venerdì, febbraio 29, 2008

UN RISVOLTO GIUDIZIARIO PER LA MORTE ATROCE DELLA GIUSEPPINA GHERSI

A seguito della sparizione ed assassinio della piccola tredicenne, Giusy Ghersi, furono fermati ed indagati tre esponenti della polizia partigiana, tali Mario Rossi di Legino, Valerio Canavero e Mario Bergamasco, i quali teoricamente dipendevano dal comandante della polizia partigiana , Valentino. Ovviamente le accuse a loro carico non furono provate e vennero prosciolti.
Ora da tempo sono morti.

giovedì, febbraio 28, 2008

UNA TERRIBILE TESTIMONIANZA


CI SONO RICORDI CHE TENTI DI CANCELLARE, MA PRIMA O POI
RITORNANO, PERCHE’ TI APPARTENGONO




Premessa

Durante gli ultimi giorni di aprile 45, ricordati come le “radiose giornate”, venne commesso in Savona un efferato delitto su una ragazzina di tredici anni; un omicidio brutale, ingiustificato!

Ho sempre sperato che la mia città trovasse l’onestà morale di ricordare quella bambina innocente (ma quali gravi reati può commettere una tredicenne?), non per giustizia, chè ormai chi commise
quell’atrocità deve rispondere a ben altro tribunale, ma per un sentimento di pietà; ed ora io avrei
sepolto nella mia mente quei ricordi!

Ma ora, dopo oltre sessant’anni, non spero certamente più in una doverosa riabilitazione; e allora
affido alla carta la memoria di un tragico evento che mi volle occasionale testimone di quel martirio.




CERCANDO VALENTINO


Fu proprio negli ultimi giorni di aprile, quando ormai il conflitto stava volgendo al termine in tutta l’Europa, che di primo mattino vidi arrivare a casa nostra Lina Cuttica alla ricerca di suo fratello
Valentino, milite della Brigata Nera, di cui più nulla si sapeva; anzi lei sperava di trovarlo presso di noi.
C’era molta amicizia con tutta la famiglia Cuttica, amicizia nata qualche anno prima quando, ancora ragazzo, Valentino aveva lavorato nel negozio di ferramenta in cui mio padre era rappresentante.
Ed io in particolare ero molto legato a Valentino per il suo carattere allegro e la sua indole aperta.
Ora quella gente, disperata per la mancanza di notizie, pensò di rivolgersi a mio padre, come unica
persona in grado di cercare quel ragazzo o di sapere qualcosa sulla sua sorte; e lui, generoso e disponibile come fu sempre, con una buona dose di coraggio, decise di cominciare le ricerche là dove
venivano fucilati o scaricati da vari luoghi dell’esecuzione, i soldati della Repubblica Sociale (e non solo loro) e cioè contro i muri esterni del cimitero di Zinola.
Si parlava allora della “resa dei conti” e tutti avevano capito che mio padre nutriva poche speranze di
trovare la Brigata Nera Valentino ancora vivo!
Volle accompagnarlo un boscaiolo che viveva solo in un piccolo alloggio nella nostra scala; era Venturino, un uomo forte e buono, reduce della “grande guerra”, che più volte mi aveva affascinato
con i racconti di tragiche battaglie dall’altopiano della Bainsizza al San Michele.
Allora era la bicicletta il mezzo più consueto per muoversi e, prima di partire, mio padre mi guardò
dicendomi: “Sta vicino a Lina e a tua madre, noi faremo presto!” E soggiunse: “Non fare come il
solito di testa tua e soprattutto non ci seguire!” Maledizione! Non avevo abbassato gli occhi in tempo e mio padre, come sempre quando mi guardava, aveva letto il mio pensiero!
Naturalmente la tentazione era troppo forte e, dopo aver aspettato qualche minuto che i due fossero
ad una rispettosa distanza, inforcai la bicicletta di mia madre e li seguii.





PICCOLA MARTIRE SCONOSCIUTA

La strada correva veloce sotto le ruote della bici; non c’era certo il traffico di oggi, però una lunga
fila di grossi autocarri “Dodge” con la bianca stella americana sul cofano e sulle portiere sostava
sull’Aurelia, restringendo la carreggiata mentre numerose jeep (allora le chiamavano camionette)
sfrecciavano continuamente nei due sensi; era la prima volta che vedevo i soldati americani bianchi
e neri.
Ancora oggi mi chiedo come non ci rendessimo conto del pericolo che correvamo nella ricerca
di un milite della brigata nera; in quei giorni bastava molto meno per essere ammazzati; ma forse i
quotidiani bombardamenti aerei ci avevano abituati al pericolo!
E fu proprio entrando in Zinola che mi accorsi di aver perso di vista mio padre; aumentai l’andatura
e, superata la chiesa ed il passaggio a livello, imboccai velocemente la semicurva che portava davanti al cimitero.....e trovai mio padre che mi stava aspettando! Mi guardò con quell’espressione severa e
triste che mi faceva più male di una sberla, poi disse: “Mi rendo conto che dovremo fare un lungo
discorso noi due! Per adesso siediti lì e aspettaci!” Mi aveva indicato il muretto dell’argine lungo il torrente Quiliano e, mentre ubbidivo a quell’ordine perentorio, loro due si avviarono verso una lunga
fila di cadaveri.
Ritengo che ancora una volta la curiosità fosse più forte dell’obbedienza e quindi lentamente, molto lentamente, mi avvicinai ai primi corpi di quella fila.
E proprio il primo era un cadavere di donna molto giovane; erano terribili le condizioni in cui l’avevano ridotta; evidentemente avevano infierito in maniera brutale su di lei, senza riuscire a cancellare la sua giovane età.
Una mano pietosa aveva steso su di lei una sudicia coperta grigia che parzialmente la ricopriva dal
collo alle ginocchia.
La guerra ci aveva costretto a vedere tanti cadaveri e, in verità, la morte concede ai morti una distesa
serenità; ma lei, questa sconosciuta ragazza no!
L’orrore era rimasto impresso sul suo viso, maschera di sangue, con un occhio bluastro, tumefatto e
l’altro spalancato sull’inferno.

Ricordo che non riuscivo, come paralizzato, a staccarmi da quella povera disarticolata marionetta
con un braccio irrigidito verso l’alto, come a proteggere la fronte, mentre un dito spezzato era piegato
verso il dorso della mano.

Mi riscosse la voce di mio padre, insolitamente dolce, che mi disse: “Hai visto abbastanza! Ora torniamo a casa!”

Nulla ricordo del viaggio di ritorno, soltanto la voce di mio padre che, rivolto al nostro compagno di viaggio, diceva, riferendosi evidentemente a Valentino: “Se non lo abbiamo trovato tra i morti, speriamo che sia ancora tra i vivi!”


(CONTINUA)







E’ strano, ma quanto più si invecchia, più si fanno nitidi i ricordi degli anni lontani, mentre non si ricorda la cena della sera prima.

PICCOLA MARTIRE

“Speriamo che sia ancora tra i vivi!” Aveva detto mio padre, alimentando una tenue speranza nei superstiti di quella famiglia, speranza che durò soltanto una paio di settimane, quando il massacro del colle di Cadibona, ricordato come “la corriera della morte”, assieme ad altre trentasette, anche la vita di Valentino fu stroncata.

Passarono alcuni anni; io avevo cominciato a lavorare; un lavoro che mi piaceva, anche se a volte mi costringeva lontano da casa per qualche settimana; e fu durante una di queste mie assenze che morì una persona cara: Giobatta Vignolo, conosciuto come u “Russu”, un vecchio contadino dal quale avevo imparato molte cose, soprattutto saggezza e pazienza!

Naturalmente, appena mi fu possibile, in occasione di un intervallo festivo, volli onorarne la memoria
con una visita al cimitero di Zinola.
Fu un lungo giro, o meglio un pellegrinaggio, poichè erano già tante le persone a me care che non erano più!
Quando mi avviai all’uscita, passando tra i due campi più prossimi al cancello, notai una coppia che stava sistemando dei fiori su una tomba, fiori che, in parte, coprivano la lapide, ma lasciavano intravedere le date: 1931-1945; mi tornò in mente l’aprile del 45 e.... ma non c’erano dubbi: quella
data e quell’età corrispondevano alla giovane sconosciuta!

Esitai alquanto, poi chiesi ai due: “E’ la ragazzina che hanno ucciso a fine aprile?”
La donna mi guardò con diffidenza, poi, con voce ostile, mi chiese: “Perchè?”; mi resi conto che stavo rivolgendomi ai genitori, persone profondamente ferite, che non avevano mai avuto giustizia (così aveva voluto il dominante terrore politico) ed io, un po’ a disagio, ma senza recedere dal mio
proposito, risposi: “ Se è lei, io l’ho vista laggiù contro il muro, come l’avevano lasciata dopo averla
uccisa!”

La dura corteccia di rancore si stava aprendo e, dopo qualche istante, mi dissero: “Vieni pure, noi
siamo i genitori”.
Ebbi così modo di leggere per intero il nome della lapide:
Giuseppina Ghersi

Parlai brevemente della coincidenza che mi aveva portato a Zinola in quei giorni e, dopo qualche
frase di circostanza, mi allontanai.

E fu a questo punto che scattò qualcosa, per cui tornai sui miei passi e chiesi se avessero una fotografia di Giuseppina; oggi penso che ciò fosse dovuto all’inconscia necessità di cancellare dal mio ricordo quel giovane volto martoriato.







Mi parve di capire che la mia richiesta facesse loro piacere, perchè la donna mi rispose: “ Io qui con me non ho nulla, però se passi da casa nostra, certamente qualcosa posso trovare!”
Mi diedero l’indirizzo, ma poichè non potevo fissare il giorno a causa del mio lavoro, promisi che sarei passato da loro in un tardo pomeriggio festivo.

Dopo circa una settimana, come promesso, mi recai all’indirizzo avuto: Via Tallone (il numero civico non lo ricordo), una via che oggi ha cambiato nome; Trovai, oltre ai genitori che già conoscevo, anche la zia di Pinuccia; mi accolsero con estrema cordialità, come fossi stato un vecchio amico e, se allora ne fui sorpreso, in seguito compresi l’isolamento che aveva circondato i signori Ghersi, considerati come appestati (e ancora peggio: fascisti) ed in malaugurato caso di incontro, i conoscenti e gli amici abbassavano gli occhi fingendo di non conoscerli! Questo era il clima di paura in quel tempo “radioso”!
La signora Laura raccontò l’allucinante calvario suo e di suo marito: furono dapprima arrestati con la cervellotica accusa di aver avuto rapporti commerciali con i nazi-fascissti (gestivano un banco di frutta e verdura al mercato); si volle inoltre che venisse rintracciata la figlia Giuseppina: “E che diamine! Vogliamo soltanto interrogarla! Che altro possiamo volere da una ragazzina?”
Rassicurati da quella infame menzogna, sempre accompagnati da uomini armati, trovarono Pinuccia in casa di una conoscente e per la giovane fu l’inizio della fine.

Con voce rotta dai singhiozzi la signora Laura continuò: “Io non rividi più mia figlia viva! Ci sequestrarono le chiavi di casa e, mentre noi eravamo in prigione, ci portarono via tutto!
Per tutto il periodo della prigionia ogni giorni arrivavano, mi picchiavano, mi minacciavano senza una ragione.....”

Il suo pianto accorato creò una pausa nel suo racconto, ed io posi la domanda chiave che era all’origine di quell’omicidio: “Ma perchè fu uccisa?”
Mi risposero un po’ tutti, ovvero l’accusa ufficiale era spionaggio, accusa ridicola data l’età della vittima, però la zia azzardò un’altra ipotesi:Giuseppina aveva partecipato ad un concorso a tema per cui ricevette i complimenti dal Duce in persona; poteva essere questo, la sua condanna a morte!
Poi ancora disse che, con molto coraggio, era andata nelle scuole di Legino, diventate
per l’occasione centro di raccolta, dove Giuseppina era “detenuta” ed in effetti riuscì a parlarle per pochi minuti: “Era ridotta in uno stato pietoso; mi disse di aver subìto ogni sorta di violenza....(a questo punto tacque per pudore su tante nefandezze che la decenza lascia solo intuire).

Ero sconcertato e, se non avessi visto con i miei occhi l’oggetto di quel martirio, non avrei creduto a tanta ferocia! Comunque osai ancora chiedere: “Nessuno ha assistito alla sua morte?” Mi rispose il signor Ghersi: “Ero io con lei; prima mi hanno preso a pugni e mi hanno colpito col calcio del
fucile, perchè volevo difendere mia figlia, poi hanno ucciso Pinuccia a calci!” Azzardai una domanda:
“Ma non le avevano sparato?” Con voce alterata mi rispose: “Le spararono un colpo alla nuca, ma la
mia bambina era morente, o forse già morta!”









Per ciò che ricordo, la mia visita volgeva al termine, ma al momento del commiato, ricordai qualcosa
che mi aveva colpito e ancora chiesi: “Scusatemi, ma Pinuccia aveva forse un anello al dito?” Dopo un momento di perplessità la zia della bambina mi rispose: “Si certo! Un anellino d’oro, ma perchè me lo chiedi?” Abbassai il capo e mormorai: “No niente, chiedevo così!”

Lasciai quella casa intrisa di dolore e, scendendo le scale, ebbi la sensazione che non avrei più rivisto nessuno di loro; e infatti fu proprio così!
Stava piovviginando quanto uscii in strada; avevo tanta rabbia dentro.
Non potevo accettare l’ingiustizia, da qualunque parte provenisse, non potevo accettare l’idea che i criminali fossero da una sola parte; non riuscivo a capire perchè, dopo aver eliminato la tirannide si sognasse alla guida del nostro paese, ancora tiranni ugualmente spietati e feroci....

Dal cielo buio una fine acquerugiola mi scorreva sul viso; meglio così per passare inosservato tra
la gente!

Molto, molto tempo dopo lessi che forse un poeta, forse un disperato disse che gli occhi velati di lacrime vedono molto lontano....
Ma allora non potevo saperlo.


L’undicesimo

lunedì, febbraio 25, 2008

POCO FUORI DA ALESSANDRIA







UNA DISCARICA A CIELO APERTO
Mi stavo dirigendo verso Alessandria, quando sotto il cavalcavia della strada provinciale che collega Alessandria, periferia sud, con Casal Cermelli, ho notato un ammasso di rifiuti, lungo la provinciale, sono sceso a fotografare e ho potuto notare tutti i rifiuti che da settimane vengono scaricati sul bordo della strada provinciale, proprio dietro a due new jersey di cemento. Un po’ dei rifiuti sono andati a finire anche nei campi, ad allargare l’inquinamento.
Roberto Nicolick
Consigliere Gruppo Misto Provincia di Savona

SUI PEDOFILI

E' evidente come la caratteristica principale del pedofilo sia la recidività.
Il suo tornare, non appena ne avrà l’occasione, all’attacco.
Complice una mala giustizia, un sistema ipocrita e garantista (insieme ai tempi lunghissimi dei processi). Ma anche tanta, tanta ignoranza.
Che ha permesso di sottovalutare il problema, permettendo a tutti questi mostri di farla franca. (Quasi) Sempre.


Predatori di bambini in libertà non vigilata. Cacciatori di anime e di corpi (“Iacono si è accanito con violenza efferata…”) liberi di punire.
Noi. I nostri figli. Sempre più piccoli ed indifesi.
Il caso di Agrigento è solo l’ultimo, in ordine di tempo, di tutta una serie di casi che solo in un paese oramai allo sfascio, sul fronte della tutela dei bambini (e delle donne!) continua a tollerare.
Ripassiamo un po’ la lezione? Bene allora vi ricordo:
il pedofilo che in secondo grado a Genova viene assolto perché “abusante sì, ma sonnambulo”,
quello di Campobasso la cui pena viene ridotta “perché la minore è disabile”,
quello di Vicenza, abusante sì “ma innamorato” (quale predatore di quella categoria non è innamorato”?),
quello di Torino condannato per abusi nelle scuole materne mentre la famiglia continua ad infamare chiunque, come noi (soprattutto noi), si occupi di tutela dell’infanzia violata, proclamando la non cultura dei falsi abusi mentre il tribunale emette una sentenza di secondo grado (condanna a due anni ed 1 mese).
Sono questi alcuni dei tanti (grandi) segnali che le cose non vanno.
Qua come altrove: ricordate la storia di Cristopher Barrios jr di cui parlammo nel blog e che tanto vi colpì? Chris, 6 anni, ucciso da un pedofilo recidivo, che due giorni dopo averlo rapito, abusato per 3 ore e fatto a pezzi, andò davanti al Giudice che doveva confermargli, o meno, gli arresti domiciliari….per abusi su due bambine.
Tornando al caso di Agrigento quindi aggiungo che la cosa non solo non mi stupisce.
E non punto il dito né sui Giudice (semmai sugli avvocati che l’hanno difeso!!!!!), né sui genitori che gli hanno affidato la propria bambina e che hanno dichiarato “pensavamo fosse innocente”.
Non me la prenderò con loro (ci penseranno, spero, i sensi di colpa). Ma ricordo come le loro parole siano le stesse che SEMPRE sentiamo quando viene individuato un pedofilo:
“pensavamo fosse innocente”.
I predatori di bambini sono cacciatori che nessuno mai fermerà. Che non si faranno mai curare perché quello che fanno, abusare, a loro dà piacere, gratificazione.
E nessuno è così stolto da farsi curare per rinunciare al piacere.
Per questo, in una società che civilmente rifiuta la pena di morte ed i suoi derivati, serve più che mai una giustizia sociale innanzitutto, che li rispedisca nel buio, nel silenzio, togliendo loro anche solo il diritto ad esprimersi, da portare avanti concordemente con una carcerazione dove la pena sia certa, sicura, durissima.
Attirandomi qualche antipatia ripeto che Guantanamo può essere quanto di più vicino al concetto di un carcere per pedofili si possa pensare.
L'alternativa è continuare a piangere i bambini: il giorno dopo il loro abuso!

UNA NOVITA' IN GRAN BRETAGNA


“GRAN BRETAGNA: stretta contro la pedofilia”
LONDRA - Giro di vite del governo britannico contro la pedofilia. I genitori potranno verificare con la polizia se le baby sitter o altri adulti che entrino in contatto con i bambini, come insegnanti o vicini di casa, abbiano precedenti per crimini sessuali. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Jacqui Smith. La misura sarà adottata in via sperimentale in quattro contee. (fonte Agr)

IL PIZZAIOLO PEDOFILO, RECIDIVO.....


L'uomo era stato arrestato nel 2004 con la stessa accusa.
"E' stato un raptus e l'ho violentata". Lo ha detto al gip che lo interrogava, il pizzaiolo di Agrigento, V.I., accusato di aver abusato di una bambina di 4 anni e arrestato venerdi' notte dai carabinieri.
L'interrogatorio e' durato tre ore e mezza e alla fine l'uomo ha ammesso di aver stuprato la bambina, raccontando anche particolari che gli inquirenti definiscono "raccapriccianti".
Scusate ma io al raptus non credo. Anzi. Come tutti i predatori anche il suo è, a mio personale avviso, stato un gesto premeditato. Con tanto di sfida ai carabinieri, portando lì mano nella mano la preda, mentre firmava per il reato che di lì a poco avrebbe fatto.

venerdì, febbraio 22, 2008


La Polizia di Verona oscura 4 blog inneggianti alla JihadPubblicati i comunicati di Bin Laden, Al Zawahiri e di altri soggetti legati ad Al-Qaeda. Uno dei siti era gestito dal Senegal dall'ex 'Imam di Carmagnola', Abdul Qadir Allah Fadl Mamour



Verona, 22 feb. - (Adnkronos/Ign) - Quattro blog che proclamavano in lingua italiana interpretazioni estremistiche della religione musulmana sono stati oscurati dalla polizia di Verona. Le indagini, nell'ambito delle attività a contrasto della minaccia terroristica eversiva di matrice islamica, sono state eseguite in collaborazione con la Direzione centrale della polizia di prevenzione. Secondo quanto riferito dalla polizia, nei quattro blog vi erano espresse palesi apologie della violenza come strumento di affermazione dell'Islam. Sugli stessi risultavano pubblicati i comunicati di Osama Bin Laden, di Ayman Al Zawahiri e di altri soggetti legati ad Al-Qaeda, nonché proclami inneggianti alla Guerra Santa. A conclusione delle indagini condotte dalla Digos di Verona in collaborazione con le Questure di Firenze, Latina e Reggio Calabria, e del Compartimento polizia postale di Venezia, sono state inoltre eseguite perquisizioni e denunce nei confronti di cittadini italiani, privi di specifici precedenti, accusati del reato di 'istigazione a commettere delitti di terrorismo'.Uno dei blog oscurati, attestato su server italiano, è risultato essere gestito dal Senegal dal noto ex 'Imam di Carmagnola', ovvero Abdul Qadir Allah Fadl Mamour, già espulso dal territorio nazionale. Un secondo blog è collegabile a sua moglie, che lo cura anch'ella direttamente dal Senegal. Gli altri due siti, invece, erano gestiti da 'blogger' italiani con aperte simpatie per il radicalismo islamico.

giovedì, febbraio 21, 2008

INTERPELLANZA CONTRO LA CONTRAFFAZIONE


Lotta alla contraffazione
Si avvicina la bella stagione in Liguria e in modo specifico in provincia di Savona, stanno per arrivare migliaia di turisti e relative famiglie, tutti potenziali clienti dei numerosissimi venditori ambulanti, volgarmente detti vucumpra’. Questi personaggi, in genere extracomunitari regolari o irregolari, spesso minori, oppure asiatici, cinesi, che occupano locali idoneii alla vendita tenteranno di commercializzare prodotti totalmente contraffatti. E’ un fenomeno di grande portata, che ha implicazioni molto vaste e con conseguenze enormi per la societa’. Vengono infatti, danneggiati gli interessi commerciali locali, si provoca la perdita di gettito fiscale, costi per l’attivita’ di controllo e repressione, impatti negativi sulla sviluppo economico, sulla occupazione e sugli investimenti.
Inoltre la contraffazione e la diffusione dei prodotti da essa derivanti e’ sempre piu’ connessa alle organizzazioni criminali e transnazionali presenti sul territorio e sempre piu’ aggressive; Puo’ favorire i fenomeni di corruzione e di illegalita’ diffusa. E, elemento molto importante, la contraffazione organizzata produce materiali spesso nocivi per la salute e la sicurezza dei cittadini, toccando tutti i settori della produzione: abbigliamento, accessori, giocattoli, pezzi di ricambio, Cd musicali, DVD e altro materiale informatico, e addirittura medicinali.
In quest’ottica ho deciso di presentare una interpellanza per conoscere quali attivita’ di contrasto siano state effettuate in passato dalla polizia provinciale e quali siano state programmate in un futuro prossimo, sempre in prospettiva di tutela del commercio sano e in difesa dei consumatori.

martedì, febbraio 19, 2008

NIENTE LIBERTA' A CUBA


Di Castro in Castro, la libertà a Cuba è ancora lontana
di Maurizio Stefanini
Dopo quarantanove anni al governo e a quasi diciannove mesi dalla consegna dei poteri effettivi al fratello Raúl, Fidel Castro abbandona. Già al voto dello scorso 20 gennaio per il rinnovo dell’Assemblea del Potere Popolare c’era stato un segnale quasi impercettibile, quando dallo scrutinio era saltato fuori che Raúl Castro aveva preso più voti del fratello. La possibilità che i cubani dicano la loro sul governo, attraverso la cancellazione di uno o più nomi sulla lista unica, è veramente minima. Ma un numero relativamente consistente di cittadini l’aveva usata per suggerire al líder máximo di cedere il posto al fratello anche dal punto di vista formale.
Poi, mercoledì scorso, il ministro degli Esteri cubano, Felipe Pérez Roque, ha annunciato che Cuba avrebbe aderito a due convenzioni Onu sui diritti economici, sociali e culturali, non rinunciando però alle obiezioni e alle critiche che “a suo tempo aveva avanzato il Comandante”. A dicembre Fidel Castro aveva infatti attaccato il contenuto delle convenzioni dove promuovono la formazione di sindacati liberi (“che servirebbero da arma all’imperialismo per cercare di dividere e frammentare i lavoratori” a scopo “sovversivo e destabilizzatore”) e l’insegnamento privato (“che in passato ha dato luogo a dolorose sofferenze e irritanti privilegi e ingiustizie” a Cuba).
Dopo ancora, venerdì sono stati liberati sette dei 75 dissidenti arrestati nel marzo del 2003 e condannati a pene pesantissime. Sabato Castro ha pubblicato un lungo articolo sulla campagna elettorale negli Stati Uniti, alludendo a “un tema di grande interesse per i miei compatrioti”. E sabato quattro dei sette dissidenti liberati sono arrivati a Madrid. Insomma, numerose sono state le avvisaglie che il líder máximo stesse per annunciare la sua intenzione di non ricandidarsi al vertice del Consiglio di Stato, il più alto organismo politico dell'isola. Non si ha la certezza, tuttavia, che queste avvisaglie vadano lette alla luce dell’avvicendamento; e non è neanche del tutto chiaro se possano essere considerate un segnale di apertura oppure siano semplicemente un contentino per il governo Zapatero, che tanto ha puntato sul dialogo con Cuba ed è in piena campagna elettorale. Il governo cubano è evidentemente interessato a che vincano i socialisti invece dei popolari, che nei confronti del regime castrista hanno una linea più dura. D’altronde, qualcosa in cambio doveva pure essere data al governo Zapatero, che molto ha insistito con l’Unione Europea affinché alleviasse le sanzioni imposte nel 2003 in risposta all’ondata di arresti sull’isola ordinata da Castro.
Il dittatore cubano comunque non andrà in pensione, resterà deputato e continuerà a scrivere articoli d’indirizzo strategico e sorveglianza ideologica: “Non mi congedo da voi. Desidero solo combattere come un soldato delle idee. Continuerò a scrivere”. Il primissimo polso di quanto sta accadendo a Cuba lo avrà il segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, che proprio dopodomani sbarcherà sull’isola.

LA SINISTRA ORCOBALENO


LE DELIZIE DI PIAZZA DEL POPOLO




Le bellezze di Piazza del Popolo
Barboni e lordure.
I “bellissimi” giardini di Piazza del Popolo, alberi, balordi, aiuole e panchine e altro. Ore 17 circa, un capannello di barboni e i loro cani con zaini al seguito, occupa un angolo dell’area a verde pubblico, due panchine e un’aiuola, gridano, berciano, sghignazzano tra di loro, mentre devono da cartoni di vino di qualita’ scadente. Una signora anziana, che cammina con qualche difficolta’, aiutata da un bastone, cerca una panchina libera, ma visto il mucchio selvaggio si allontana prudentemente, visti i cartoni di vino ai piedi delle panchine dei barboni e soprattutto l’atteggiamento un po agitato dei tipi. La povera donna si avvicina ad una panchina, che e’ stranamente , non occupata, ma giunta dinanzi rimane stupita, la guarda tristemente e poi , con la sua camminata incerta, si allontana. Mi avvicino, alla panchina e capisco subito, perche’ la signora non si e’ seduta e si sta allontanando: e’ tutta lordata di deiezioni di piccioni, una cosa inimmaginabile, sembra che la panchina sia diventata il WC stabile di centinaia di piccioni. E nessuno pensa a pulirla. Forse qualcuno pensa che sia un gesto carino sedersi in mezzo al guano dei colombi.

lunedì, febbraio 18, 2008

GUARDAMI PEDOFILO.......................


UN ALTRO SMS


RICEVO DA UN TIPO MOLTO ARRABBIATO, TANTO ARRABBIATO DA SBAVARE E SBAGLIARE A DIGITARE METTENDO UNA S IN PIU'....QUESTO CORAGGIOSO MESSAGGINO :


"....FASCISTA FROCIO POI FROSCIO LEGHISTA ORA SEMPRE FROCIO..."


L'SMS E' SEMPRE, OVVIAMENTE, INVIATO IN MODO ANONIMO, DA UNA CABINA PUBBLICA, 019695...


NON SO COSA DIRE PER LE APPARTENZE POLITICHE, MA PER IL FROCIO O FROSCIO, BASTAVA CHE L'IGNOTO CHIEDESSE A SUA MOGLIE , CHE MI CONOSCE MOLTO BENE,E LEI LO AVREBBE CONVINTO AD INVIARMI UN'ALTRA QUALIFICA : PUTTANIERE


AD ALTARE NON AMANO I CANI ??


Divieto di accesso ai cani

Alcuni Altaresi, mi hanno telefonato dicendomi di andarmi a guardare la segnaletica verticale ad Altare, che riguarderebbe i cani. Molto incuriosito, sono salito sul dal Cadibona e una volta entrato in Altare, ho potuto osservare questo strano ed inusuale segnale, rettangolo bianco, su cui campeggia una sagoma nera di un cane, sormontata da un cerchio con diagonale , rossi entrambi; due scritte , esplicative, sono poste in alto ( Comune di Altare) e in basso ( divieto di accesso ai cani).
Sono rimasto sbalordito, anche perche’, non siamo al primo di aprile, interdire l’accesso ai cani su una pubblica strada mi sembra abbastanza fuori dalla norma e senza alcun precedente, e francamente non capisco su quale legge , ordinanza o regolamento, possa avere una solida base un simile divieto. Non riesco inoltre a capire le ragioni di un simile divieto: ordine pubblico ? Igiene pubblica ? Antipatia per i cani ? E i gatti , e i piccioni, e i passerottini possono invece transitare per quella strada ? Oppure il divieto e’ esteso anche a loro ?? Sono andato anche a vedermi tutta la segnaletica verticale, stampata in Italia, con relativi disegni, pero’ non ho trovato alcun segnale che faccia riferimento ai cani, di accedere ad una determinata strada, in quanto pubblica. L’unico divieto un po’ simile, che ho trovato riguarda il transito di carretti a traino animale. Pertanto, ritengo che questo segnale, in primis non esista e non debba neppure esistere, e sia uscito dalla fervida fantasia , creativa, di qualcuno, senza una motivazione valida e senza supporto di leggi. Sono anche sicuro che qualsiasi multa o contravvenzione, fatta ad una cane e al suo padrone, non abbia validita’ legale e possa essere facilmente impugnata ed annullata presso il giudice di pace. Se, invece, si voleva proteggere la pubblica via dalle deiezioni dei cani, si poteva fare una ordinanza che imponeva ai proprietari dei cani di uscire con il necessario per raccogliere le deiezioni dei loro cani, senza dover partorire cartelli un po’ troppo “originali” e “fantasiosi”

venerdì, febbraio 15, 2008

HO ESPOSTO LA BANDIERA


Accogliendo l’invito della figlia Giusy del Maresciallo Pezzullo, caduto in Afghanistan ho deciso di esporre la bandiera italiana sul balcone che da su Via xx settembre a Savona. Mi sembra un minimo gesto di rispetto verso una persona che ha dato la Sua vita per la Patria e per un lavoro in cui fermamente credeva. Spero che altri seguano il mio piccolo esempio ed espongano il tricolore. Senza nulla togliere alla bandiera della pace, il Tricolore mi pare molto appropriato.


Roberto Nicolick
Consigliere Gruppo Misto Provincia di Savona











MAI DIMENTICARE I MARTIRI DELLE FOIBE


RITORNATO IN PATRIA GIOVANNI PEZZULLO


È atterrato a mezzanotte e mezza circa all'aeroporto di Ciampino l'aereo che ha riportato in Italia la salma del maresciallo Giovanni Pezzulo, rimasto ucciso mercoledì in uno scontro a fuoco in Afghanistan vicino alla località di Rudbar, distante appena una sessantina di chilometri da Kabul, nella zona di responsabilità italiana.
A ricevere il feretro, oltre ad amici e familiari della vittima, c'erano il ministro della Difesa Arturo Parisi e il presidente della Camera Fausto Bertinotti, oltre al nuovo capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini, e il sindaco di Oderzo, vicino a Treviso, dove sabato si terranno i funerali. Un picchetto interforze ha reso gli onori militari alla salma.
Nella notte tra giovedì e venerdì, appena una mezz'ora prima della salma di Pezzullo, è arrivato a Ciampino anche il C-130 dell'Aeronautica che ha accompagnato a Roma il maresciallo Enrico Mercuri. Il maresciallo Mercuri 31 anni, originario di Montecassiano, del 4° reggimento alpini paracadutisti di Bolzano, rimasto ferito ad una gamba nell'attacco è ora ricoverato nell'ospedale militare del Celio.Intanto, sono arrivati i risultati dell’autopsia sul corpo di Giovanni Pezzullo: secondo quanto accertato dal dottor Ozrem Carella, il maresciallo è deceduto sotto una pioggia di fuoco di almeno 15 proiettili. La procura di Roma ha aperto un fascicolo per attentato con finalità di terrorismo: i magistrati sentiranno, nell'ospedale militare del Celio, anche la testimonianza di Enrico Mercuri, il militare che è rimasto ferito nel corso dell'agguato.
Il maresciallo, pur facendo parte di forze militari operative, stava distribuendo viveri e generi di conforto alla popolazione.



LE PROSTITUTE CHE LAVORANO IN CASA






Il fenomeno della prostituzione esercitata in casa
E’ un dato di fatto che la prostituzione venga esercitata anche e soprattutto in casa. Lo testimoniano le centinaia di annunci sui quotidiani, su internet e sulle riveste specializzate. Avere un alloggio nel proprio condominio , dove “lavorano” delle operatrici del sesso, puo’ non essere una cosa piacevole per gli abitanti della scala; senza contare che generalmente le prostitute, sono strettamente legate alla malavita organizzata, spesso schiavizzate e costrette a girare fra le varie case di una regione o di una nazione.
Ho fatto una ricerca in vari comuni del sud Italia, dove il fenomeno e’ stato combattuto con una metodologia, incruenta, non giudiziaria ma amministrativa molto efficace. Il metodo di contrasto, parte dalla concezione che l’alloggio dove le prostitute operano, e’ classificato come di civile abitazione.
Quindi, ne consegue che l’alloggio se diventa un luogo di esercizio di una attivita’ lavorativa, anche molto particolare, cambia la propria destinazione d’uso, e in parallelo deve cambiare anche lo stesso trattamento fiscale e la normativa edilizia, e tutte le necessarie autorizzazione cambiano in automatico.
In questo modo potrebbe emergere un sommerso che attualmente e’ invisibile e forse la malavita organizzata italiana o straniera potrebbe essere scoraggiata .



Roberto Nicolick
Consigliere Gruppo Misto Provincia di Savona
































































lunedì, febbraio 11, 2008

UCCISO DAI PARTIGIANI COMUNISTI



FUGA DALL'ISTRIA E DALLE FOIBE


CRIMINALI ROSSI


ALTRI SMS DI MINACCIA


RICEVO UN ALTRO SMS MOLTO MINACCIOSO:


"A QUEL TEMPO AI FASCISTI COME LEI.......ETC."


Beh, devo dire che mi diverte troppo fare imbestialire degli ignoranti simili


CAROTAGGI DIMENTICATI







Carotature in liberta’

Savona,il famoso cantiere fantasma della piscina scoperta di Savona, un pozzo di San Patrizio che ha ingoiato e pare che ingoi ancora adesso soldi pubblici a non finire. Una favola, tragica ma pur sempre una favola. La mia attenzione e’ attratta da una serie di contenitori, di plastica di colore grigio scuro, accatastati uno sopra l’altro, sono esattamente 26, accanto altri di legno marcio, questi sono 16. Questo materiale e’ abbandonato dietro alla cancellata che delimita la ex struttura della piscina scoperta, praticamente alla portata di chiunque. Mi affaccio e vedo che cosa c’e’ nei contenitori, accatastati da mesi o forse due o tre anni: qualche centinaio di carotature, esposte all’aperto, senza nessuna protezione. Sui contenitori si legge scritto con un pennarello bianco : S. C. 1, cassetta numero….da metri 15,00 a metri 20,00, committente Comune di Savona, Localita’ Piscina – Corso colombo-SV.
Mi sorgono alcuni quesiti piu’ che legittimi: si tratta di materiale carotato a circa 15 - 20 metri nel sottosuolo, sara’ tossico ? E se e’ tossico e’ corretto e prudente lasciarlo li’, senza sorveglianza ne’ coperture.
I campioni delle carotature, sono sbriciolati e semi polverizzati, il vento li potrebbe spandere in ogni dove. Se fossero tossici, sarebbero guai.
E comunque, per effettuare questi carotaggi, il comune di Savona, ha indubbiamente speso soldi pubblici, con quale utilita’ ? Qualcuno li ha analizzati questi campioni ? Oppure e’ un’altra spesa a fondo perso ??
Chissa’ se qualcuno nel palazzo sa dell’esistenza di queste carotature, oppure no ??
Roberto Nicolick
Consigliere Gruppo Misto Provincia di Savona


































































































































sabato, febbraio 09, 2008

LA GIORNATA DEDICATA AI CADUTI DELLE FORZE DELL'ORDINE


Non tutti sanno che al fianco della Giornata della memoria che ricorda in tutto il mondo le vittime della Shoa, ne esiste un’altra, nata a Bergamo ed ufficializzata grazie ad un decreto legge della Regione.
È la giornata delle memoria dei caduti delle forze dell’ordine, nata grazie alla caparbietà di una donna, Gabriella Vitali, alla quale da un criminale di nome Vallanzasca, è stato tolto anni fa il marito poliziotto (di lei parlammo tempo fa con una bella intervista che vi invito a rileggere). La ricorrenza cade il 6 febbraio e anche se è, appunto, oramai diventata istituzionale, non tutti i Comuni ancora la ricordano. Perdendo così una grande occasione di dare, ai propri cittadini, un esempio, una linea guida. Poiché in questo particolare momento storico in cui ai giovani, ma non solo, i modelli che vengono proposti sono quelli dell’illegalità, un esempio di altruismo alla massima potenza è sempre più necessario. Da contraltare a tutti i cattivi maestri oramai circolanti.
Rubi? Raggiri? Corrompi? O peggio ancora abusi o uccidi? Nessun problema, anzi, giusto il tempo per redigerlo e poi eccoti pronto il contratto per il salotto televisivo, il libro o, follia nella follia, la linea d’abbigliamento.
Milioni di euro e fama in cambio almeno di un reato.
Per questo bisogna portare i propri figli alla giornata del 6 febbraio. E insegnare loro che ci sono persone che hanno dato la vita per la loro crescita, la loro tranquillità, la loro sicurezza. Certo non vanno in tv, né fanno spot. E quando prendono la paga guadagnano in un anno quanto in una serata il Corona di turno. Ma fanno la differenza.
E per questo non vanno dimenticati. Mai.

PEDOFILIA : TOLLERANZA ZERO
















LA VERITA’ SUGLI ABUSI E LA TOLLERANZA ZERO.
Da un po’ di tempo, come già ben sapete, anche nel nostro paese pedofili e loro parenti sono usciti dalle fogne e con ipocrita spavalderia hanno manifestato.
A favore della specie. Andando in tv. Creando siti internet e blog. Diffamando.
I bambini innanzitutto e chi, come noi, li difende, sempre!
Inventandosi di sana pianta dati e fatti. E riducendosi così a mere comete puzzolenti.
I modelli a cui si ispirano, soprattutto quei pedofili legati a certe sette, sono americani.
In un paese, l’America, dove questa sorta di “salto di qualità” pedofilo è già stato fatto da tempo. Ed il mostrarsi difendendo le proprie indifendibili opinioni, non è certo una novità.
Per rendere meglio l’idea di cosa sto parlando e per darvi uno specchio americano, in cui guardando, troverete tutta l’immondizia italiana di cui sopra (sotto forma di siti, etc. etc.) parto da una storia per arrivare al modo in cui i pedofili la rileggono.
Senza vergogna…..
Jessica Lunsford, anni 9.



La piccola si trovava nel proprio letto quando un vicino di casa, J. Couey, già noto per il passato “pedofilo” entra di nascosto, la rapisce, la porta poco distante da casa sua, la abusa per ore, poi la uccide. E la seppellisce viva a poche decine di metri dalla casa, legandola e mettendola dentro dei sacchi della spazzatura.
La bimba lotta prima di morire soffocata, scava la terra,… e mi fermo…
quasi probabilmente sente le grida di dolore del padre, le sirene della polizia, così vicine a lei eppure così inarrivabili.
Ora, in America è nato l’equivalente italiano di chi per difendere la specie, dicevo prima, infanga noi e diffonde l’idea che questi i bimbi vittima di abusi siano particolarmente fantasiosi. La coordinatrice di questo movimento è una donna, di cui ometto volutamente il nome per evitare che diventi un contatto per quei pochi pedofili che già non la conoscono. Parlando di Jessica e del suo assassino Couey ha detto:
“abbiamo visto tutti i documenti del processo (bugia 1)… e non ci sono tracce che la bimba una volta che ha incontrato Couey abbia opposto resistenza o abbia avuto paura
(e 2…) . Inoltre non è la bimba che nelle foto appare esile e mingherlina, ma è molto robusta” (e 3…).

Ma il meglio deve ancora venire:

“non c’erano nel suo corpo tracce di alcool o di droga. Segno che non è stata sedata. Il suo non è evidentemente stato un omicidio. Semmai dovremmo parlare di suicidio assistito (ok, fate come me, prendetevi una pausa………………………………………..
……………….fate un lungo respiro…………………………………………
………………………………………), bene ricominciamo:
“Jessica non ha lottato per liberare le sue braccia e poteva facilmente saltare fuori dai sacchi di plastica ma non l’ha fatto…. non c’erano lacrime né altre tracce biologiche simili…. è evidente che lei è saltata da sola nei sacchi, si è accucciata ed ha aspettato di morire”.
Gran finale:
“nei blog dei fascisti che fanno caccia alla streghe non vi dicono la verità: sappiamo per certo che nella buca sono state trovate delle lettere, scritte a mano dalla bambina, che mentre attendeva la morte, ammetteva il suicidio chiedendo scusa.
Un altro innocente però sta pagando l’infamia dell’abuso accreditatogli”.

Dimenticavo un dettaglio:


il pedofilo assassino confessò tutto nei minimi dettagli.
Ma ciò, a chi abusa, non basta.
Chissà quei poliziotti come gli hanno estorto tali falsità….
Sempre più tolleranza zero.

p.s. oggi la Jessica’s Law è legge in ben 33 stati!

VERGOGNA PER IL VOLANTINO


Volantini sulle foibe



Domani e’ la giornata per commemorare i martiri delle foibe e i profughi della Dalmazia e Slovenia, in questa ricorrenza , invece di fare mea culpa e almeno tenere un dignitoso silenzio, i soliti “gendarmi della memoria” ha dato segno della loro triste e arcaica presenza, attaccando in giro un volantino pieno di inesattezze e soprattutto di menzogne.



Il volantino ignorante e lontano anni luce dalla storia, gronda odio razziale e politico verso chi proviene profugo da terre lontane e verso chi non e’ allineato con la caserma rossa, ma, strano, fa il paio con le minacce che ho ricevuto a causa di una mia interpellanza sulle foibe e sugli assassini rossi che le riempirono.



La tristezza del volantino sta anche nel fatto che sia stato concepito e sottoscritto da dei giovani.



Vivere nell’odio e nel rancore , gia’ da giovani, deve essere molto faticoso, ti fa vivere guardando la vita in bianco e nero, in modo guardingo e triste, sempre con un nemico da cercare, da inseguire, da uccidere in modo allegorico ma pur sempre violento.



Ricordo, che i partigiani di Tito, grande pulitore etnico della “razza italiana”, dopo aver riempito la foiba di persone, uomini, donne , bimbi e vecchi, legati ai polsi con il fil di ferro, per una loro superstizione vi gettavano anche, come suggello, una carogna di un cane nero, per impedire alle anime degli uccisi di tornare a cercarli e fare giustizia.



Questi poveri giovani, firmatari, dell’orrendo manifestino, si comportano nello stesso modo, uccidono ancora una volta i martiri delle foibe e gettano una carogna di un cane nero, sui morti, in modo sprezzante…ma con il terrore che le povere anime vadano a cercarli per fare giustizia.

Mi dispiace per loro ma nessun boia, nessun cane nero potra’ mai castrare la Verita’ ed impedirne la libera diffusione.



Una semplice preghiera e un semplice desiderio di Verita’ getta nello scoramento e nella disperazione le anime di tenebra degli assassini , a qualsiasi colore appartengano: la Verita’ e la Pieta’ umana sono formidabili e bucano ogni buio.

venerdì, febbraio 08, 2008

IL FUNERALE DI CENGIO



Oggi alle 15 , ero a Cengio Chiesa ad assistere ai funerali del ragazzo assassinato a Cairo.

Ci sono andato per vari motivi, uno piu’ valido dell’altro: perche’ una vita non si annulla a questo modo, perche’ non deve esistere cosi’ tanta cattiveria e bestialita’, perche’ è un dovere cristiano quello di dare preghiera per una vita spezzata, perche’ credo in un aldila’ dove si possa continuare una vita ultraterrena e poi in ultimo perche’ sono un eletto nelle Istituzioni e le Istituzioni devono essere vicine ai Cittadini, anche e soprattutto nei momenti piu’ gravi e piu’ bui.

La chiesa era stracolma, circa 700 persone in grande silenzio, tanto che non si sentiva neppure un sospiro, la gente seduta e in piedi con il viso serio, la bocca serrata, i vestiti ancora pesanti , nelle panche davanti alcuni Sindaci, con la fascia tricolore solo uno, gli altri no. Di lato un drappello di alpini , con i gagliardetti tricolori, Roberto aveva prestato servizio militare, come tanti in Valle, negli Alpini. Nel corso della funzione verra’ anche letta la preghiera dell’Alpino, dura e sobria, forte e asciutta, umile e fiera, come sanno essere le genti che vanno per i sentieri alpini.

A sinistra una giovane donna in dignitoso dolore, attorniata da altre donne, tutte in abiti scuri. E’ la madre di Roberto Siri, eretta nella sua figura, madre di dolore affranta.

Di fronte all’altare, il feretro, una bara di legno chiaro, che racchiude tutta una vita, sul coperchio un cappello da alpino, penna nera e nappina verde, sul davanti della cassa, una bellissima foto a colori, di un giovane sorridente, con barba e capelli lunghi ben curati: E’ Roberto, in un momento di gioia.

Il punto centrale della Messa, e’ una lettura della Genesi, parla di Caino e Abele un tema molto appropriato; il famoso fatto di sangue. Il prete che officia dice che Caino e Abele, sono le due personalita’ di uno stesso uomo.

Sara’, ma io non ne sono tanto convinto, per me Caino e’ solo un assassino, il primo della storia ufficiale, e Abele e’ solo una vittima. Inoltre Caino e’ spinto da motivi abbietti: invidia, rancore, gelosia. Abele e’ solo una povera vittima e basta. Guardando in viso tutti questi giovani della Valle, solidi e concreti, mi pare di capire che la pensano come me.

Le allegorie e i simbolismi vanno bene per le omelie, ma nella vita concreta di relazione, gli omicidi sono ben chiari e non meritano alcuna pieta’ e comprensione.

Al termine della funzione, il feretro, tra gli applausi della folla, esce dalla chiesa e portato a spalla da una decina di amici e sotto le telecamere, raggiunge, come e’ tradizione a Cengio, il locale cimitero.

Mentre qua vige il dolore piu’ atroce, l’assassino , il Caino della situazione molto poco allegorico, e’ in fuga.

giovedì, febbraio 07, 2008

MINACCE


Ancora SMS di minaccia

Stamattina alle 7,05, ho ricevuto un odioso SMS sul mio cellulare, il cui numero e’ noto a tutti per motivi istituzionali, il messaggino aveva questo minaccioso incipit : “…FASCISTA….NAZISTA….NEMICO DEGLI SLAVI..”, il seguito era una sequenza di ingiurie ovvie e banali riguardanti il mio cognome.

L’SMS indicava come mittente il numero +39019853, il che sta ad indicare che e’ stato inviato, molto vilmente, da un telefono pubblico.

Questa minaccia a mezzo SMS , anonima come tutte le altre, indica con chiarezza che e’ collegata ad un mio ordine del giorno in cui chiedo alla Provincia di Savona di patrocinare la giornata delle Foibe e dei profughi dell’Istria e della Dalmazia.

In mio interessamento storico ed istituzionale sulle Foibe, e soprattutto sugli assassini che le riempirono di innocenti, sta causando qualche mal di pancia.

martedì, febbraio 05, 2008

L'ASSASSINO DI CAIRO


ECCO LA FOTO DELL'ASSASSINO ALBANESE CHE AVREBBE UCCISO IN MODO SELVAGGIO IL POVERO SIRI.ATTUALMENTE E' RICERCATO, IL SUO NOME E' ARJUANQUKU

lunedì, febbraio 04, 2008

CULTURE DIVERSE



Senza commenti

Ore 19 circa, ipercoop il Gabbiano, lunedì 4 febbraio, nello spiazzo davanti agli ingressi della galleria commerciale, un capannello di stranieri, per l’esattezza albanesi, staziona parlottando fitto, fitto, visi duri, occhi torvi, capigliature tenute assieme da etti di gelatina, anelli in quasi ogni dito della mano, bracciali d’oro, vestiti appariscenti e stivaletti a punta.
Appaiono come un cerchio di carri dei pionieri nel lontano west, e probabilmente si sentono proprio cosi’, assediati e circondati, sembra che vogliano respingere la realta’ che li circonda, italiani e italiane innocui e distratti, di passaggio, che fanno a fare acquisti.
Mi avvicino e ascolto indiscreto i loro discorsi, stanno parlando in un italiano stentato ma molto chiaro e intellegibile alle mie orecchie, del pestaggio e dell’omicidio feroce del povero ragazzo a Cairo, ad opera, pare di un loro connazionale, accaduto pochissimi giorni fa.
Dalle loro parole non traspare alcuna pieta’ umana o compassione, sghignazzano rumorosamente, senza smettere di guardarsi attorno guardinghi.
Riesco a percepire alcune frasi , che mi fanno capire il loro sentimento: “ non doveva mettersi in mezzo “, “se l’e’ cercata”, “non doveva rompere il c…. “, qui si riferiscono al povero ragazzo morto ammazzato; le altre frasi : “ E’ un tipo sveglio”, “ non si fa mica prendere in giro da un italiano”, “ e’ scappato e non lo prenderanno piu’” immagino abbiano come oggetto la belva che ha semplicemente tolto una vita ad un bravo ragazzo, appunto, per loro, abituati a ragionamenti diversi dai nostri, solo semplicemente. In questo semplicemente c’e’ un abisso di cattiveria e malvagita’.
Temo che queste “persone” abbiano una scala di valori molto diversa dalla nostra, penso che la loro percezione della vita umana sia molto differente, mi viene in mente un vecchio detto: tutte le teorie buone e belle del mondo, possono valere nulla di fronte ad un semplice fatto, semplice, aggiungo io come la vita strappata, con crudelta’ ed efferatezza, ad un bravo giovane.

UN FILM DA VEDERE


Biùtiful cauntri

Allevatori che vedono morire le proprie pecore per la diossina. Un educatore ambientale che lotta contro i crimini ambientali. Contadini che coltivano le terre inquinate per la vicinanza di discariche.
Storie di denuncia e testimonianza del massacro di un territorio.
Siamo in Italia, nella regione Campania dove sono presenti 1200 discariche abusive di rifiuti tossici. Sullo sfondo una camorra imprenditrice che usa camion e pale meccaniche al posto delle pistole.
Una camorra dai colletti bianchi, imprenditoria deviata ed istituzioni colluse, raccontata da un magistrato che svela i meccanismi di un'attività violenta che sta provocando più morti, lente nel tempo, di qualsiasi altro fenomeno criminale.

LA MASERATI DI PERTINI




IL caro Pertini, meglio noto come il prtesidente partigiano, nonostante la sua culrura proletaria, fece una innovazione di tipo strettamente capitalistico: sostitui' l'auto presidenziale che era una Flaminia con una Maserati, e non pago di questa piccola miglioria, si fece anche installare da un artigiano, un braciolo in legno rivestito di pelle, dentro cui il cosidetto presidente partigiano, poteva posare le sue pipe con il tabacco.

LE FOIBE....UNA POESIA




ERAN GIORNI DI SANGUE
ERAN GIORNI SENZA FINE
PER LE ORDE SLAVE L'ULTIMO CONFINE
ERAN GLI ULTIMI FUOCHI DI UNA INFINITA GUERRA
E QUEI BARBARI FEROCI VOLEVAN QUELLA TERRA
UOMINI E DONNE VENIVAN MASSACRATI
LORO SOLA COLPA ITALIANI ESSER NATI
VECCHI E BAMBINI GETTATI NEGLI ABISSI
SPINTI GIU' NEL VUOTO DAI GENDARMI ROSSI
FOIBE NELLA ROCCIA E DI ROCCIA ERA ANCHE IL CUORE
DI UN MARESCIALLO BOIA DI TANTA GENTE SENZA NOME
VENIVANO SOSPINTI CON FURORE E ODIO
VITTIME PRESCELTE PER UN VERO GENOCIDIO
E DOPO 50 ANNI HAN FINTO DI SCOPRIRE
CIO' CHE SEMPRE SI E' SAPUTO
E CONTINUANO A MENTIRE
MA NON AVRA' MAI PACE QUELLA NUDE OSSA
FINCHE' ESISTERA' L'IMMONDA BESTIA ROSSA
E' PASSATO TANTO TEMPO MA IL MIO CUORE GIOISCE ANCORA
QUANDO SIGNORA MORTE SUONO' LA SUA ULTIMA ORA
PER QUEL MARESCIALLO ASSASSINO D'INNOCENTI
PER QUEL BOIA IMMONDO AGUZZINO DI TANTI
E NON POSSO PIU' SCORDARE CHE IL MIO CUORE PIANGE ANCORA
AL RICORDO DI UN PRESIDENTE CHE HA BACIATO LA SUA BARA
PRESIDENTE DI QUELL'ITALIA CHE HA VOLUTO DIMENTICARE
CHI FU MASSACRATO PERCHE' ITALIANO VOLEVA RESTARE

NONOSTANTE TUTTE LE ATROCITA' COMPIUTE DA TITO , Josip Broz Tito, animato da un odio feroce verso gli Italiani, un presidernte della repubblica, italiana, ando' a baciare la bara di un simile assassino

domenica, febbraio 03, 2008

UN ALTRO ASSASSINIO








Violenza cieca e senza alcun limite



A Cairo Montenotte, stamattina all’alba, un gruppo di albanesi, ovviamente in forte superiorita’ numerica e con la classica violenza che li contraddistingue, hanno aggredito tre savonesi, fuori da una discoteca.



Il seguito, che lascia orripilati, e’ il seguente, da notizie televisive, il mucchio selvaggio albanese, avrebbe atteso pazientemente, come delle belve in agguato, i tre ragazzi savonesi e una volte che sono usciti dal pronto soccorso, li avrebbe attaccati a sorpresa.



Uno dei tre savonesi, da poco medicato, e’ stato finito letteralmente a calci e pugni mentre era gia’ atterrato, cio’ in violazione dei piu’ elementari principi di rispetto umano e cristiano.



Francamente , non ho mai visto una simile mancanza di pieta’ umana e tanta efferatezza sfrenata, contro una persona, peraltro gia’ ferita e gia’ a terra.

Mi auguro, innanzi tutto, che il branco di aggressori siano presi e puniti veramente e senza sconti.



Purtroppo la Valle Bormida, non da oggi ma da tempo, e’ diventata terra di conquista per clan e gruppi tribali extracomunitari, che di umano hanno ben poco.

Ho lavorato come docente per ben 16 anni, all’ITIS di Cairo Montenotte, e parlando con i miei allievi, ascoltavo la loro inquietudine e la loro frustrazione, per dover vedere tutti questi gruppi stranieri che senza rispetto delle regole, stavano colonizzando il territorio, senza volonta’ di integrazione e rimanendo chiusi ed impermeabili al territorio che stavano vampirizzando.



Vorrei sapere cosa ne pensano le autorita’ preposte all’ordine pubblico in relazione a questo ultimo fatto eclatante, Questore e Comando Provinciale dei Carabinieri? Spero che nessuno di questi vertici, se esca con la solita frase, rituale, trita e ritrita : la situazione e’ sotto controllo……

Intanto un giovane e’ morto assassinato da una furia bestiale ben precisa e con un nome, gli amici e una famiglia lo stanno piangendo,penso che non bisogna dare scampo agli assassini.



Se la Giustizia non raggiungera’ in modo preciso e puntuale gli assassini, la gente della Valle Bormida, gente laboriosa, dura e tenace, non rimarra’ sicuramente inerte e con le mani in tasca a guardare un simile scempio.



Gia’ molti Valbormidesi che abitano nelle frazioni isolate, vista la situazione di insicurezza, dormono con la doppietta carica a pallettoni, vicina al letto e personalmente non mi sento di dare loro torto.



In questi casi se si e’ aggrediti da criminali senza regole ne’ onore, la miglior difesa e’ l’attacco.









Roberto Nicolick

Consigliere Provinciale gruppo Misto Savona

venerdì, febbraio 01, 2008

Una condanna esemplare

Condannati per pedofilia. Due anni e 10 mesi di carcere, 100 mila euro
di risarcimento alle famiglie.
E’ questa la decisione della seconda sezione della corte d’appello di Torino per gli abusi subìti sette anni fa da due bambini, nella scuola materna «Bovetti» di La Loggia. Per i giudici, i responsabili sono Valerio Apolloni, 31 anni, studente universitario di Economia e presidente dell’ente morale che all’epoca gestiva la scuola; Vanda Ballario, 45 anni, ex direttrice di quella scuola materna e
insegnante con un passato immacolato fino all’arresto per quegli abusi. In primo grado, entrambi erano stati assolti «per non aver commesso il fatto» dal
giudice Vincenzo Bevilacqua. «Sono innocente, sono serena, confido nella
giustizia, aspetto di leggere le motivazione della sentanza - dice Ballario -. In
questo momento non ho la forza di reagire, né di pensare. Sono
innocente, e continuerò a ripeterlo all'infinito. Lo sono davvero, non mi vergogno a dirlo. Sono grata alle persone che mi stanno vicino, a chi ha creduto
in me e continua a farlo. Lotterò fino alla fine. Sono tornata ad
insegnare, voglio continuare a farlo, perché è la mia vita».
«Finalmente, dopo sette anni è stata fatta Giustizia» dice con tono
pacato il padre del bimbo coinvolto nei giochi sessuali dei due condannati,
nella ricostruzione sostenuta in appello dal sostituto procuratore generale
Marilinda Mineccia, ma anche dagli avvocati di parte civile Stefano
Castrale, Rosalba Cannone e Giuseppe Del Sorbo. Quel bimbo aveva 3
anni. Il suo racconto ai genitori ha seguito di pochi giorni quello di una
coetanea. La prima segnalazione risale al 9 ottobre 2001. Nel giro di un paio di
giorni, erano spuntate altre due testimonianze, ma le denunce arrivate
a processo sono rimaste soltanto due. Il 26 ottobre, Apolloni e Ballario
erano finiti in cella.
«Un’ingiustizia» hanno sempre sostenuto entrambi, difesi da Luigi
Chiappero, Emiliana Olivieri e Nadia Garis. «Appena accaduti quei fatti, avrei
voluto spaccare il mondo. Ma ho voluto seguire la legge, ho avuto fiducia
nella Giustizia - racconta ancora il padre del bimbo che ha subìto gli abusi
-. Sono stati sette anni molto duri, pieni di difficoltà. E’ stato
difficile sopportare che non credessero al racconto di mio figlio. E poi, lui
doveva crescere nel modo più sereno possibile. Per fare questo, abbiamo anche
cambiato casa. La Loggia è un paesone, tutti sanno tutto di tutti,
abbiamo preferito andare a vivere da un’altra parte». E suo figlio? «Mi sembra
che sia diventato un bambino sereno. Certo, qualche ricordo affiora
ancora, ma vive come i coetanei, in modo normale, se così si può dire». «Mia
figlia non ha mai dimenticato, conserva i brutti ricordi, ma abbiamo cercato di
crescerla in modo sereno - racconta la mamma della bambina che ha
subìto gli abusi -. Abbiamo sperato nella Giustizia per sette anni e finalmente
questa decisione mi ha ridato serenità».

«Dissento profondamente con la decisione dei giudici e attendo le
motivazioni della sentenza» commenta l’avvocato Olivieri. Le fa eco il
collega Chiappero: «Entrambi i miei clienti sono forti della propria
innocenza. Anche la pena lascia trasparire una “non certezza” da parte
dei giudici. Per fatti di questo tipo, nell’ipotesi di responsabilità
potrebbe essere più alta. La corte d’appello ha concesso le attenuanti
generiche prevalenti e questo può avere un significato».

Il padre di Apolloni, Vittorio ha creato in questi anni una associazione denominata Falsi Abusi che è intervenuta in tutti i casi legati alle scuole materne, da Brescia a Rignano Flaminio, attaccando duramente le associazioni che difendevano i bambini, sostenendo le persone denunciate e diffondendo appunto la cultura dei falsi abusi.

IL MASSACRO DEL MONTE ZUCCARO, GENNAIO 1944




Nel gennaio di 64 anni fa, sul Monte Zuccaro, 9 militari italiani, avvistatori di bombardieri nemici, disarmati, furono presi da una formazione partigiana e assassinati. Sepelliti in una fossa comune. Uno di questi uomini, si salvo' per miracolo, ferito fuggi' e poi contribui' al ritrovamento dei corpi dei suoi commilitoni.

A parte la crudelta' del gesto, abituale, a parte la fossa comune in un sito idoneo all'oblio, fa pensare il fatto che questi 9 "avvistatori" fossero assolutamente privi di armi, protetti dalla convenzione di Ginevra e il loro compito era unicamente quello di avvisare la popolazione civile dell'arrivo di bombardieri nemici, per salvare vite umane dalle bombe a grappolo. Non erano quindi feroci rastrellatori in camicia nera, neppure SS fanatiche e crudeli, erano solo degli "avvistatori". Nonostante cio', i partigiani decisero di attaccare il loro accampamento e di liquidarli, dopo averli rapinati di ogni avere.