usuale, visto che nessuno da a queste persone una adeguata ed umana sistemazione, sono costretti a dormire dove capita, anche in condizioni sub umane. Ovviamente il comune di Savona, di sinistra e’ impegnato in tutt’altre faccende a carattere edilizio.

lunedì, settembre 15, 2008

CONVERSAZIONE A SCAMPIA: la giusta indignazione dei cittadini per bene non deve essere scambiata per razzismo

«Giuva’, scétate!»
«Maro’, Fili’, ma cche te salta ‘n capo? So’ e tre e’ notte!»
«Ihh, su, facimm’ampress! Abbiamo da fa’ ‘a ronda!»
«A ronda?»
«A ronda, a ronda, cuntra ai romm, Giuvà!»
«Gesù, ma proprio dobbiamo?»
«Eccheè, chisti rubbano d’in tte casa toia, e tu nun voli facere ninte?»
«Fili’’, ma quanno rubò dentro casa toia Pepiniello o’ Sorcio, il cuggino del boss del quartiere, tu dicisti ninte?»
«Giuva’, ma chisti se tu passi e non gli dai l’elemosina, ti spintonano!»
«Fili’, fammi capire… ma quanno Tony Cannamozza, o ras d’ o rione, viene d’in to to’ ristorante e chiede il pizzo, tu qualche cosa gli dici?»
«Ogessùgiusppemaria, Giuva’, ma chisti hanno le donne che fanno e’ puttane!»
«Ih, Fili’, e to’ soreta che fece fino a quattr’anni fa?»
«Ma Fili’, quella un’attività in proprio era… e poi questi se futtene e’ criature!»
«Ah, come donna Assunta, che aspettava che la figlia partorisse e poi si vendeva i nipoti al mercato della coppie che non possono adottare…! E tu, che lo sapevi perché stava vicina di casa attè, chiamasti mai l’autorità?»
«No, ma che c’entra…questi rendono il quartiere invivibbile…! Non si può più girare pe’ strada, pecchè le femmine nostre rischiano di essere violentate da chisti, che stazionano tutto o’ giorno dinanzi a o’ bar, senza avere acchè fare…»
«Ah, come quanno si mette in coppa a’ piazza Nino o’ Killèr colla compagnia sua, vuoi dire? Che tutte le belle femmine che passano , e pure quelle brutte, quanno proprio va bene si pigliano ‘na passate e’ mano sul culo? Non capitò anche alla figlia toia, la più piccina? E tu dicisti ninte?»
«Ma che c’entra, quelli delinquenti nostri sono, chisti so’ romm»
«Eh, certo, non ci avevo penzato. Quanno tieni raggione, tieni raggione. Aspe’, Giuva’ prenno o’ revolbero e scenno…»

sabato, settembre 13, 2008

PEDOFILIA, ORCHI, BASTARDI

“GIOCHI CHE AIUTANO A CRESCERE”.

Lo dice un pedofilo arrestato a Vicenza. Leggete qua:
«No, non li ho stuprati. Ho toccato uno dei due bambini, il più grande.
Avevo subito queste attenzioni anche io, quando avevo la sua età».
Un muratore di 51 anni, di origini campane ma da molti anni residente a Vicenza, è indagato dalla procura per violenza sessuale su due bambini di 6 e 7 anni. Sarebbero sue vittime i figli della sua ex compagna, con la quale, all’epoca dei fatti, risiedeva a Bassano. La polizia l’ha denunciato per una serie di episodi avvenuti a partire dal 2000 - e fino al 2003 - in abitazioni della famiglia fra Bassano, Recoaro e Piovene. L’indagine della squadra mobile della questura era scattata dopo la drammatica denuncia della mamma dei due bambini: erano stati loro a raccontarle, timorosi, di quanto accadeva quando lei non c’era, oppure quando lui faceva la doccia assieme a loro. La donna si era rivolta ai detective del commissario capo Michele Marchese, che avevano avviato i contatti con gli psicologi. I due bambini erano stati sentiti a lungo, e separatamente, e quanto emerso durante le audizioni protette avrebbe confermato la denuncia della madre, che ovviamente aveva subito troncato la relazione con il muratore, il quale era tornato subito a vivere a Vicenza. Secondo l’accusa, gli episodi di violenza e molestie sarebbero stati numerosi nel corso degli anni, passando prima per i toccamenti e infine per le penetrazioni di entrambi i maschietti. Un orrore, che l’orco avrebbe invece descritto come un gioco divertente ai due figliastri. Le violenze sarebbero avvenute più di frequente quando i bambini, a casa o in altri due appartamenti di cui il muratore aveva disponibilità, erano affidati a lui e quando la mamma non era presente in casa.
La procura ha deciso di sentire il campano (cui era stato imposto il divieto di dimora dal tribunale bassanese subito dopo la denuncia, per tenerlo lontano dai bambini).
Il muratore avrebbe ammesso solo qualcuno degli episodi, e solo con uno dei bambini. Nessuno stupro, solo molestie. «Era un gioco per aiutarlo a crescere e per insegnargli a conoscere il suo corpo», si è giustificato, precisando di aver ricevuto lo stesso trattamento quand’era piccolo, da un vicino di casa al quale veniva affidato in assenza dei suoi genitori. Una circostanza, questa, che accomuna parecchi uomini accusati di reati terribili e vergognosi come la violenza su bambini in tenera età.
Le testimonianze raccolte dalla polizia, però, sono ben più pesanti rispetto alle sue ammissioni. Il muratore si sarebbe comportato in maniera animalesca con i due piccoli che, vista la tenera l’età e la fiducia che riponevano nei suoi confronti, non potevano rendersi conto che stavano subendo degli abusi. La famiglia, oltre che da un legale, è assistita anche dai servizi sociali per riuscire a superare un trauma durato tanto a lungo e destinato ad avere conseguenze ancora per molto tempo, soprattutto per i ragazzini.
Ora sarà la procura di Vicenza a dover chiudere le indagini per poter fissare il processo, che potrebbe iniziare fra la fine del 2008 e i primi mesi del prossimo anno.




ANCORA ABUSI AL FEMMINILE.
Ma non ci avevano detto che le donne pedofile erano una nostra invenzione???????!
A Porto Sant'Elpidio una allucinante storia di abusi. Un ragazzino affetto da sindrome di down è stato molestato nei bagni di un villaggio turistico da una donna milanese, di 49 anni affetta peraltro da una malattia infettiva.
A cogliere la donna sul fatto, insieme al fratellino seminudo, la sorella del bimbo che ha chiamato subito i carabinieri i quali una volta giunti sul posto sono stati aggrediti dalla predatrice. “La 49enne milanese è stata rinchiusa in carcere fino all'udienza, svolta per violenza sessuale su persona in condizione di inferiorità psichica e resistenza a pubblico ufficiale. Su quest'ultima accusa, la donna ha patteggiato la pena al processo per direttissima svoltosi la mattina dopo l'avvenuto. Ora si trova a piede libero, in attesa che la Procura della Repubblica di Fermo acquisisca tutti gli elementi utili all'incriminazione per violenza sessuale.”

CINICO BLOG. Storie di ordinaria pedo-follia.
Certe storie se ce le inventassimo non sarebbero così tragiche, o forse sarebbe meglio dire …tragicomiche. Un predatore di cui sappiamo solo il nome Alberto C. di 50 anni
residente a Busto Arsizio, prov. di Milano, è stato arrestato per detenzione di materiale pedopornografico ed abusi su di una bambina.
Dopo aver venduto un computer ai suoi genitori con la scusa di essere in procinto di prendere i voti e diventare frate ha avuto il permesso… di passare molte ore (4 mesi) in camera con la piccola, con la scusa di farla pregare.
Meglio, di farle… “raggiungere il Paradiso”. Toccandola e facendosi toccare le “trasmetteva le cellule” necessarie a raggiungere appunto gli angeli, “purificandola” ed alternando molestie a preghiere, “per farla diventare santa”.
La piccola ha trovato la forza di raccontare tutto in un tema intitolato “parlami di un’esperienza negativa”. Le insegnanti hanno mandato subito il tema alla Polizia ed il resto è qua: il bastardo arrestato (ed ora libero…), il suo computer sequestrato (trovate foto pedoporno ed immagini anche della vittima, fotografata nuda), la bimba che ha parlato di minacce, sms erotici, il fatto di averla allontanata da tutte le amichette (altra storia già sentita) e via dicendo. Per quel genio della madre la bimba negli ultimi mesi… era un po’ cambiata. Meno male aggiungo io che poteva pregare…

Se c’è un’immagine che resta di quest’estate e che per non turbare i vacanzieri è stata snobbata dai media nazionali è quella di due bambine, Micelle, di anni 8 e Rose Ron di anni 4.
Micelle sorride all’obbiettivo con quel suo sguardo furbetto, mentre tiene in mano i fiori che il consegnerà il primo giorno di scuola alla sua maestra. Lievemente curva per il suo zainetto rosa. Anche Ron sorride al fotografo. Di rosa ha il cerchietto che detiene i capelli mentre la t-shirt che indossa riporta un personaggio dei cartoni animati che tanto amava.
Michelle è sparita da casa sua il 18 agosto. Il suo corpicino l’hanno ritrovato tre giorni dopo galleggiare in un laghetto in un parco a nord-ovest di Lipsia.
L’autopsia ha confermato gli abusi sessuali.
Il corpicino di Rose Ron invece non è stato ancora trovato.
Pare sia da qualche parte dentro ad una valigia, buttata in un fiume dal suo assassino,
il giovane nonno Ronny.
Allucinante la sua storia.
La madre (ora in carcere) ha pianificato l’omicidio della bimba con Ronny, 45 anni, suo suocero ma ora anche suo amante.
Rose è nata in Francia figlia di Marie e dell’israeliano Ben, entrambi ventenni.
Quando Marie va a trovare i suoceri si innamora di Ronny. Lascia allora la famiglia in Francia e va a vivere in Israele, fino a quando non scopre (nel dicembre’07) che la bimba è finita in ospedale: a causa degli abusi sessuali subiti dal padre.
Facile per lei ottenere subito l’affidamento della bimba che arriva in Israele e si trova catapultata in un mondo nuovo:
non conosce la madre, è ancora sotto shock per gli abusi subiti, non parla la lingua locale ma solo il francese, non ha alcun affetto…
Molti i segnali che lancia. Facilmente curabili con l’amore. Soffocati invece con odio e disprezzo. La bimba piange in continuazione, non mangia, si fa del male… the same old fucking story…
La madre ed il suocero amante non ce la fanno più e decidono di disfarsene.
Ronny arriva con una valigia… il resto è cronaca nera.
Dopo 7 versioni il nonno crolla e confessa l’omicidio. Dice di averla abbandonata in un fiume, alla periferia di Tel Aviv. Fiume che si è ingoiato la piccina. E tutte le sue lacrime mai asciugate.
Anche il capo della polizia che ha seguito le indagini ha dichiarato di non aver mai visto i suoi uomini piangere tanto…
Per soggetti così resta un unico intervento…

IL SOLITO RECIDIVO
A Trento hanno arrestato un pedofilo. Già denunciato a piede libero alcuni giorni fa per atti osceni in una piazza (si era “esibito” coi pantaloni abbassati alle 10 del mattino in una zona centrale della città), ora è finito dietro le sbarre con ben altra accusa:
abusi su di una bimba di anni 6.
Il pedofilo si chiama Giuseppe Gagliano, ha 43 anni, nativo di Palermo e congedato dall’arma dei carabinieri nel 2001.
Anche lui, come tutti i pedofili, era recidivo, avendo già scontato una, ovviamente lieve, condanna nel 2005 per abusi su di una bimba di anni 5 (l’aveva caricata in auto e si era fatto toccare; risultato: patteggiamento a due anni di pena!).
Ma non basta!!!
Nel marzo del 2006 il palermitano era tornato in carcere per un cumulo di pene (aveva patteggiato 4 mesi per essersi masturbato davanti a due ragazzine) e vi è rimasto fino alla fine del 2007. Da dicembre al marzo scorso aveva ottenuto l'affidamento in prova, seguito anche da uno psicologo, del quale ci piacerebbe tanto sapere il nome visto i risultati ottenuti. Ora il pedofilo è in carcere a Verona, in isolamento dato che gli altri detenuti non lo vogliono. Resta da chiedersi: a quando la prossima volta, dato che lì non ci resterà a lungo

L'ARMADIO DELLA VERGOGNA





Sono pagine che documentano il capitolo più vergognoso dell'Italia postfascista. E insieme il più ignorato. Vi sono inventariati i tantissimi crimini, mai perseguiti, commessi dai nazifascisti a danno dei cittadini italiani. Migliaia di morti: bambini (118 solo a S. Anna di Stazzema), vecchi, donne, uomini. Da una parte gli inermi, gli innocenti. Dall'altra i mitra dei nazisti. Gli assassini: se ne conoscevano i nomi, in moltissimi casi, e negli altri, a ridosso degli eventi, non sarebbe stato difficile accertarne l'identità. Le vittime: non hanno avuto ancora giustizia perché ciò non conveniva politicamente. Non era opportuno riaprire le ferite con la Germania dì Konrad Adenauer che, risorta dalle rovine della guerra, era un baluardo antisovietico a fianco della Nato. E si è preferito insabbiare. Anzi: sotterrare denunce, inchieste, esposti. Finivano dentro l'armadio della vergogna custodito nella sede della Procura generale militare, a Roma, protetto da un cancello di ferro. Quando fu scoperto dal magistrato Antonino Intelisano, si accertò la volontà sepolcrale di alcuni personaggi politici, accontentati dalle Loro Eccellenze, i signori procuratori generali militari, perlomeno sino al 1974. Si constatò che in quell'armadio erano stati occultati 695 fascicoli: 280 furono rubricati a carico di ignoti nazisti Gli il altri 415, invece, a carico di militari tedeschi e italiani identificati. Erano accusati di violenze, omicidi, eccidi, a danno di persone estranee ai combattimenti. Nel registro, custodito nell'armadio e continuamente aggiornato, sono state burocraticamente elencate tutte le omissioni di coloro che avevano il dovere di rendere giustizia. È formato da grandi fogli, sono 231, lunghi 42 centimetri e larghi 30. Soltanto la prima pagina riporta 456 morti. Al numero uno è scritto con bella grafia, in corsivo, l'"eccidio delle Fosse Ardeatine ed altre località vicine"". là uno dei rarissimi casi in cui la giustizia ha fatto il suo corso, come per l'eccidio di Marzabotto, segnato al numero 1937 del registro nero.In quel registro sono anche annotate le stragi commesse dopo l'8 settembre a danno dei militari italiani che, per quanto traditi dal re e da Badoglio in fuga, non si arresero. Da quella di Korica, nel Kosovo, a Lero, Scarpanto... Al numero 1167 è registrato l'eccidio di Spalato; come colpevoli sono indicati "generale vonRitter e Schothuber August, com.te delle SS"; le vittime: "Cigala Fulgosi Alfonso [generale di divisione, medaglia d'oro alla memoria, ndr], e altri 48 ufficiali e 700 militari ignoti". Ma, colpo di scena, sul registro è annotato che il fascicolo fu trasmesso alla Procura di Padova il 16 luglio 1947. Com'è possibile? Tutto fu sepolto, ma questa strage no? Niente paura: da nostre ricerche risulta che il 22 dicembre 1951 il fascicolo fu "archiviato provvisoriamente", come verrà fatto anni dopo per tutte le inchieste, e poi definitivamente. Al numero 1188, Cefalonia. Sono indicati i nomi dei responsabili di quell'eccidio: "Ten. col. Barge, comandante del 999. fanteria di fortezza, magg. Hirschfeld, comandante di brigata della la divisione tedesca alpina" e altri. Le vittime: "Militari italiani fatti prigionieri nell'isola di Cefalonia".



ERANO I SOLDATI DELLA DIVISIONE ACQUI, RESISTETTERO Al TEDESCHI


Quando si dovettero arrendere, furono massacrati. Ben 6.500. I corpi bruciati o gettati in mare con zavorre di pietre o infoibati nelle caratteristiche grotte dell'isola, dopo essere stati depredati di tutto. " È stata una delle azioni più arbitrarie e disonorevoli nella lunga storia del combattimento armato", disse il generale Telford Taylor, capo dell'accusa, al processo di Norimberga. In Italia glissarono. Quando parenti delle vittime sollecitarono inchieste e processi, due ministri del primo governo Segni si scrissero, alla fine del 1956, per convenire che non era il caso di compromettere la rinascita della Wehrmacht riportando a galla episodi deplorevoli, certamente, ma che ormai appartenevano al passato. Mentre il futuro era la Nato. I ministri, le cui lettere sono state pubblicate sul numero 1 di "Micromega" di quest'anno, erano Gaetano Martino, liberale, titola-re degli Esteri, e Paolo Emilio Taviani, democristiano, titolare della Difesa, poi senatore a vita. Ma non furono loro, per lo meno sembra, a creare i presupposti dell'armadio della ver-gogna. Chi, allora? Per ora non c'è risposta, come non è stata data risposta alle richieste di danni morali e materiali presen-tate alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, da-to il silenzio delle autorità italiane, da parte dei parenti delle vittime. A chi, dunque, va la tremenda responsabilità dell'affossamento della giustizia? Nomi non ne sono ancora uscitifuori, tranne quelli dei tre procuratori generali che si sono sus-seguiti nel tempo: Umberto Borsari, Arrigo Mirabella ed En-rico Santacroce. Ma loro erano solo esecutori. Chi dette l'ordine? Non il governo Parri, il secondo di liberazione naziona-le, che creò gli strumenti per perseguire i crimini di guerra, co-me attestano verbali dell'epoca ritrovati dal Cmm. Anche i tre governi successivi, guidati da Alcide De Gasperi, erano espres-sione dei partiti del Cln, gli stessi che avevano condotto la guer-ra di liberazione e, di conseguenza, alieni da tentazioni al com-promesso verso i responsabili di tante stragi. Ma nel maggio del 1947 socialisti e comu-nisti escono dalla maggioranza, la guerra fredda incalza. Nasce la lunga serie dei governi centristi, sempre a guida dega-speriana, con un uomo nuovo come sot-tosegretario alla presidenza del Consi-glio: Giulio Andreotti. Qualcuno dei su-perstiti di quelle esperienze deve sa-pere, può dare un nome ai responsa-bili politici di quella giustizia negata. La commissione d'indagine che sarà presto al lavoro lo accerterà.


TESTIMONI defunti. CONDANNE mai applicate.


Ecco come se la sono cavata i pluriomicidi
Pagine intere con l'elenco di colpevoli ignoti. ignoti tedeschi e ignoti fascisti. I tedeschi sono per lo più delle Ss. I fascisti sono, per la maggior parte, militi della San Marco, delle Brigate Nere, della Ettore Muti, della Milizia volontaria per la sicurezza nazio-nale (Mvsn), della Guardia nazionale repubblichina, delle Ss ita-liane. Ma ci sono anche cosacchi, mongoli, ucraini, albanesi. Quei fascicoli per la verità sono stati fatti uscire dall'armadio del-la vergogna della Procura militare, ma solo dal 1960 in poi, in modo che le eventuali verifiche non potessero portare a identificazioni certe. Tutti gli altri elenchi, quelli con nomi e cognomi dei criminali, sono rimasti in quell'armadio fino al maggio del '94. Furono poi inviati alle varie Magistrature competenti che non poterono far altro, nella maggioranza dei casi, che emette-re provvedimenti di archiviazione. Dal registro abbiamo scelto alcuni tra i moltissimi episodi.


NR. REGISTRO 2102. "Imputati: Piazzer, Caneva e altri militari tedeschi". "Parti lese: Martino Brinz più donne, uomini e bambini ". A Pedescala-Forni, in provincia di Vicenza, tra il 29 e il 30 aprile del 1944 furono uccise 82 persone. Si accertò, dopo la trasmissione del fascicolo avvenuta il 19 luglio del '95, che quel Caneva era un sergente di Asiago della Rsi. Ma tutti i testimoni erano morti e si è dovuti arrivare all'archiviazione.


NR. REGISTRO 1954. "Imputati: Fritz Wunderle". Parti lese: la casella è bianca (ndr.). A Torlano di Nimis, in provincia di Udine, furono uccise 33 persone, tra cui 11 bambini fra i 2 e i 15 anni. Fritz Wunderle, nato a Soekingen, del Battaglione Cacciatori del Carso, faceva uscire uno ad uno i morituri dal casolare dove erano stati rinchiusi e, sull'aia, gli sparava sotto la gola. Il carnefice è morto nel '91. Anche gli altri responsabili sono morti. Archiviazione.


NR. REGISTRO 2158 E 2159. "Imputati: Generale Polak e ignoti militari tedeschi". "Parti lese: 78 persone". A San Martino di Lupari, Sant'Anna Morosina, Villa del Conte, Abazzia Pisani, San Giorgio in Bosco, località in provincia di Padova, e a Castello di Godego, in provincia di Treviso, nell'aprile del 1945 le truppe tedesche in ritirata uccisero non 78 civili, come è scritto nel registro, bensì 150. Il criminale generale Fritz Polak, comandante della 29a Divisione Granatieri Corazzati ''Falke'' è morto in Inghilterra, libero, nell'aprile del 1956. Archiviazione.


NR. REGISTRO 2167. "Imputati: Gen. Von Teusfeld, Col. Rauff... Cap.no Saevecke... Col. Pollini, Cap.no Cardella, Confalonieri, Manfredini". "Parti lese: Principato Salvatore, Galimberti Giovanni e altri 13. Fatti di Milano (piazzale Loreto) del 10 agosto del 1944 ". Quel giorno in piazzale Loreto furono portati 15 detenuti prelevati dal carcere di San Vittore e fucilati. I loro corpi rimasero in terra per 24 ore sino a che non intervenne il cardinale Schuster che riuscì a far portar via le salme dai parenti degli uccisi. Fu una rappresaglia per il ferimento lieve dell'autista di un camion tedesco dove viaggiavano anche degli italiani che rimasero uccisi. Il principale responsabile è stato ritenuto il Cap.no delle Ss Theo Saevecke che torturava le sue vittime all'Hotel Regina. La fucilazione fu eseguita da un plotone di militi della Legione Muti. Proprio per questo poi a piazzale Loreto furono esposti i cadaveri di Mussolini, Claretta Petacci e degli altri gerarchi. Saevecke, che vive libero e indisturbato in Germania dopo essere arrivato al grado di vice-direttore dei Servizi di sicurezza del suo paese, è stato condannaio in contumacia all'ergastolo.


NR. REGISTRO 2. "Imputati: Tito, Hans Hrage, Koenig". "Parti lese: Gasparotto Leopoldo e altri 65 patrioti. Eccidio di Fossoli". Il 17 luglio del 1944 nel campo per detenuti politici ed ebrei di Fossoli, frazione di Carpi in provincia di Modena, fu compiuta una strage senza alcuna motivazione. Comandante del campo era il tenente Tito che sembra sia stato assolto in istruttoria per mancanza di testimoni. Si stanno cercando degli ucraini espatriati in Canada per i quali è stata chiesta l'estradizione, dato che Hrage è morto e per Tito, successivamente comandante del Lager di Bolzano, la Procura di Verona ha chiesto l'archiviazione per insufficienza di elementi a suo carico.


NR. REGISTRO 1976. "Imputati: Mayar, Magg. Ss, Cremen, Ten. Ss, Valmier Alfredo, Ten. Ss, Grein Bruno, Ten. Ss, Roman Alfredo, Sold. Ss, Ziffer Giuseppe, Sold. Ss". "Parti lese: Bertolli Dina e altri. Eccidio di Sant'Anna Stazzema".A Sant'Anna, frazione di Stazzema in provincia di Lucca, il 12 agosto del 1944 si scatenò una delle tante ricorrenti repressioni naziste. Case incendiate, distruzioni. Le vittime risultano 560. Dopo Marzabotto la più importante per morti civili. L'istruttoria è in corso.


NR. REGISTRO 1970 ABBINATO AL NR. 1 [Eccidio delle Fosse Ardeatine, ndr]. "Imputati: Kirkran Untersturmfuhrer, Pustowska Scharfuhrer o Obvscharfuhrer". Si tratta dell'eccidio avvenuto al chilometro 14,2 della Cassia, località La Storta, commesso dai tedeschi in fuga il 4 gìugno 1944 quando Roma stava per essere liberata. Tra le vittime il sindacalista Bruno Buozzi, socialista, segretario generale della Cgil. Archiviato.


NR. REGISTRO 2027. "Imputati: Cap.ni Rausch e Boukmakowsky, Ten. von Pagan". "Parti lese: Allegrucci Giuseppe e altre 39 pers.". Il 22 giugno 1944, 40 cittadini vennero uccisi a Gubbio. L'istruttoria e ancora in corso in attesa che vengano delle risposte che la Germania, malgrado le insistenze, ancora non dà.


NR. REGISTRO 1250. " Imputati: Tito, Haage e altri". "Parti lese: internati del campo di concentramento di Bolzano".Nel campo di Bolzano, comandato dal recidivo (in quanto responsabile dell'eccidio di Fossoli) Karl Tito e dal maresciallo Hans Haage, quest'ultimo deceduto, furono uccisi, in più riprese, dai 40 ai 50 prigionieri. Solo il 12 settembre del '44 ne furono fucilati 23. Per Tito è stata chiesta l'archiviazione per insufficienti elementi a suo carico. È rimasto in piedi il processo a carico di un ucraino, Michael Seifert, anche lui feroce guardiano del campo di Fossoli. Ha 76 anni, è emigrato in Canada, ne è stata chìesta l'estradizione.


NR. REGISTRO 1940. "Imputati: Engel Siegfried e altri cinque ufficiali e sottoufficiali Ss". Non sono indicate le parti lese.Le vittime di Engel e dei suoi accoliti sono 248. Ma si tratta di una cifra approssimata per difetto. A Benedicta, nel territorio di Bosio, in provincia di Alessandria, furono uccise 147 persone per lo più renitenti alla leva di Salò. Sul passo del Turchino, sopra il Golfo ligure, il 19 maggio 1944 a essere uccisi furono in 59, prelevati dal carcere genovese di Varazze. A Portofino, in provincia di Genova, il 2 dicembre 1944 Engel fece trucidare 22 persone facendole gettare in mare legate con filo spinato e zavorrati di pietre.A Cravasco, sempre in provincia di Genova, il 23 marzo del 1945 le vittime furono 20. Il criminale è stato condannato all'ergastolo dal Tribunale Militare di Torino con sentenza irrevocabile del 15 novembre 1999. Ma è libero nella sua Germania.

QUANDO UN ANTIFASCISTA HA UN FASCISTA IN FAMIGLIA


Quando il popolo virtuoso, che non aveva mai cessato di anelare alla libertà perduta, si sincerò che il fascismo era morto, cominciò a riecheggiare nelle contrade italiane la parola che la cattiva coscienza tentava di cancellare: «Fascista!», con tutto il suo carico di furore, risentimento, odio anche contro se stessi per essere costretti ad ammettere di averci creduto; e i più tenaci accusatori furono proprio gli ex fascisti/antifascisti di recentissimo conio. Il passato è sempre un’ottima fuga e distrazione. Così, per difesa o alibi, nelle quotidiane polemiche (rinverdite in questi giorni) la qualifica di «fascista», assurta a insulto sanguinoso, veniva rilanciata da un avversario all’altro. Pochi potevano riderne senza subire offesa; la foga ingiuriosa con cui si ricorreva all’epiteto, senza rigore di verità, per puro intento calunnioso, era già indizio di sospetto, malafede e di ambiguità. In breve metà del paese diede del «fascista» all’altra metà, quando poco prima l’intero paese o quasi l’aveva considerato un privilegio e un vanto. Così tra il 1943 e il 1945, negli anni cui l’abiezione fu anche più grave della dimenticanza, si assisté in Italia a un processo di trasformismo di dimensioni epocali. Cambiavano gli attori, l’Italia restava la stessa. I giornali, da succubi zerbini del regime, divennero audaci propagatori del nuovo verbo; i giornalisti che s’erano distinti nella turpe campagna razziale del fascismo, furono altrettanto zelanti nella difesa «della democrazia e della libertà». Nell’estate del 1944 Alba De Cespedes, diventata comunista, dirigeva la rivista letteraria Mercurio, alla quale, scrive Miriam Mafai «collaborano gli intellettuali che non si erano compromessi col fascismo». Non è esatto. La stessa Alba De Cespedes, iscritta al sindacato scrittori fascisti (come Alberto Moravia), aveva regolarmente collaborato alla stampa di regime e ai più sordidi fogli antisemiti, quali Difesa della Razza, Tevere e Quadrivio. Quanto ai collaboratori della rivista «non compromessi col fascismo», c’erano Alfonso Gatto (futuro comunista) e Arturo Tofanelli (futuro socialista), entrambi entusiasti esegeti del Duce e delle «opere del regime». Parecchi si nascondevano, come Antonio Baldini, esaltatore a Weimar della cultura nazista, che girava per Roma con gli occhiali neri da cieco, la barba finta e i baffi arricciati di sego. A Weimar c’erano anche Elio Vittorini, Natalino Sapegno, in divisa fascista, e Giaime Pintor, fratello di Luigi fondatore del Manifesto, che nel 1940 aveva gioito per la caduta della Francia e la sconfitta della democrazia. L’epurazione fu un episodio «transeunte». Si scoprì che i più importanti fascisti (non meno di 34.000 secondo un calcolo obiettivo) erano stati accolti nel Pci. E Concita De Gregorio che nei giorni scorsi ha titolato l’Unità: «Roma città aperta ai fascisti», dovrebbe andarsi a rileggere le cronache di quei giorni. Tra gli epurati c’era il professor Nazareno Padellaro (zio di Antonio Padellaro, ex direttore dell’Unità), noto fascistone, firmatario del manifesto antisemita del ’38, autore di un inno delle scuole al Duce, amico e collega dell’altro filosofo «mistico» Giuseppe Flores D’Arcais (dice nulla il nome?) con il quale aveva partecipato nel 1939 a un convegno di mistica fascista.

Padellaro venne infine riabilitato e in virtù di non si sa quali meriti nominato direttore generale del Ministero della Pubblica Istruzione. Non venne epurato lo storico Enzo Santarelli, fascista notorio, anch’egli firmatario del manifesto razzista, perché fu lesto a chiedere di Romano tessera del Pci divenendo storico prezzolato del partito. Liberata Roma, il 4 giugno 1944, la radio inglese raggelò le speranze di quanti tentavano in fretta di accreditarsi come antifascisti.
Vittorio Veltroni, famoso giornalista della radio fascista (sua la radiocronaca della visita di Hitler in Italia nel 1938) fu tra i più spregiudicati. Riuscì, non si sa come, a farsi assumere a Radio Roma, controllata dagli alleati. Nessuno gli chiese conto del suo passato, nessuno lo deferì al tribunale dell’epurazione, anzi la sua carriera proseguì alla Rai fino a diventare direttore del primo telegiornale di Stato. Il figlio Walter, per non resuscitare imbarazzanti memorie, non ne parla mai. In fondo, a pensarci bene, è del tutto naturale che il più becero antifascismo venga di lì.


da IL GIORNALE


venerdì, settembre 12, 2008

QUANDO LA REALTA' SUPERA LA FANTASIA


La lettere seguente è stata riportata ugualmente come la scritta il signor Osvaldo Morotti.



"Ero titolare di una società chiusa per fallimento, della quale ho portato personalmente i libri al tribunale di Monza, nell' ottobre 2006. Fallimento causato da un assegno protestato, dove avevo chiesto al fornitore di attendere qualche settimana in attesa di un finanziamento, anche nei suoi interessi. Il fornitore ha presentato l'assegno e al sottoscritto è caduto il mondo addosso.Ho intrapreso con mia moglie un'attività di rappresentanza commerciale nel settore edile, visto che con la precedente esperienza producevo prodotti per l'edilizia. Alla mattina servono soldi per il carburante, potevo saltare il pasto, ma per la macchina - ricevuta in regalo - serve carburante, quindi quando potevo giravo alla ricerca di clienti per vendere i prodotti che rappresentavo.Il mantenimento della famiglia costa molto: non potrei farvi fronte con un reddito di 200 euro al mese. C'è da pensare al vitto, alla scuola per il figlio (Statale), aiutare la figlia rovinata perché ha firmato assegni con la sua firma, quindi anche lei protestata.La mia situazione ormai è drammatica.Il giorno 17/07/07 io e mia moglie dovremo presentarci presso la Procura di Saronno per lo sfratto (non abbiamo pagato per due trimestri l'affitto).Lunedì 2/7/07 hanno staccato il gas e per il momento ci arrangiamo con una bombola.La linea telefonica 02/96780481 è attiva solo per ricevere: non abbiamo pagato la bolletta.Grazie ad un contributo di mia sorella siamo riusciti a pagare l'utenza dell'energia elettrica,ma devo rendere i soldi.Mio figlio soffre di reumatismi ed è costretto a cure presso l'ospedale di Tradate. Non ho ancora chiesto l'esenzione forse perché mi vergogno come un cane randagio.Sono mesi che invio curriculum vitae, ma ho 53 anni: chi cavolo lo prende un vecchio (sono molto più gentili quando mi rispondono che «l'azienda è orientata verso giovani di 35 anni max»). Non mi prendono neppure a pulire i gabinetti alla Stazione Centrale di Milano.Sopravvivo senza chiedere niente a nessuno con quel poco che racimolo con le vendite.La settimana scorsa ho ricavato 400 euro andando a rubare rame: è stata la prima e l'ultima volta, non sono cresciuto con questi valori e vorrei potermi guardare ancora allo specchio.A gennaio di quest'anno ho iniziato a mettere in rete l'annuncio "VENDO RENE E PARTE DI FEGATO" su siti con annunci gratuiti. Ho tentato anche con E-bay ma la proposta non è stata accettata. Ho inviato e-mail a tutti i centri di trapianti italiani, agli ospedali americani, inglesi, tedeschi, a tutti gli urologi, alla Fas (Città del Vaticano) cliniche private, al Ministero della Sanità per farmi rilasciare l'autorizzazione alla vendita dei miei organi. Ho spedito mail alle Regioni, Province e da questa sera anche ai vari partiti.Troverò prima o poi qualche persona economicamente ricca, purtroppo malata, che io possa aiutare.Lei, direttore, è stata la terza persona che mi ha contattato.Il primo è stato l'ospedale di Padre Pio, risposta: "Preghi".La Regione Lombardia mi ha detto «Si rivolga al suo Comune». L'assistente sociale del mio comune mi fissa l'appuntamento per il 16/07/07 perché è molto impegnata.Lei direttore mi ha detto che vuole dare risalto al mio problema: ben venga.La informo che non sono solo io in queste condizioni: ormai siamo in tanti.Lo Stato aiuta i clandestini, ladri, assassini, mentre le persone come il sottoscritto le abbandona al loro destino.Non trovando nessun modo onesto per campare e non riuscendo a vendere i miei organi sarò costretto a rivolgermi anche alla malavita. Speculeranno all'inverosimile, ma non vedo altre alternative.La ringrazio per voler dare risalto al mio problema, con la presente l'autorizzo al trattamentoDei miei dati come meglio crede.Infinitamente grazie."


tratta dal blog di Artebaruffi

QUALCHE VOLTA, RARAMENTE , E' NATALE






Posteggiatore abusivo incastrato da una poliziotta
Ogni giorno minacciava le donne che posteggiavano lo scooter in via Turati, in pieno centro storico a Genova. Diceva di avere il controllo della via e che se non volevano danni ai motorini dovevano dargli i soldi. Ma mercoledì scorso gli agenti del commissariato Prè hanno posto fine alle estorsioni arrestando un marocchino di 32 anni. Nei giorni precedenti, i poliziotti avevano ricevuto numerose segnalazioni e una denuncia da parte di un genovese. L’uomo ha raccontato di avere aiutato una ragazza a cui avevano rubato la batteria dopo essersi rifiutata di pagare. Ieri pomeriggio, una poliziotta in borghese si è seduta su uno scooter quando il marocchino è sbucato dal mercato e l’ha minacciata di rigarle il motorino se non lo pagava. Alla richiesta di soldi però è seguito l’arresto. Dai controlli è emerso che il ragazzo ha precedenti per violenza sessuale, rapine e furti. Inoltre, addosso aveva un cellulare risultato poi rubato a una signora di 84 anni.

da IL GIORNALE

giovedì, settembre 11, 2008

mercoledì, settembre 10, 2008

RECENTISSIMA INTERVISTA A PANSA , da Il Giornale








Giampaolo Pansa, è divertito. «Mai avrei pensato, in tutta la mia vita, che mi sarei ritrovato a difendere La Russa dagli attacchi dei moderati del Partito democratico! Mai. Su Salò, per giunta...


Questa polemica ha qualcosa di antistorico e barbaro che non capisco e non voglio capire. L’antifascismo ringhiante di Veltroni e Franceschini oggi non è credibile. Anche perché, proprio Franceschini tre anni fa... ».



Alt! Per ora ci fermiamo qui, e vi lasciamo in sospeso, perché in questa intervista c’è una storia che stupirà molti. Ma siccome il giornalista più famoso d’Italia è un fiume in piena, bisogna prima di tutto spiegare cosa pensa. Per lui, che ci ha scritto sopra una quadrilogia saggistico-narrativa e un romanzo, la polemica sulla Repubblica sociale esplosa dopo le dichiarazioni del ministro Ignazio La Russa è l’occasione per tirare le fila di un viaggio iniziato con la tesi di laurea, da ragazzo, e proseguito con il lavoro monografico degli ultimi anni. Fino all’ultimo libro, I tre inverni della paura, che lui definisce «un via con il vento nella guerra civile». Pansa ha scritto una saga ambientata più di mezzo secolo fa, ma che oggi, quando gira l’Italia, pare un instant book. Ogni volta che lo presenta vede accorrere folle di lettori: «Cinquecento persone a Parma domenica... Chissà quante ne troverò sabato a Revere, in provincia di Mantova. Per questo pubblico, tra cui molti giovanissimi, è come se parlassi di ieri». Pansa, perché parla proprio di Franceschini?«L’ho visto, in televisione indignato contro La Russa, in cattedra sull’antifascismo. E sono rimasto di stucco».Perché? Non è legittimo?«Vede, nella Grande Bugia ho raccontato la storia di una ragazza che da bambina girava per le vie di Poggio Renatico, il suo paese, con gli occhi sempre bassi».Per la vergogna?«No. Era figlia di un fascista, ma non se ne vergognava. Però le vie erano tappezzate di scritte su suo papà, Giovanni Gardini. Dicevano: "A morte Gardini!"». E chi era Gardini?«Un amico di Italo Balbo: con la Rsi divenne Podestà di San Donà di Piave. Dopo l’8 settembre fuggì per salvare la pelle. Per fortuna ci riuscì».Perché me lo racconta? «La bambina si chiamava Gardenia, ed era destinata a diventare madre di un bimbo. Di Dario. Cioè Franceschini. E sa chi me l’ha raccontato?».Chi? «Lo stesso Franceschini! Ecco perché, quando vedo semplificazioni antistoriche, e che a farle è il Pd, scuoto il capo».Cosa non la convince?«Non credo che il problema del Pd sia la storia del ’45. Mi cascano le braccia se vedo Veltroni abbarbicato a questo antifascismo perdente e suicida. Perché so che il suo vero problema è Di Pietro che fa la faccia feroce. Lui allora rilancia, senza esserne convinto, perché gli stanno rubando il patrimonio».


Parliamo del primo inverno della paura, nel 1943.«Non capisco cosa ci sia si scandaloso in quel che ha detto La Russa». Forse il suo ruolo?«Ma il ministro della Difesa non è un sacerdote della repubblica, tenuto all’imparzialità! Non siede al Quirinale. È un politico, un ministro. Posso citarle i numeri di Salò?».

Degli arruolati. «Sì. Secondo le fonti della Rsi, furono più di 800mila».Stime di parte?«Non molto contestate, a dire il vero, ma il nodo è un altro. Vogliamo dire che erano 500mila? Il fatto è chi erano davvero questi ragazzi».Intende il loro identikit?«Dico che è grottesco etichettarli tutti come torturatori e amici dei nazisti! Molti di loro erano cresciuti nel regime fascista, immersi in un clima di propaganda perenne: cinema, scuola, radio... le divise dei figli della lupa... ».E quindi?«E quindi, la maggior parte di loro, non poteva certo schierarsi per un parlamento legittimo, che non aveva nemmeno mai conosciuto».Giudizio storico o politico?«Dico che quella educazione, fatalmente, portava molti di loro all’idea che difendere la patria dagli angloamericani fosse il primo dovere».Bisogna distinguere, dice? «Da storico "dilettante" mi occupo di queste cose dai tempi della laurea... Sono storie complesse. Altrimenti non si capisce come mai, fra quei ragazzi, ce n’erano molti che divennero sinceri antifascisti, Nomi mille volte citati: Tognazzi, Dario Fo, Vianello, persino Gian Maria Volontè». Ma ci fu pacificazione? «Anedotto illuminante. Quando andai al Giorno, nel 1964, Italo Pietra, che aveva fatto il partigiano, e si trovava molti ex ragazzi di Salò in redazione, scherzava: "Chi di voi mi ha fatto saltare la casa, sul monte Penice, nel rastrellamento dell’agosto 1944?"».Difficile a credersi, con gli occhi di oggi. «Invece accadeva. E gli rispondevano: "Io no, stavo nella brigata nera di Varese...", "Io neppure, ero con gli sciatori di Pavolini..."». Sta cercando di dire che...«Fino a che non arriva il detonatore violento degli anni di piombo, questo paese aveva chiuso la faida del ’45».E teme che ora si riapra?«Con tanto odio in giro, temo possa accadere. Un altro esempio insospettabile?»Su chi?«Livio Zanetti: grande maestro di giornalismo, direttore dell’antifascista L’Espresso».Quando si seppe che... «A metà degli anni settanta, per il dispetto di un’agenzia di stampa di destra. Ebbene: nessuno, dico nessuno, si azzardò a chiederne la testa». Chiedo ancora: come mai?«Erano tempi meno feroci. Forse il Pci aveva altre bandiere, il mito dell’Urss. Ecco, a me preme spiegare che quei ragazzi di cui parla La Russa, non erano quattro miserabili scherani, come vuol far credere chi polemizza con lui».E chi erano?«Uomini che si trovarono giovanissimi nel tempo delle scelte dure. Alcuni di loro potevano essere nostri padri. O fratelli. O persino, come nel caso di Franceschini, i nostri nonni».

SCHIFO SENZA LIMITI






Una fatwa (avviso giuridico dato da uno specialista della legge religiosa) che legalizza il matrimonio di una giovane bambina di 9 anni (avete letto bene NOVE anni) sta per essere pubblicata dallo sceicco Mohammed Benabderrahmane Al-Maghraoui, uno dei rappresentanti della corrente dei Salafiti wahaabiti in Marocco.


In Marocco questa fatwa ha suscitato scalpore e su quasi tutti i quotidiani, in prima pagina, molti giornalisti si sono scagliati contro questa abberrante notizia. Un sentimeno di collera e di indignazione ha preso alla gola la maggiorparte dei marocchini.



L’autore scrive in questa fatwa che:” una bambina di nove anni ha le stesse capacità sessuali di una ragazza di 20 anni e più“. Lo sceicco Mohammed Ibn Abderrahamane Al-Magraoui per tranquillizzare e spegnere l’ira che ha provocato si é permesso di citare l’esempio del Profeta Maometto affermando che:” si sposo’ con Aicha che di anni ne aveva nove“.


Il deputato islamista Abdelbari Zezmi ha dichiarato ad un quotidiano che:”l’epoca del Profeta é completamente differente dalla nostra. Le realtà sociali non sono più le stesse. I momenti dell’epoca di Maometto favorivano e legittimavano questo genere di matrimoni. Ai giorni nostri, un simile matrimonio sarebbe una vera ingiustizia nei confronti della ragazza“. Aggiunge anche:” E’ una vera abberrazione. Questa Fatwa é parte di un universo completamente assurdo. Sposare una bambina di 9 anni é più che precoce“. Tiepide indignazioni


Indignata lo é davvero Najia Adib, fondatrice di “Touche pas mon enfants” che reagisce con toni aspri alla fatwa chiedendo di isolare il suo autore invitandolo a fare questo con la sua (di lui) progenie. “Questo é un mondo che avanza all’indietro” esclama un osservatore sconvolto dal fatto che dopo l’approvazione del Codice della Famiglia, voluto fortemente da SAR Mohammed VI, possano succedere simili storture.


L’anziano Imam Abdelbari Zemzmi conferma che ” questa Fatwa é un incitazione alla pedofilia e che la nuova Moudawana (Codice della Famiglia) limita categoricamente l’età del matrimonio a 18 anni“. Precisa ancora che “il ruolo di un Mufti in una società é quello di aiutare gli individui a risolvere i loro problemi quotidiani e non a complicare la vita a chi di complicazioni ne ha già molte“.



Fonts: M’Hamed Hamrouch - Ilham Khalifi - Aujourd’hui le Maroc

martedì, settembre 09, 2008

lunedì, settembre 08, 2008

L'OTTO SETTEMBRE 1943, inizia un dramma




L'8 settembre 1943, il governo italiano, tramite il Generale Badoglio annunciava l'armistizio con le forze armate alleate, Anglo Americane. Nel corso del comunicato radio, lacunoso e improvvisato, li lasciava intendere tutto e niente, ecco il testo :

" Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Ike Eisenower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza"


Il peggio doveva ancora venire: la Famiglia Reale fuggiva da Brindisi con una nave militare, dal nome comico e improprio, Baionetta, portandosi dietro anche l'argenteria, lasciando il regio esercito senza ordini e nel piu' completo marasma.

Ovviamente di questa confusione approfittarono i Tedeschi, che completarono in pochissimo tempo l'occupazione militare della penisola, disarmando l'80% dei reparti militari italiani, in alcune zone ci furono delle stragi di militari italiani che non obbedirono agli ordini dei nazisti.
Ma il vero dramma riguardo' migliaia di giovani in eta' di leva militare, che dovettero fare una scelta terribile : aderire alla Repubblica Sociale Italiana , che stava nascendo, oppure scappare e nascondersi in attesa degli eventi. Tanti si nascosero, sui monti, nelle campagne, aderendo alle primissime formazioni partigiane, ma molti pur sapendo l'incertezza del momento storico, entrarono nei reparti militari della R.S.I., la San Marco, la Monterosa, la Fologore, la Nembo, Tagliamento, Ettore Muti, oltre alle cosidetta Brigate Nere e alla Guardia Nazionale Repubblicana.
Si gettavano le basi per la guerra civile che avrebbe fatto migliaia di morti sino al maggio del 1946 a guerra finita da un pezzo.




giovedì, settembre 04, 2008

L'AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE IN CADUTA LIBERA










In questi giorni il presidente della provincia ha ufficializzato lo strappo dal PD e dai suoi alleati della sinistra stalinista. Ha annunciato una propria lista che dovrebbe essere trasversale a sin. e destra ( sic). Il suo gesto ha causato non poche difficolta' al Segretario dei PD, ex giovane astro nascente e attualmente in gravi ambascie. Le possibilita' sono tutte legate a due scelte : la caduta o l'accanimento terapeutico. Altro non c'e'. Intanto guardando le foto di un blog del Presidente vedo che in tutte esibisce uno smagliante sorriso. Stava forse pregustando lo scherzo che avrebbe giocato ai suoi ex compagni di strada ?
Forse la foto piu' veridica e' quella dove finge di strimpellare un mandolino...


LE COLTIVAZIONI DEL COMUNE DI SAVONA



Il comune di savona, in un accesso di amore per il mondo vegetale, ha deciso di implementare le coltivazioni in tutti gli spazi possibili, nella foto si nota un tombino sito in Corso Colombo, che incoraggiato , sta dando i suoi generosi frutti. Per meglio fare sopravvivere la coltura il comune di Savona ha anche deciso di non togliere dai tombini le foglie secche per dare alle piante che stanno spuntando rigogliose un habitat piu' consono ed idoneo. L'unico piccolo dettaglio e' il fatto che alle prime piogge il tombino non potra' drenare acqua e quindi la strada si allaghera'ì, con buona pace dei cittadini che vi abitano.
Roberto Nicolick

lunedì, settembre 01, 2008

UN INTERESSANTE RITROVAMENTO




DOPO IL 25 APRILE DEL 1945, NUMEROSE ESECUZIONI FATTE DAI PARTIGIANI COMUNISTI NEI CONFRONTI DI SAVONESI, VENNERO FATTE LUNGO IL MURO DEL CIMITERO DI SAVONA, ZINOLA, UN MIO CARO AMICO , CRISTIAN C. HA GRATTATO IL MURO IN ALCUNI PUNTI E ASSIEME ALL'INTONACO SONO CADUTE DELLE PALLOTTOLE DI ARMA DA GUERRA, ECCONE LE FOTOGRAFIE E SI VEDE, NELLA FOTO IN OGGETTO, I PUNTI NEL MURO DI CINTA DOVE ERANO LE PALLOTTOLE.

STRANO, MA DOPO IL RITROVAMENTO IL COMUNE DI SAVONA HA PROVVEDUTO A FARE UN INTONACO NUOVO....


LA PRIMA GIORNATA DI CAMPIONATO: BRUTTO INZIO

materiale testo e foto tratto da TGCOM



Assalto a treno, tensione a Napoli
250 passeggeri sfrattati dagli ultrà
Momenti di tensione, cori, spintoni. E la rabbia dei passeggeri, costretti ad abbandonare il "loro" treno, l'Intercity Napoli-Torino delle 9.24, assaltato dagli ultrà partenopei diretti a Roma. Duecentocinquanta passeggeri sono dovuti essere trasferiti su altri convogli, e sono partiti alla volta del capoluogo piemontese con più di tre ore di ritardo. Un inizio di campionato che non lascia presagire decisamente nulla di buono.
I passeggeri sfrattati commentano con rabbia l'assalto dei tifosi, e soprattutto la richiesta di Trenitalia di scendere dal treno per lasciare il posto agli ultrà. "Una scena incredibile - raccontano -. Abbiamo avuto anche paura di scendere, di fronte a centinaia di tifosi che inveivano per salire". Un'impiegata che deve tornare a Torino per riprendere lunedì il lavoro dopo le ferie spiega: "Dovevo partire alle 9.24, ho già perso oltre tre ore e non so quando potrò prendere il prossimo treno. Scendere? In pratica non c'erano alternative: prima i tifosi hanno cominciato a chiedercelo urlando, poi sono saliti sul treno gli addetti di Trenitalia ribadendo la richiesta. Cosa dovevamo fare?".Alcuni passeggeri hanno reagito urlando contro l'assedio. Tra loro una signora, in viaggio con il figlio che deve essere visitato all'ospedale Gaslini: ha pianto e gridato all'indirizzo dei tifosi, alcuni dei quali hanno anche provato a confortarla. Anche lei, però, alla fine ha dovuto abbandonare l'intercity in attesa di una successiva partenza.Solo in 50, secondo una stima di Trenitalia, hanno deciso di restare seduti al loro posto continuando il viaggio con i tifosi su un treno sovraffollato, che ha viaggiato con circa 150 passeggeri in più rispetto alla normale capienza nonostante fossero state aggiunte altre quattro carrozze. Sono dunque caduti nel vuoto gli appelli di Trenitalia che, anche sabato, aveva ribadito ai tifosi l'appello a non utilizzare il treno per recarsi a Roma in una giornata da "bollino rosso" anche sulle ferrovie per i rientri dalle vacanze.Danni per mezzo milione di euroAmmontano a oltre 500mila euro i danni provocati dai tifosi del Napoli al treno che, dopo essere stato preso d'assalto costringendo i passeggeri a scendere, li ha portati a Roma. Undici delle quindici carrozze dell'Intercity 520 sono state danneggiate, e il convoglio è stato fermato nella Capitale in quanto non c'erano più le condizioni per il suo proseguimento verso Torino.Sull'Eurostar Napoli-Milano, partito dal capoluogo partenopeo alle 11.48, invece, un tifoso napoletano che occupava abusivamente il posto prenotato da un altro viaggiatore ha aggredito il capotreno intervenuto per farlo spostare.Maroni chiede lumiIl ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha chiesto "un rapporto dettagliato" al questore di Napoli, Antonio Puglisi, su quanto avvenuto alla stazione centrale del capoluogo campano, dove un numeroso gruppo di tifosi ha assaltato un treno diretto a Torino. Martedì, inoltre, si riuniranno l'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive e il nuovo Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive. Disordini anche a RomaUna volta giunti a Roma, gli ultrà non si sono calmati, anzi: arrivati allo stadio Olimpico poco prima delle 16, hanno provocato danni alla struttura. I supporter partenopei, molti con il volto coperto, sono scesi dai pullman e sono entrati correndo dagli ingressi degli ospiti dello stadio, hanno sfondato alcuni cancelli e lanciato diversi petardi. Nel pre-partita, invece, la Digos aveva arrestato un 21enne che stava tentando di disfarsi di un grosso martello.Un tifoso del Napoli è poi rimasto ferito al termine del primo tempo. Inizialmente si era parlato di un accoltellamento: in realtà l'uomo si è ferito da solo mentre tentava di scavalcare il cancello per non pagare il biglietto.